Non ne hanno la forza e per giunta si sono presi come uomo di paglia da contrapporre a Blatter un principe beduino figlio di re Hussein di Giordania, un uomo, come dire, ai vertici assoluti della corruzione, dimostrando a quale punto di paranoia geopolitica, ma anche di coglionaggine possano arrivare. Così per dare una chance in più al loro poco credibile candidato hanno mosso l’Fbi mettendo in piedi, tramite Svizzera, lo scandalo della corruzione: l’imperativo era quello di far fuori Blatter reo di aver assegnato alla Russia i mondiali del 2018 (di qui la reazione di Putin) e quelli del 2022 al Qatar e non agli Usa che assolutamente ne volevano uno. Ma soprattutto e più recentemente, di aver permesso che la federazione palestinese chiedesse l’espulsione di quella di Israele poiché Tel Aviv “limita i movimenti dei giocatori palestinesi tra Cisgiordania e Gaza, nonché per le partite internazionali”. Un atto che ha qualche probabilità, sia pure remota, di passare essendo richiesta una maggioranza del 75% dell’assemblea, non impossibile da raggiungere. Una grana che nonostante i tentativi di conciliazione Blatter non era riuscito del tutto a ricucire e che potrebbe esplodere proprio al 65° congresso mondiale apertosi ieri. Da qui la candidatura del principe di paglia Hussein, uomo totalmente dedito a Washington per formazione.
Il fatto che i reporter del New York Times fossero già presenti nell’albergo svizzero dove si riuniva il direttivo della Fifa, (sempre alberghi come con Strauss Kahn) dimostra con quale cura mediatica sia stata preparata l’operazione vendetta. Ora che Blatter sia, secondo certi criteri un corrotto, non c’è il minimo dubbio: la tangente è un fatto ormai normale nell’organizzazione degli eventi mondiali di qualsiasi tipo e che vengano a fare gli scandalizzati proprio quelli che hanno sdoganato queste pratiche chiamandole business, francamente fa un po’ ridere. Penosamente ridere anche perché giunge dopo la vergogna in tutti sensi dell’assegnazione ad Atlanta dell’olimpiade del centenario e la bellezza di 17 anni di presidenza Blatter, sempre accompagnati da voci e borbottii sui quali si sarebbe potuto indagare, volendolo, da decenni. Così benché il personaggio sia supremamente antipatico (e odiatore dell’Italia tra l’altro) i membri della Fifa, soprattutto quelli africani e sudamericani, hanno fatto benissimo ad rieleggerlo sbarrando la porta ad operazioni di conquista ostile condotte con i soliti metodi ad orologeria.
E infatti dopo il voto che ha segnato la sconfitta del disegno americano, il New York Times, grande battitore mediatico dell’operazione, si chiede se sia giusto che nella Fifa regni una “strana matematica”, ovvero che tutte le federazioni nazionali calcistiche abbiano diritto ciascuna a un voto, non riuscendo però a proporre altri criteri: perché da ogni punto di vista possibile, il numero di abitanti del Paese, i successi storici delle nazionali, la popolarità di questo sport, gli Usa non potrebbero comunque farla da padroni. Ma la sciocca domanda senza risposta del NYT, la dice lunga sulla visione di affidare tutto non a un organismo formato da federazioni nazionali nelle quali gli Usa con tutta la loro pretesa eccezionalità non potrebbero fare il bello e il cattivo tempo, ma magari da qualche organismo privatistico del quale potersi facilmente impadronire.
Adesso possiamo aspettarci che Blatter sia schedato come un terrorista e la Fifa considerata organizzazione canaglia, magari in procinto di acquistare qualche atomica dal Pakistan. Ma di certo qualcosa non funziona nel verso giusto se si deve difendere perfino uno come Blatter per non essere risucchiati dall’impero.