L’insegnante fuggente

Creato il 25 novembre 2013 da Camphora @StarbooksIt

Ogni tanto scrivo nella mia testa banali sceneggiature virtuali dove assumo il ruolo di protagonista, naturalmente eroico.
In una di queste, interpreto un insegnante di liceo che si impegna a interessare alla letteratura il proprio pubblico di teenager. Eccola.
Giorno. Interno. Il sottoscritto entra e guarda gli studenti.
So che la prima impressione su di loro dipenderà dal discorso che mi accingo a fare:
“So benissimo che studiare è per voi sinonimo di fastidio: alla vostra età provavo la stessa sensazione di repulsione.”
“Non ci freghi”, replicano silenziosamente i loro sguardi annoiati, “stai pateticamente tentando di fare il simpatico”.
Primo piano. “Leggere, però, è un’altra cosa. Dovrebbe essere un piacere.”
Devo convincerli che non voglio vendergli niente, che il mio è un consiglio assolutamente disinteressato, e che ho a cuore la loro formazione come esseri umani prima che come studenti. Insomma, tutto quello di cui a loro non frega niente.

“Ragazzi, vi assicuro, lo troverete, un libro che vi strega, che sia Cime tempestose, Storie di ordinaria follia o Ti prendo e ti porto via (che non l’ha scritto Vasco Rossi, lo sapete?). Scegliete un genere che possa interessarvi, informatevi sugli autori rappresentativi, scaricate gli estratti da Amazon, comprate il cartaceo a 0.99€, oppure andate in biblioteca e sceglietene uno; se non vi piace, mettetelo da parte e apritene un altro completamente diverso; scambiatevelo! Sentite la delicatezza di Jane Austen? Il marcio di Ellroy? Il genio profetico di Orwell, la violenza giornalistica di Palahniuk, la poetica post-moderna di De Lillo, il cinismo di Houellebecq…”

Mi fermo. Ma cosa sto dicendo?, penso. Di cosa stavo parlando? Ah, sì: di leggere.

Ma leggere significa soprattutto, per questi ragazzi, andare piano. Un libro è troppo lento per loro, abituati ai video di MTV, al montaggio dei film americani, al minimalismo dei Simpson e all’intrecciarsi di battute in Scrubs.
Non è più il tempo dei messaggi importanti, che richiedono il giusto impegno per essere assimilati. Bisogna essere sempre i primi ad arrivare anche a dire una sciocchezza, con il lessico delle canzoni pop e possibilmente in soli centoquaranta caratteri, ma comunque i primi.
Leggere significa stare da soli, estraniarsi dal mondo circostante. E’ sdraiarsi a letto spegnendo WhatsApp e mettendo un freno alla propria FOMO* per tuffarsi in un mondo di parole che, combinate assieme, contengono tanti messaggi riguardanti una o più storie, personaggi, stile narrativo, storia di una città, un’epoca.
Allora come posso chiedere a questi ragazzi – con l’adolescenza scalpitante nelle vene – di rallentare e prendere in mano un libro?
Va bene, mi dico, farò quello che ci si aspetta da me, cioè il mio lavoro: il programma, le spiegazioni, le interrogazioni. Alla pausa, però, andrò allo StarBooks a prendere un caffè. Magari corretto con la sambuca.

[*: Fear Of Missing Out, ansia di non far parte del giro giusto, vedi qui]

About SpeakerMuto

Ho pubblicato il mio primo romanzo, ne ho un secondo da parte e sto scrivendone un terzo on line, sul mio blog personale. Suono la chitarra elettrica. Scrivo in treno.


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