L’importanza di chiamarsi Wagner

Da Il Gazzettino Del Bel Mondo

I Wagner. Più che una famiglia, una banda di cinici spregiudicati? Questa sembra essere la tesi che anima Il Clan Wagner, storia di una famiglia (titolo originale: Der Clan – Die Geschichte der Familie Wagner) pellicola di Christiane Balthasar e trasmessa la scorsa settimana su Rai 3. Va subito sottolineato che il film scorre, sa unire intrattenimento e urgenze storico-artistiche e mostra una buona dosatura di episodi simbolici e colpi di scena. Certo, il mito di Wagner ne esce fortemente ridimensionato e ammaccato, ridondante di scandali e scandaletti piccolo borghesi, secondo un plot di detrazione a cui siamo stati (più o meno) abituati. Teniamo conto, però, che tutta la vicenda si svolge post-mortem secondo un taglio ritrattistico piuttosto spietato: Cosima più madre che matrigna; Siegfried un represso che, in nome di “quel nome”, sacrifica la propria libertà rinunciando alla sua natura; Isolde vittima di più sciagure (non ultima una malattia incurabile); Eva una gatta moscia che, alla fine, tratta come uno zerbino l’intellettuale inglese (nonché marito arrivista) Houston Stewart Chamberlain, il più wagneriano di tutta la famiglia. Appunto: la “famiglia” del defunto e la conseguente eredità che si stende nel tempo come un inquietante velo infinito.

Finale iconico e tragico con un signore notissimo che va a trovare quanto resta di questa sciagurata famiglia. Siamo nel 1930 e il visitatore non è un musicista ma, soprattutto, è da un bel po’ che non fa più l’imbianchino…

Una curiosità: Iris Berben, l’attrice protagonista che interpreta Cosima, è una vecchia conoscenza del cinema italiano: qualcuno la ricorderà nel ruolo di Lola nel film cult di Corbucci Vamos a natar compañeros.

[R.S.]

Il trailer in tedesco