di Massimiliano Sardina
<<…Continuerà a diventare sempre più piccolo,
si ridurrà alle dimensioni di una particella subatomica,
si dissolverà in una monade di pura coscienza,
ma il sottinteso è che non svanirà mai del tutto,
finché sarà vivo non potrà mai ridursi a nulla.>>
(Paul Auster, Notizie dall’interno, 2013)
La produzione più recente di Paul Auster risente di una forte componente autobiografica (ci riferiamo in particolare agli ultimi due romanzi: Diario d’inverno, 2012, e Notizie dall’interno, 2013), forse una tappa obbligata per il prolifico scrittore americano originario del New Jersey, classe 1947. Auster punta la penna sul suo passato, la incurva per agganciarlo, per ripescarlo dall’oblio, e nell’atto di recuperarlo lo incide, lo scrive, lo consegna all’eterno presente della letteratura. L’irrorazione a getto d’inchiostro, lo diciamo fin da subito, non sbava nella riscrittura e nel vissuto romanzato ma si attiene quanto più (o perlomeno si sforza di farlo) all’oggettività, al susseguirsi datato e verificabile di singoli episodi più o meno significativi. Se in Diario d’inverno protagonista era il corpo – l’involucro, la casa, il carapace, l’impalcatura esterna – in Notizie dall’interno si celebra la memoria, la vita sopravvissuta nei ricordi, il bambino e il ragazzo sepolti nell’adulto. <<Chi eri, piccolo uomo? Come sei diventato una persona capace di pensare, e se eri capace di pensare, dove ti portavano i tuoi pensieri? Rivanga le vecchie storie, gratta qua e là per tirar fuori tutto quello che riesci a trovare, poi solleva i frammenti verso la luce e osservali. Fallo. Provaci.>> Auster sa bene che i ricordi più remoti giacciono sotto strati e strati di sedimenti memoriali, impossibile farli riaffiorare tutti, solo poche sequenze e qualche fotogramma (chissà come scampati all’oblio, il grande inceneritore) riescono a farsi strada nel pensiero consapevole. <<In principio tutto era vivo. Anche i più piccoli oggetti erano dotati di un cuore pulsante, e perfino le nuvole avevano un nome. Le forbici camminavano, telefoni e teiere erano cugini, occhi e occhiali fratelli. Il quadrante dell’orologio era un volto umano, ogni pisello nel piatto aveva una sua personalità e nell’auto dei tuoi genitori, la griglia del radiatore era una bocca ghignante piena di denti. Le penne erano dirigibili. Le monete, dischi volanti.>> Tutto parte dall’animismo della prima infanzia e procede per gradi fino ad abbracciare i turbamenti della giovinezza più matura. Cinque, sei, sette anni: i primi ricordi dello scrittore emergono sottoforma di <<frammenti isolati, brevi sprazzi di agnizione che affiorano inaspettati dentro di te in momenti casuali – riportati alla mente dall’odore o dal tocco di qualcosa, o dal modo in cui la luce illumina qualcosa nel presente dell’età adulta.>> Su tutto aleggia, impietosa, la consapevolezza che quello che eravamo ora non lo siamo più.
Visti dalla prospettiva dell’adulto il bambino e il ragazzo sono due perfetti sconosciuti, distanti nel tempo e nello spazio, irraggiungibili. Nostalgia? Forse. Dell’infanzia, a debita distanza da quei facili sentimentalismi che pure premerebbero per guadagnarsi due righe di sfogo, Auster recupera lo stupore, la percezione incantata delle cose del mondo; della prima giovinezza restituisce, intatta, quell’impacciata baldanza tutta tesa alla conquista di una felicità. <<…Quattordici anni, quell’età terribile in cui sei ancora prigioniero delle circostanze che ti hanno visto nascere e tuttavia sei pronto a lasciartele alle spalle, l’età in cui non fai altro che sognare la fuga.>> Ai quattordici anni risale anche il primo incontro di Auster con il caso, tema che poi diventerà centrale in tutta la sua opera; lo scrittore riferisce l’episodio del fulmine che pose improvvisamente fine all’esistenza del coetaneo Ralph, e di quei trenta centimetri di scarto che avrebbero fatto tragicamente la differenza risparmiando l’amico e uccidendo lui. Il viaggio a ritroso non è meramente autoreferenziale. Notizie dall’interno non è costruito secondo gli schemi di un’autobiografia tradizionale, è piuttosto un susseguirsi di notizie, testimonianze, esperienze (o ciò che di queste, per caso, è sopravvissuto). La narrazione si snoda in quattro sezioni: Notizie dall’interno, Due colpi alla testa, Capsula del tempo e Album (quest’ultimo un racconto fotografico con didascalie estratte dalle sezioni precedenti). Coraggioso il lungo inserto che descrive dettagliatamente le trame di due film: Radiazioni BX: distruzione uomo, 1957, di Jack Arnold e Io sono un evaso, 1932, di Mervyn LeRoy. Dallo stupore del bambino di fronte a uno schermo cinematografico a quello del ragazzo che scopre la letteratura partendo da Poe, Stevenson, Conan Doyle, Cronin, Hudson, fino alle vertigini di Flaubert, Stendhal, Proust… E poi la scoperta della scrittura, le poesie, i primi tentativi fallimentari di romanzo, il rapporto con l’altro sesso (l’epistolario ritrovato con l’amata Lydia), gli anni universitari, Parigi… L’ultima parte del romanzo richiama dichiaratamente lo splendido Sbarcare il lunario del 1997, una delle opere più riuscite e felici di Auster. Notizie dall’interno nulla toglie e nulla aggiunge al nutrito corpus austeriano, ha piuttosto il sapore di un atto dovuto, di una serie di puntualizzazioni, un domani (speriamo lontano) utilissime ai biografi. La parte più interessante di Report from the Interior è a mio avviso quella che descrive la metamorfosi kafkiana di Scott Carey (il protagonista del film di Jack Arnold), il progressivo rimpicciolimento dell’uomo fino alla misteriosa invisibilità della sua origine. <<Sentivo il mio corpo svanire nel nulla, diventare il nulla. Le mie paure si dileguavano, e al loro posto subentrava l’accettazione.>> Come non ravvisare nel fantascientifico processo di rimpicciolimento subito da Scott Carey una chiara analogia con il viaggio a ritroso intrapreso dallo scrittore, quel malcelato desiderio di regressione, di ritorno all’innocenza dell’origine.
Massimiliano Sardina
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