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L'Illuminismo in Italia - evoluzione ed espansione di un movimento

Creato il 06 aprile 2012 da Lalenene @Irene_Marziali
Per non uscire totalmente dalle vostre grazie, vi propongo un post che è da tanto tempo nelle bozze in attesa di uscire allo scoperto. Purtroppo è un periodo molto intenso per me - "che novità!" direte voi a ragione - e quindi sono rimasta un po' indietro con la pubblicazione dei post.
Se siete d'accordo e apprezzate l'idea, ho pensato di aggiornare, ammodernare ed integrare i vecchi post di C&M...quelli dei primi tempi. Andandole a rileggere mi sono resa conto di quanto quelle mie più giovani creazioni siano non esaurienti, incomplete e superficiali - parecchie anche se non tutte. Così mi è venuto in mente di riprendere i mani quei vecchi argomenti - è passato tanto tempo e credo neppure li ricorderete - e dar loro una spolverata ed una mano di lucido prima di rimetterle in vetrina.

Aspetto come sempre le vostre opinioni al riguardo...e intanto vi lascio all'Illuminismo.
L'Illuminismo in Italia - evoluzione ed espansione di un movimentoLa filosofia razionalistica che dette vita al fenomeno illuministico nel Settecento europeo, si insinuò anche nella penisola italiana, dove gli intellettuali nostrani si erano già resi conto dell’esigenza di rinnovamento culturale e civile che richiedeva il paese, e proprio per questa ragione possiamo dire che l’Illuminismo italiano nacque come reazione all’arretratezza delle regioni italiane e dunque assunse un carattere fortemente riformistico.
Una caratteristica degli intellettuali riformatori italiani è che la maggior parte di loro furono funzionari e consiglieri statali. Questo permise loro di far penetrare la cultura nel mondo istituzionale, ma comportò anche una minore libertà di pensiero e più scarsa autonomia d’azione. Dovettero rispettare scrupolosamente il rapporto di subordinazione che li legava all’autorità dello Stato e del sovrano, ed essendo lavoratori alle sue dipendenze non poterono assumere posizioni veramente conflittuali rispetto allo Stato stesso, o tentare di sovvertirne le strutture ( come avverrà ad esempio in Francia con la Rivoluzione del 1789 ) ma dovettero limitarsi alla critica e alla collaborazione attiva con le grandi casate sovrane, quali gli Asburgo e i Borbone.
Purtroppo, quindi, dalla situazione sociale italiana non ci si poteva aspettare una forza riformatrice simile ad altri paesi europei, come appunto la Francia; l’Illuminismo non riuscì, nonostante i grandi sforzi che si fecero, ad invadere completamente gli strati più bassi della società come fece con gli ambienti intellettuali e questo acutizzò la debolezza politica della corrente riformista, che si impegnò a livello pratico ( economico o giuridico ) e teorico (intellettuale ed artistico ) ma non fattivamente sovversivo della struttura politica e sociale.
C’è, tuttavia, da fare una distinzione in questo senso fra i due principali centri illuministi d’Italia: Napoli e Milano. Un’altra forte caratteristica dell’Illuminismo italiano è infatti lo stretto legame che mantenne con la specifica realtà storica e geografica delle varie zone in cui agì.
Napoli rappresentò uno dei centri di più intensa elaborazione teorica delle nuove idee, ma quello partenopeo fu un Illuminismo di vertice, ovvero si limitò al pre-esistente circuito esclusivo degli intellettuali propriamente detti e, come dicevamo, non si diffuse fra il resto della popolazione. D’altronde, le condizioni dell’Italia meridionale erano talmente degradate da rendere impensabile ogni ipotesi di larga partecipazione e movimenti di carattere culturale: l’analfabetismo era diffuso a gran parte della popolazione; non esisteva una classe media paragonabile alle borghesie francesi, inglesi e tedesche; la vita economica ristagnava; le interferenze ecclesiastiche sulla libertà di pensiero restavano pesantissime. Eppure, anche in queste sfavorevolissime condizioni, come accadde per la filosofia naturalistica rinascimentale, Napoli fu la città che meglio assunse la filosofia razionalistica illuminista, perché non la subì solo passivamente, ma la adattò alla propria cultura e la rimaneggiò, dando vita a nuovi aspetti e applicazioni del pensiero. Vi furono infatti intellettuali che riuscirono a comprendere l’esigenza di rendere la cultura libera e moderna, come l’abate Antonio Genovesi, che tenne dal ‘54 la prima cattedra in Europa di economia politica dando luogo a un’intensa scuola di pensiero, o Gaetano Filangieri e Ferdinando Galiani che raccolsero e proseguirono il lavoro del primo. E di tutto ciò non possiamo stupirci, oltre che per l’esempio storico già citato del Rinascimento, anche per il lavoro di “aprifila” fatto da esponenti isolati come fu Giambattista Vico, intellettuale che visse a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo e che costituì, mutatis, un precursore di molte idee illuministe al pensiero del quale si rifecero notevolmente anche i letterati prima citati.
Purtroppo, quando l’Illuminismo napoletano tentò di trasformare la sua forza teorica in azione pratica, sfociò nella  fallita, e repressa, esperienza della Repubblica Partenopea.

L'Illuminismo in Italia - evoluzione ed espansione di un movimento
 
Milano rappresentò invece il centro propulsore dell’Illuminismo anche grazie al fatto che il tessuto sociale milanese era più simile a quello francese e inglese che non a quello del meridione d’Italia. La borghesia stava infatti prendendo terreno, l’economia era florida, si sentiva molto meno l’influenza religiosa del clero ed il ceto mercantile iniziava a modificare la mentalità e la stessa natura della popolazione. Milano divenne quindi il fulcro dal quale nacquero le riviste e l’editoria di stampo illuminista, le riforme civili e la critica, moderata, della nobiltà: umanitarismo, filantropismo, politica culturale volta alla modernità, rinnovamento poetico furono i passaggi più interessanti.
Trovate inadeguate al rinnovamento le vecchie accademie, e rendendosi conto della necessità di riformare la cultura ed uscire dal campo strettamente letterario per affrontare argomenti di vasta portata sociale, e sostenere idee e iniziative innovative, nacque l’Accademia dei Pugni. Sorta a Milano e guidata dai fratelli Verri e da Cesare Beccaria, si ribellò all’impostazione letteraria delle accademie ed elaborò un concreto programma di riforma basato su un importante impegno civile e politico, nonché di trasformazione delle idee in patrimonio dell’opinione pubblica. A questo proposito, due anni dopo i suoi membri dettero vita al primo periodico italiano di ispirazione illuminista, “Il Caffè”, un vivace mezzo di intervento intellettuale che estese l’accesso alla cultura oltre i salotti letterari e le accademie, aprendo all’esterno la possibilità di divulgazione e confronto delle idee ricercando l’interesse e la partecipazione di un pubblico più vasto. Riforma fu la parola chiave, e venne compresa l’importanza di applicarla allo Stato come alla cultura e alla lingua. I fratelli Verri rinunciarono, infatti, nei loro scritti all’uso del Vocabolario della Crusca, difendendo la necessità di rinnovare la lingua facendo ricorso, se necessario, a neologismi e parole straniere per adeguarsi alle nuove idee che stavano nascendo in Europa. 
 L'Illuminismo in Italia - evoluzione ed espansione di un movimento 
Un orientamento più marcatamente letterario e mondano spettò invece a Venezia, che fu la città di Vivaldi, di Goldoni, di Casanova, dei pittori Pietro Longhi e del Canaletto. Nell’ambiente veneziano maturarono la riforma teatrale goldoniana, che ambiva alla costruzione di un teatro moderno, socialmente riconoscibile nella realtà economica e psicologica della Venezia mercantile, ma che dovette subire la contrastata opposizione del tradizionalismo linguistico delle Fiabe teatrali di Carlo Gozzi e di Pietro Chiari.

Fra i prossimi post, l'Illuminismo in Inghilterra. 
Con affetto,  Irene

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