Non lo so. A volte i film li devi lasciar decantare prima di poterli apprezzare sul serio, ma non credo che stavolta funzionerà. Buona la regia, intesa come scelta delle inquadrature, delle sequenze, dell’ambientazione, non certo come direzione attoriale (i bravi sono già bravi, gli altri non lo diventano). Interessante la scelta degli spostamenti temporali, densi e coinvolgenti i frequenti momenti di silenzio. Tuttavia manca qualcosa e c’è qualcosa di troppo perché “La solitudine dei numeri primi” diventi un film da amare.
Manca un’identità definita: è chiaramente un film drammatico, ma a tratti pare voler tendere all’horror con atmosfere alla Overlook Hotel e “mastino dei Baskerville”. Eccessiva invece è la grafica: troppo grande, troppo invadente, troppo blu da chroma key. Altrettanto poco discreta è la colonna sonora, o meglio, l’uso che se ne fa: in alcune scene non è di sottofondo né sovrasta il parlato, è mixata allo stesso volume, con il risultato di non poter afferrare completamente il discorso né di poter godere della musica. Note composte da Mike Patton, cantante di molte band statunitensi importanti, che certamente sono d’effetto ma probabilmente sono anche sovrabbondanti e usate a sproposito (vale sempre il concetto della tensione verso qualcosa di orrorifico).
Tutto questo lascia nello spettatore una certa perplessità. Ciò che si percepisce chiaramente è una sorta di scollamento e disequilibrio dei vari elementi che fa sì che un film che potenzialmente avrebbe avuto gli ingredienti giusti per funzionare invece si inceppa e si incarta su se stesso.
L’incertezza dello spettatore davanti al disagio dei numeri primi
Creato il 29 settembre 2010 da RooferguyxxunowPotrebbero interessarti anche :