Ogni fine include un inizio, e ogni inizio può essere considerato la conclusione reale di una fine. Mi piace pensare a “inizio” e “fine” anche come il percorso originale e particolare tra due punti, uno dei quali è in movimento e fino alla fine della corsa non si sa mai dove veramente arriva.
In questi giorni ho pensato (maledetto me!) a modi di dire e citazioni famose che parlassero di inizi e di fini: “chi ben comincia è a metà dell’opera”, “fare una brutta fine”, “il fine giustifica i mezzi”; fino a che non ho visto il film “La fine è il mio inizio” tratto dal libro omonimo di Tiziano Terzani, curato dal figlio Folco. Chi conosce la figura e gli scritti di Tiziano Terzani credo che potrà ben capire: in moltissimi casi non conta come si inizia, l’importante è come si arriva alla fine, una preparazione alla fine lunga tutto un viaggio.
Quando iniziamo a mangiare per un gran cenone, spesso siamo così accecati dalla fame che mangiamo, mangiamo, mangiamo dimenticandoci che siamo soltanto all’antipasto e prima che la cena termini mancano circa cinque o sei portate. Come si arriva alla fine oltre che esausti e nauseati da qualsiasi odore di cibo? Bisogna iniziare assaporando leggermente ogni piatto, senza mai esagerare, perché molto probabilmente i piatti più buoni e gustosi verranno serviti alla fine della cena.
Non so cosa ho voluto dire con questa metafora culinaria: ciò che penso in realtà è che non conta dove ti prefiggi di arrivare, come e perché; quando prendiamo la mira all’inizio di un viaggio sbagliamo sempre di qualche grado, ma non per nostra volontà, ma perché per natura non riusciamo a tenere conto della forza del vento, delle perturbazioni e delle difficoltà di ogni genere. Probabilmente la fine altro non è che tutto il viaggio, o soltanto l’inizio, semplicemente un altro inizio.