L'incontro con Sua Maestà: il Fiume Mississippi

Creato il 28 gennaio 2015 da El3naliv


Viaggiando diventiamo protagonisti di momenti indelebili, destinati a rimanere vivi nei nostri ricordi. Se dovessi scegliere uno dei momenti più significativi del viaggio negli States, il pensiero andrebbe subito alla scoperta di uno dei tratti più selvaggi del fiume Mississippi. Un fiume lungo tanto quanto il suo nome, 3.734 km di acque scure che dal Minnesota corrono fino al Golfo del Messico. Terzo fiume più lungo del mondo dopo Nilo e Rio delle Amazzoni.  L'abbiamo ammirato scendendo dal Tennessee verso lo Stato del Mississippi dove abbiamo percepito la sua grande importanza commerciale osservando le infinite distese di piantagioni di cotone. Coltivazioni interminabili di batuffoli bianchi e steli verdi, un tempo testimoni della tratta e del lavoro degli schiavi provenienti dalle terre africane. 


Svoltando a un bivio sulla Statale 61, l'incontro. Sua Maestà il Mississippi era lì ad attenderci, in silenzio. Un silenzio maestoso interrotto dal canto delle numerose specie di uccelli che hanno scelto gli angoli meno trafficati del fiume come fissa dimora: ibis, falchi, aironi. Esemplari di una struggente bellezza che amano nascondersi fra l'erba alta a riva o mettersi al riparo su degli stupendi alberi acquatici poco lontani dalla riva con le radici semi sommerse nel fiume. Mi rivolgo agli esperti: sapete dirmi il loro nome? Sono alberi di Tupelo

Fiume Mississippi



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Oltre al Mississippi cominciamo a fare i conti con altre due presenze: l'umidità innaturale degli Stati americani del sud che avvolge qualsiasi elemento come una seconda pelle e un'altra presenza, più inquietante. La intravediamo salendo lungo uno dei ponticelli in legno costruiti dai pescatori e nei numerosi cartelli con la scritta DANGER a caratteri cubitali. Alligatori. Gli stessi pontili sono protetti da reti e cancelli che impediscono agli animali di salire e tendere agguati a passanti e pescatori anche se gli attacchi qui sono rari, perchè a detta della popolazione, in caso di un incontro ravvicinato è l'alligatore stesso ad essere più spaventato dell'uomo, non viceversa.

Su quel pontile dotato di panche e dondolo mi sono tuttavia chiesta se sia realmente colpa dei coccodrilli se esiste ancora quella piccola percentuale di americani feriti o mutilati dalla stretta delle loro fauci. Forse la colpa è dell'uomo stesso, del suo voler abitare in luoghi dove, nonostante gli sforzi fatti, nonostante costruzioni a prova di bomba e protezioni piantate ovunque, è sempre la natura a dettar legge. Più che il problema degli alligatori, infatti, lo Stato del Mississippi è teatro di straripamenti del fiume che travolgono case e imprese agricole e di una significativa presenza di uragani e tornado. Lo Stato del Mississippi è ancora un angolo selvaggio d'America, una parentesi non toccata dalla nostra furia distruttiva. E' giusto appropriarsene? La mia risposta è un ingenuo no, spero che almeno questo territorio e questo tratto di fiume rimangano tali e quali, uno spettacolo naturale in attesa dello sguardo meravigliato di altri viaggiatori. 

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