L’importanza di chiamarsi Ligresti e non Cucchi

Creato il 04 novembre 2013 da Lebarricate @gaetano_rizza

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Ebbene sì, signori! E’ sotto gli occhi di tutti come il trattamento in carcere sia diverso secondo il cognome che porti. Sappiamo tutti la fine che ha fatto in carcere il povero Stefano Cucchi che, per quanto uno voglia dirne, nessuno pensa che avrebbe dovuto morire in carcere, per giunta  nelle condizioni in cui è morto. Ma evidentemente i suoi amici e parenti non avevano in tasca il numero di cellulare né la mail del ministro della giustizia di quei tempi e neppure della Cancellieri, evidentemente. Altrimenti era cosa fatta: oplà, e Stefano sarebbe immediatamente andato agli arresti domiciliari sotto le cure amorevoli della mamma.

Destino diverso è toccato a Giulia Ligresti per il solo colpo di fortuna di trovarsi in tasca, lei o chi per essa, il numero di cellulare dell’Anna Maria Cancellieri. Vedi i casi della vita come possono cambiarti la vita, appunto.

In effetti è risaputo che noi poveri comuni cittadini mortali (non per niente…) che siamo incarcerati per errori nostri o della giustizia, se ci troviamo veramente male in carcere tanto da morirne di crepacuore o di suicidio, telefonando alla Cancellieri veniamo subito mandati a casa… Come no!

E cosa dire delle giustificazioni della ministro? Una comare e una portinaia saprebbero giustificarsi con motivazioni più alte. E cosa dire delle giustificazioni che gli addetti danno? Caselli: “L’interessamento della ministro non ha influito sulle decisioni che si stavano già prendendo nei riguardi della Ligresti”, bene, ma uno potrebbe rispondergli che l’interessamento comunque c’è stato, e che lo scopo dell’interessamento era quello di influire. Stessa cosa dall’amministrazione del carcere: “Sì, ha telefonato per avvisarci che Giulia avrebbe potuto suicidarsi, ma non ho riferito a nessuno della telefonata perché, guarda caso, era un caso che stavamo già valutando…)

…Cioè, correggetemi se ho frainteso: l’amministrazione del carcere riceve una telefonata del ministro della giustizia che in pratica li avvisa che se la carcerata si suicida la responsabilità ricadrebbe su di loro in quanto il ministro stesso li ha avvisati che quel soggetto non è un comune mortale e il carcere non lo sopporta… e cosa fa (l’amministrazione del carcere)? Dice: “Ma no.. lasciamola in galera” oppure dice: “Azz! Ha telefonato o’ ministro.. Chista se more ‘n carcere so cazzi nostri…  dite a chi di dovere che deve uscire.. io nun m’a piglio sta responsabilità… né guaglio’” … ora dialetto più, dialetto meno.

Dalla liberazione dal carcere di Giulia Ligresti e poi relativo patteggiamento della pena, la signora adesso è una persona libera… ma nelle carceri italiane la gente continua a morire e la Cancellieri interessandosi della Ligresti non ha risolto certo il problema a lei “tanto a cuore”. Ha soltanto fatto un favore a una sua amica che porta un cognome importante in certo ambiente italiano.

Ma con tutto ciò la cosa poteva passare anche inosservata nel magma del malcostume italiano, se non fosse che a un altro personaggio inviso ai giudici, invece, per una telefonata d’interessamento per non far passare la notte in carcere a una ragazza. gli sono stati fatti vedere i sorci verdi con la motivazione comoda che “l’azione penale è doverosa! Perché prendersela coi magistrati che fanno il loro dovere?”. Ok, adesso vedremo se l’azione penale è doverosa nei confronti di tutti o va solo a capriccio dei magistrati, come da sempre penso io.

IL CRONISTA

L’importanza di chiamarsi Ligresti e non Cucchi

 

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