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L'inspiegabile e autolesionista malattia dei romani per le loro automobili. Un testo da leggere e commentare

Creato il 17 gennaio 2015 da Romafaschifo
L'inspiegabile e autolesionista malattia dei romani per le loro automobili. Un testo da leggere e commentareQuando manca la volontà di essere persone civili e rispettose delle regole, non c'è argomentazione,o constatazione che tenga. La realtà stessa viene deformata strumentalmente alla giustificazione dei propri comportamenti barbari.
Semmai sostenere che gli asini volano tornasse utile alla legittimazione della doppia fila o del parcheggio selvaggio, ebbene troveremmo gente che dice di averne avvistato uno stormo.
Parcheggi sotterranei che diventano "impraticabili"alla faccia di quei pochi che "li praticano"; auto in doppia fila o sui marciapiedi che "non danno fastidio a nessuno", valutazione del tutto personale che viene unilateralmente elevata al rango di assioma; la retorica della "libertà" e del "lavoro" per non pagare il parcheggio o parcheggiare come fa più comodo; il trasporto pubblico che non c'è, mai, anche quando in realtà c'è; l'affermazione che "non ci sono abbastanza parcheggi" la quale viene addotta come un sorta di dogmatico postulato che in verità cela la pretesa di poter mettere in discussione, specie di fronte alla realtà di un centro storico, addirittura quell'elementare legge della fisica per cui due corpi solidi non possono occupare il medesimo spazio; e poi c'è l'onnipresente "benaltrismo", una delle forme di giustificazione di tutto tra le più odiose, perché altro non è che il mezzuccio con cui gli egoisti e i prepotenti celano a se stessi e al mondo la grettezza del loro animo. Ma potrei continuare a lungo.
L'inspiegabile e autolesionista malattia dei romani per le loro automobili. Un testo da leggere e commentareIn questi pochi mesi in cui ho preso l'abitudine di leggere RFS ho visto sostenere l'insostenibile pur di difendere il modo scandaloso e barbaro con cui a Roma si impone al prossimo, senza se e senza ma, la presenza della propria automobile. Come se essa fosse differente da un frigo o un divano, come se il concetto di "bene privato" applicabile a questi oggetti e che ne rende inaccettabile l'abbandono per strada come capita, fosse affatto diverso da quello applicabile alla propria auto; di fronte alla quale, invece, si deve accettare che essa vada, sia pur temporaneamente, ad occupare senza condizioni uno spazio che è pubblico e il cui utilizzo quindi, deve essere regolamentato (e il regolamento scrupolosamente osservato).
All'inizio ci ho anche provato a cercare di rispondere a chi sosteneva tali cose, cercando di ragionare. Mi sono detto che non era possibile che questa gente fosse così in malafede al punto di poter così sfacciatamente sostenere certe cose. Forse gli mancava un pezzo del ragionamento, mi sono detto. Forse non avevano valutato certe cose.
Poi ho capito che era del tutto inutile. Infatti mi sono reso conto che abbiamo a che fare con due categorie di persone.
1) Quelli che in malafede lo sono davvero. Essi in realtà temono solo che l'istanza di non avere tra le palle un'automobile altrui ogni mezzo metro possa diffondersi a un punto tale da costituire una seria e importante limitazione al "libertinaggio" con cui conducono le loro vite. Di solito sono quelli che maggiormente fanno sfoggio di benaltrismo. Sono assimilabili ad una di quelle tante consorterie abituate a godere di privilegi esclusivi (quantomeno rispetto a chi le regole le osserva) non dovuti e per nulla scontati. Cartellonari, bancarellari, certi tassisti ecc.
2) Quelli che proprio non ci arrivano. Questa è più complicata da capire. Direi che sono assimilabili a un cane. Avete presente l'esperimento del "cane di Pavlov"? In breve: il cane secerne saliva alla vista del cibo. Fai suonare una campanella tutte le volte che gli fai vedere il cibo. Dopo un po' il cane secerne saliva al solo suono della campanella senza che gli venga mostrato il cibo.
Il rapporto di costoro con il parcheggio e con l'automobile è lo stesso che c'è tra il cane, il cibo e la campanella. Abituati come sono per decenni ad un uso dell'auto privo di giudizio in quanto sempre meno regolamentato (quantomeno nei fatti) e al dato che "tanto un buco si trova" sempre e comunque, per di più a poche centinaia (nel migliore dei casi) di metri dal punto che si desidera raggiungere (perché questo è il concetto di "parcheggio" che hanno maturato nel tempo). il parcheggio è il loro cibo e l'automobile è la campanella. La campanella suona (cioè si prende la macchina a prescindere dalla sua effettiva necessità, che equivale alla campanella che suona quando non è ora di mangiare), e automaticamente si dà per scontato che ad essa segua il cibo (cioè non solo il parcheggio, ma "quel" parcheggio, comodo e poco distante), anche se il cibo non c'è.
Ma loro "sbavano" in attesa del cibo. Ora c'è da dire che in alcuni casi, l'esperimento portava il cane a diventare aggressivo al suono della campanella. E analogamente costoro diventano aggressivi, cioè sviluppano la tendenza di alcuni cani a vedere, al suono della campanella, cibo in tutto ciò che è commestibile, che corrisponde alla tendenza a vedere un parcheggio in tutti quegli spazi liberi che in effetti parcheggi non sono.
Ma siccome non sono cani, ma esseri ben più senzienti, cercano di giustificare il loro comportamento con ogni tipo di argomentazione, anche la più assurda perché non corroborata dall'evidenza dei fatti, in quanto non si rendono conto del fatto che stanno semplicemente asservendo le loro facoltà intellettive ai loro "riflessi condizionati" (la cui esistenza ed i cui meccanismi Pavlov intendeva dimostrare).
Dunque, a meno che non rinsaviscano di colpo, è inutile ogni discussione. Servirebbe un "addestramento" che li "decondizioni". Ovvero multe, rimozioni, controllo del territorio (perché anche la presenza di un'autorità che sta lì a dirti prima che non puoi fare una cosa, invece di sanzionarti dopo rientra in quello che sarebbe il "normale" lavoro di un corpo di polizia).
Peccato che l'"addestratore" non c'è, per non dire che spesso il suo ruolo si sovrappone a quello di colui che dovrebbe essere addestrato.
L'inspiegabile e autolesionista malattia dei romani per le loro automobili. Un testo da leggere e commentareInfine a quanti lamentano la mancanza di servizi da parte del Comune, bisognerebbe tornare a spiegare la simmetria che esiste tra ciò che sono e che fanno le istituzioni con ciò che siamo e che facciamo noi.
Ieri o ieri l'altro si denunciava la pratica di parcheggiare sulle banchine del Tevere presso lo Scalo de PInedo. Inutilmente feci notare a chi sosteneva che semmai una piena avesse travolto quelle auto la cosa avrebbe avuto conseguenze solo per i loro proprietari, che una massa di auto travolta da una piena non poteva certo considerarsi una cosa che avrebbe avuto conseguenze per i soli proprietari delle stesse.
Poi ho pensato alla simmetria che esiste tra il giudizio di costoro e il giudizio (interessato come era interessato il loro) di un qualche assessore che in tante parti d'Italia ha ritenuto che il sistemare (o di fatto condonare) un qualche manufatto, tipo un edificio, posto vicino al letto di un fiume (quando non proprio sopra) non fosse una cosa poi così grave.
Da questo punto di vista sarebbe bello vedere lo stesso entusiasmo e la stessa solerzia che tanti mettono nelle difesa del parcheggio selvaggio, ad esempio nel chiedere più trasporto pubblico o mobilità alternativa. Se ci "ostinasse" ad usare i mezzi pubblici, piuttosto che la bicicletta o il car sharing allo stesso modo in cui ci si "ostina" a parcheggiare come meglio si crede opportuno, probabilmente certi cambiamenti quantomai necessari potrebbero avvenire in modo assai più rapido e drastico. Ma sarebbe necessario un radicale cambio di mentalità. Bisognerebbe uscire dalla logica dei propri "riflessi condizionati".
Francesco

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