L’indifferenza delle tigri

Da Torto

Ho visto tre tigri in una gabbia a cielo aperto sulla sabbia, di fronte a un bellissimo mare blu. Un circo era approdato in spiaggia. C’erano scimmie urlanti e impassibili circensi, costumi da bagno bagnati e annoiate, incazzate mamme basse e muscolose, urlanti anche loro e stufe dell’estate. C’ero io, uomo. Guardavo le zampe letali dei felini, la gabbia che in un balzo avrebbe ridotto le distanze, se solo una di loro avesse voluto cibarsi di noi umani o decidere, per capriccio da gatto, di finirci. C’erano altri uomini, curiosi e impauriti, pronti a spaventarsi al minimo cenno di rabbia delle belve, desiderosi di mettersi in cattiva luce e farsi notare da loro. Tutto avremmo sopportato e immaginato, niente ci avrebbe realmente turbato, se invece di notarci e mostrare i denti formidabili e feroci non fossero rimaste lì, con la testa e lo sguardo altrove, voltate dall’altra parte, ferme come statue, indifferenti. E’ l’indifferenza delle tigri che ci uccide. Non il loro odio, non la loro rabbia né la loro fame. Come osano non farci paura? Come osano offenderci a tal punto? Tristi e splendidi animali dominati da sgraziati esseri bipedi, non volete più guardarci. Non ci vedete più perché non esistiamo. Fieri della vostra bellezza enormemente superiore alla nostra, anche voi non siete più qui. E con rabbia e delusione, con il solito dissennato rancore, vi chiediamo: “Ma perché non volete più mangiarci?”