L'arco temporale coperto da L'informazione è piuttosto breve e riguarda il periodo intercorso tra la faticosissima, ma inarrestabile scalata al successo di Amelior e l'uscita del sequel, Amelior riconquistata. D'altra parte, il funambolismo di Martin Amis fa sì, con i suoi flashback, i suoi inserti, i suoi commenti, il suo zoom sul quotidiano del protagonista e nella sua più o meno lontana eziologia, che si assista a una continua dilatazione temporale. Il lettore perde il controllo della materia, che continua a scivolargli di mano a favore di una farneticante - e diabolica - genialità. Quasi non si contano i piani nei quali la materia narrativa si espande, dalla cura domestica degli adorabili gemelli Marius e Marco, ai retroscena della malavita londinese, fino all'allegoria cosmica che coinvolge in pari grado il narratore e Richard Tull, suggerendo una qualche surrettizia parentela tra le due figure. Del resto, è anche vero che il narratore non prova nessuna simpatia per Richard Tull e, anche prima di arrivare all'aperta ostilità delle ultime pagine, si diverte a descrivere il suo protagonista con feroce sarcasmo:
Richard Tull - il tradizionalista, il conoscitore fine del più elevato canone culturale anglofono - è un fallito, un antieroe, e il narratore de L'informazione non ci gira intorno, ce lo restituisce in tutta la miseria delle sue risorse:
Il problema era diventato così grave che Richard aveva parlato - e persino pensato - di smettere di bere; aveva persino parlato - ma non pensato - di smettere di fumare. Sapeva però che i suoi guai erano ottusamente e intrinsecamente e tutto sommato essenzialmente letterari, e che nulla, tranne i lettori o la vendetta, avrebbe potuto alleviarli. Così non fece niente, se non cominciare a prendere Valium e cocaina.
Eppure, Martin Amis riesce a tenere incollato il lettore catastrofe dopo catastrofe a questo esplosivo congegno metaletterario, facendo spesso ricorso a un umorismo graffiante e liberatorio (in specie quando si tratta di episodi degli agenti letterari alle prese con l'ultima fatica di Richard, significativamente intitolata Senza titolo da pigrizia e troppo arguto senso critico). Però il malessere di fronte alla recita esistenziale accomuna narratore e protagonista in un disfattismo dolorosissimo e, a tratti, delirante:
Pare che l'universo abbia un diametro di trenta milardi di anni luce, e ogni singolo centimetro cubo di questo spazio ci ucciderebbe, se ci andassimo. Questa è la posizione dell'universo nei confronti della vita umana.
L'assenza di speranza e di riscatto è intrinseca alla scrittura de L'informazione. I suoi due personaggi in lotta per il successo hanno girato entrambi, già nelle prime pagine, la boa degli -anta. Superato il moderno e simbolico mezzo del cammin di nostra vita, hanno davanti a loro una discesa: per Barry, nonostante la sua insipienza, significa abbrivo verso una vita più facile, più comoda, una discesa tra la folla, per Tull significa invece precipizio, il baratro definitivo. E dire che, se si escludono la pregiudiziale superiorità di Richard su Gwyn e la sua recensione "amichevole" poco lusinghiera, il giudizio del narratore sull'antagonista non è così spietato a prima vista, salvo ridurlo ai minimi termini, alla silhouette della sua statura: cornuto contento, giocatore disastroso a scacchi come a tennis, infine baro, e solo mediamente insozzato dallo squallore generalista del mondo contemporaneo.
Con la sua giacca di lana, il farfallino e due cerotti alla nicotina, masticando (o succhiando) un chewing-gum alla nicotina, con una sigaretta in bocca e la sensazione di essere chiuso in un sacco di plastica nera dietro una centrale nucleare, in umile attesa della prossima spaventosa fusione atomica, Richard oziava su un lettino da spiaggia. Davanti a lui si stendeva un Atlantico pigro e poco invitante, di una calma lagunare.
L'informazione di Martin Amis è un libro crudele, a volte durissimo, non sempre facile da portare avanti; eppure, e proprio per gli stessi motivi, è un romanzo raro, essenziale, a volte molto poetico, scritto con tellurica inventiva linguistica (non invidio Gaspare Bona, il traduttore italiano di Einaudi) sull'invidia, sulla fama e su quanto di inspiegabile ruota attorno a questi fenomeni e alla consapevolezza della propria tragica inconcludenza.