L’importanza dei diari di Klemperer

Creato il 19 luglio 2010 da Chiaramarina

L’importanza dei diari di Klemperer

Come nota Steven Aschheim «in Klemperer la vita pubblica e la cronaca intima diventano un tutt’uno»[1]. Il filologo era solito annotare tutto ciò che gli accadeva intorno. Egli scriveva nella speranza di testimoniare eventi importanti ai posteri. Paolo Traverso ha posto l’accento sul fatto che «la popolarità dei diari in Germania – come quello di Anna Frank – deriva dal fatto che essi restano nei limiti del comprensibile. Essi sono, in qualche modo, racchiusi entro le cifre della vita quotidiana. […]  Essi registrano, a dispetto delle circostanze totalmente avverse, la conservazioni e il trionfo dei valori umani»[2]. Un diario procede sull’impulso di un’aspettativa, di una tensione progettuale che spesso non nasconde un’aperta intenzione etica: io scrivo queste pagine per migliorare me stesso; per diventare irreprensibile, direbbe Gide[3]. Franco Moretti è esplicito quando afferma che la formazione è destinata a fare i conti, all’inizio del Novecento, con la disgregazione dell’individuo come soggetto e con una nuova, incandescente realtà: l’inconscio. Questa chiamata verso l’Io frantumato – e di conseguenza verso l’introspezione e l’autoanalisi – è imperiosa anche per il Bildungsroman[4]. I diari di Klemperer racchiudono la Bildung dell’autore e favoriscono quella del lettore mediante il racconto di momenti cruciali della storia mondiale. Il filologo ritenne di aver fatto a Napoli il suo «Viaggio di nozze con la vita». Durante il lettorato presso il Suor Orsola Benincasa, egli ebbe modo di ritrovare se stesso e di migliorare i rapporti con la propria famiglia. Victor era l’ottavo figlio del rabbino Wilhelm Klemperer e di sua moglie Henriette. Studiò la filosofia e la filologia delle lingue romanze e germaniche a Monaco, Ginevra, Parigi e Berlino e nel 1912 si convertì al protestantesimo. Nello stesso anno, ottenne il suo dottorato e nel 1914 ebbe l’abilitazione all’insegnamento.

Gli anni del 1914-1915, ovvero gli anni del suo lettorato presso L’istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, furono fondamentali per l’autore che ebbe la possibilità di riscattarsi agli occhi della famiglia. Con quest’ultima, Victor ebbe un rapporto abbastanza conflittuale, come testimonia Peter Jacobs nella sua biografia su Victor Klemperer, inedita in italiano. «Noi preferiremo di gran lunga avere come fratello minore un professore piuttosto che un giornalista»[5]. Questo fu uno dei motivi principali per cui, quando Victor partì per Napoli, profondamente stanco della sua vita, considerò il lettorato al Suor Orsola come una sorta di riscatto. Come dimostrano queste poche righe dei diari dell’autore:

Ma io ero anche considerato una persona di tutto rispetto, visto che lavoravo per lo Stato e che ero un professore. Di sicuro ogni insegnante doveva presentarsi  come tale, non solo quando teneva una lezione ma anche mentre si faceva lucidare le scarpe. Di professori ce ne erano in abbondanza, ma essere un professore universitario, invece, era tutta un’altra cosa e perciò ci si poteva imporre su tutti gli altri ospiti della pensione[6].

Questo viaggio diede all’autore la possibilità di vivere una nuova fase della sua vita come un rispettoso professore universitario, libero dal giogo delle ristrettezze economiche ed immerso nella diversità di una realtà a lui fin’ora estranea, quella napoletana. Dunque, egli considerò il suo soggiorno nel capoluogo partenopeo come un Bildungsreise[7], che influì positivamente sulla sua persona. Fu proprio qui, infatti, che Klemperer fece il suo viaggio di nozze con la vita. «Ho vissuto nel vero e proprio senso della parola Napoli dal Suor Orsola al lussureggiante periodo di maggio».[8]


[1] S. E. Aschheim, G. Scholem, H. Arendt, V. Klemperer. Tre ebrei tedeschi negli anni bui, Firenze, Giuntina, 2001, p. 94.

[2]Cfr.  P. Traverso, Victor Klemperer’s Deutschlandbild – Ein jüdisches Tagesbuch?, in Deutschlandbilder, Telaviv Jahrbuch f ür Deutsche Geschichte XXVI, 1997, pp. 307- 344.

[3] Cfr. A. Gide, Dostvevskij, Bompiani, Milano, 1946, pp. 113-128.

[4] Cfr. F. Moretti, Il romanzo di formazione, Einaudi, Torino, 1999, pp. III-XIX.

[5] Peter Jacobs, Victor Klemperer im Kern ein deutsches Gewächs, Berlin, Aufbau, Verlag, 2000, p. 8.

[6] N. F.

[7] Viaggio di formazione.

[8] N. F.


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