L'Inno alla Noia dei Balanzoni italioti

Creato il 11 settembre 2015 da Zioscriba

Un adesivo dei tempi della naja
(ma vale anche per i Templi della Noia)


A volte il mondo sembra divertirsi a confermare i miei pregiudizi, trasformandoli così in più solidi POSTgiudizi.Pensando che potessero interessarmi, il mio gatto mi aveva fatto trovare sulla scrivania, alla fine dell’estate, dei ritagli. Facevano parte di un dibattito fra editori e intellettuali sullo stato dell’editoria, anzi sullo sfacelo dell’editoria, e su eventuali proposte per il futuro, ammesso che ne esista uno.Due in particolare mi hanno colpito, per il modo opposto di affrontare il problema. Si trattava degli interventi di due editori, uno italiano e uno tedesco. Non dico i nomi, non tanto per misericordia nei confronti dell’italico, ma perché mai come in questo caso mi sembrano Esemplari le nazionalità (un po’ come in quelle vecchie barzellette: “Ci sono un italiano, un francese e un tedesco…”)Guarda caso, il tedesco ha detto cose chiare, semplici, intelligenti, schiette, dirette, quasi ingenue ma coraggiose, taglienti e molto scomode. Ha accusato la grande editoria (mondiale) di comportarsi non solo da mercante nel tempio dell’arte, ma anche di farlo con una sorta di irresponsabile bullismo: inondare il globo di libri orrendi è ormai per questa gente una sorta di dimostrazione di forza e prepotenza, di arroganza muscolare. E ha aggiunto che la sola (minuscola ed evanescente) speranza risiede nella capacità dei piccoli editori di continuare a lavorare come si deve, con passione e coraggio, per scoprire i nuovi Talenti, sperando che poi quegli altri marpioni non glieli portino subito via per rovinarli. E l’intervento dell’italiano? Pomposo e pretenzioso, e sfuggente sul vero nocciolo della questione, il nostro connazionale si è messo a sproloquiare su muffa e aria fritta, a vaneggiare su parole come “Accademia” con la A maiuscola e “Valori” con la V maiuscola. Per poi concludere il suo intervento con questa minaccia: che dovrà essere d’ora in poi Missione della grande editoria italiota DECIDERE quali autori e quali libri saranno degni di durare nel tempo (Oddio, SPERIAMO PROPRIO DI NO, viste le carriolate di insulso letame con cui molti di loro riempiono le nostre povere librerie!!!!)Da tempo denuncio l’abbandono, in italiA, di quella preziosa (e libidinosa!) via di mezzo che si chiama Narrativa Pura e di Qualità, la rinuncia a proporre letteratura nuova, originale, tragicomica, autopensante, brillante, intelligente, benscritta, energica e onesta (e ovviamente NON insudiciata con menate politicoidi malcagate). I nostri grandi editori, delle due l’una: quando si mettono il grembiule da pescivendoli per fare incasso buttano sul mercato qualsiasi puzzolente fetecchia per lettori deboli, manipolabili o superficiali. Ma quando poi si fanno una doccia con l’idrante acido e indossano le vesti da cattedratici ottocenteschi, fanno pure di peggio: perché allora è noia, noia, noia. E la giornaleria, forse a causa di irrisolti problemi di conflitto d’interessi (e di mediocrità, diciamolo), gli va dietro incollata alle chiappe come un ciclista succhiaruote.Chiediamoci perché, su certe infeltrite pagine cul-turali (a parte quando vi si pompano appunto le amichette degli amichetti, o i Jo Nespolo del momento, per questioni di vil bottega) gli autori più recenti di cui ci si occupa (nel modo più tedioso e melenso possibile) siano Proust e Tolstoj (o peggio ancora studiosi di costoro), per non parlare di chi ancora si schiaccia i brufoli sul povero Dante (che chissà DOVE li manderebbe – io un’idea ce l’ho) o sforforeggia sull’esegesi biblica: forse perché per certi sopravvalutati balanzoni (sempre pronti a mandare dietro la lavagna i Bukowski, i Fante, gli Hilsenrath, i Pollock, i Donleavy, liquidando con smorfie sprezzanti questa gente geniale che usa anche le “parolacce” – non si è ancora capito se alle mezzeseghe balanzonesche diano più fastidio la genialità o i parulàsh, due cose davvero deplorevoli e peccaminose!) per questi balanzoni, dicevo, si tratta di incassare lo stipendio sciorinando premasticata secchiaggine, mentre nessuno schiavetto ha ancora avuto il tempo di fare per loro quel lavoro scolastico all’ingrosso che li metta poi in grado di ruminar minchiate petobiografiche, barbose e pedanti, su Mario Vargas Llosa, su Paul Auster, su Martin Amis, su Mordecai Richler, su Romain Gary o su Philip Roth – e forse è meglio così, o ce li farebbero ODIARE! Per non parlare degli scrittori di cui non si occupa mai nessuno. Perché esporsi a proporre qualche sconosciuto (che non sia parente o amante o collega), se richiede il temerario coraggio di parlarne PER PRIMI? Per fare queste cose ci voleva gente vera, con le palle, come la mai abbastanza rimpianta Fernanda Pivano. Bello allora essere uno sconosciuto outsider, uno straniero in patriA. Non fare parte del vostro campionario, viscidi sudaticci mercanti o muffoidi accademici che siate, è una ben robusta, e piacevole, consolazione. Meravigliosa, direi. E però smettetela di frignare se i ragazzi non leggono, perché la colpa è soprattutto vostra, e delle palate di squame di pelle di vecchio (ma spesso si tratta di vecchi trentenni!) che gli gettate sul faccino. AD MALORA, balanzoni caganoia!
N.B. Naturalmente, per “muffa” qui non si intendono i Classici, ma il vuoto chiacchiericcio accademico-sclerotico su di essi. I Classici, così come i Contemporanei di talento, bisogna LEGGERLI, e non sbausciarci sopra.