Siamo solo dèi che posseggono un mondo e ne siamo posseduti (Gibran).Posto un fatto soltanto: che l'ingenuità è affar nostro e di tutti, ne serve allora una forma non fiaccata e quanto più possibile libera dalla stupidità di un uomo piccolo, castrato da ordini e costruzioni componibili – il meccanismo perverso dei poteri condizionanti la nostra più autentica aspirazione alla vita.
Questo incessante movimento ci fa essere ignoranti (come coglierlo del resto? “Nessuno mai può bagnarsi due volte nello stesso fiume", diceva Eraclito) e costitutivamente in-genui proprio in riferimento alla grandezza mito-logica, non stupidi! Per questo non si può dire d'esser grandi semplicemente rivendicando nobiltà di spirito e acume di ingegno quali motivi di un'appartenenza certa e consolidata, ma ad essi, ai «grandi», ci rifaremo come nuova proposta per affinar «Giudizio»: quello vero, gaio, possibile sul territorio delle possibilità da mantenere e ripensare assieme.L'ingegno dei Tarot è dunque il frutto di quell'in-sistenza proverbiale, a cui il dialogo filosofico corrisponde sempre nei termini di un inter-esse e reciproco favore: nulla per la mia comprensione, che non sia per altri. Lo disse proprio Buddha, “colui che sa”.Dunque, non io son più grande d'una formica, o più meritevole di riposo dell'ape operaia! Son io con l'ape e la formica, monna volpe le ranocchie e il topo, vale a dire un piccol mondo - tra la fiaba il mito Sacro e il sogno inventato - fatto a mille e più «sensazioni» (ecco la vera attitudine del Pensiero Tarot!), delle quali non si tratta poi di definirne i contorni, bensì MOLTEPLICARNE LE INTENSITÀ. Con la speranza che siano essi molti e differenti; e di essi cento, e mille ancora.
L'ingenuo di Jorge Luis Borges