L’interpretazione di Freud del sogno dell’Uomo dei lupi e la “scena primaria” (Parte quinta)

Creato il 04 ottobre 2012 da Bruno Corino @CorinoBruno


1. L’antefatto2. La “deviazione” di Freud dal caso dell'’Uomo dei lupi"3. Il complesso d’Edipo, chiave universale dei processi psichici (Freud e l’Uomo dei lupi)
4. L’incubo dell’Uomo dei lupi - Casi clinici, Freud


Durante l’estate, qualche mese prima della notte dell’incubo, al loro ritorno, i genitori trovano il bambino completamente cambiato. Dopo quattro, cinque mesi, all’approssimarsi del giorno di Natale, quindi del suo compleanno, Sergei farà il famoso incubo intorno al quale s’incentrerà l’analisi freudiano. Qualsiasi persona di buon senso ne avrebbe concluso che tra i due fatti (il cambiamento e l’incubo) vi sia una qualche correlazione. Ma l’autore dell’Interpretazione dei sogni non può accettare una tale pista investigativa. Nega che il contenuto manifesto del sogno rimandi a un evento realmente accaduto e terribilmente traumatizzante e oniricamente trasfigurato. La visione fallocratica ed edipica di Freud non gli consente di fare ipotesi iscrivibili fuori da questo schema. Il lupo del sogno dev’essere una traslazione del padre: per Freud e i freudiani non possono esserci dubbi.Per dimostrare tale identificazione, il paziente deve soltanto decidersi a vincere le proprie resistenze e a fornire gli elementi che confermino questa visione. Ma nonostante siano trascorsi diversi anni, Sergei non si decide a dare la chiave che possa risolvere l’enigma del suo incubo. Freud ha in testa questo schema: «Un avvenimento reale – che risale a un’epoca remota – guardare – immobilità – problemi sessuali – evirazione – il padre – qualcosa di terribile» [p. 41], ma per completare il quadro gli occorre la fonte da cui ripartire. Sergei, dunque, deve rivelare l’avvenimento reale, risalente a un’epoca remota. Solo così i pezzi possono incastrasi in modo perfetto. Ma lo fa sotto la pressione di una autorevole minaccia. Ed è così che finalmente Sergei si decide a rivelare l’immagine remota che ha riattivato il contenuto del sogno angoscioso: «è la scena di un coito tra i genitori, avvenuto in condizioni piuttosto insolite e particolarmente favorevoli all’osservazioni». Fu possibile accertare anche l’epoca dell’avvenimento: quando i bambino aveva circa un anno e mezzo. Addirittura Freud può anche stabilire l’ora in cui questa scena primitiva è accaduta: le cinque del pomeriggio. In un caldo pomeriggio d’estate, i genitori semivestiti si sono ritirati in camera per un sonnellino pomeridiano. Il bimbo si trova in camera perché a quel tempo soffriva di malaria. Al suo risveglio, il bambino assiste a un coitus a tergo, ripetuto tre volte, riuscendo a vedere sia l’organo genitale di sua madre che il membro del padre. Più avanti [p. 86] Freud scriverà che il bambino interruppe il rapporto sessuale dei genitori defecando. Ormai per Freud non ci sono dubbi: le origini di tutte le sue fobie che hanno segnato l’infanzia del bambino sono da ricercare in questa scena traumatica, ma remota. Cosa poi ci sia di così traumatico in una tale scena è qualcosa che solo Freud può intendere! Per assistere a una tale scena, in cui il bambino vede i genitali di entrambi i genitori, quantomeno doveva essere sul loro stesso letto. Ma il bambino come faceva a interpretare tale scena come una scena di violenza? L’avrebbe tutt’al più scambiata per un gioco! Ora che Freud ha ottenuto il suo scopo, può ricostruire finalmente i rapporti tra il contenuto manifesto e i pensieri onirici latenti alla luce della presunta scena primaria: «Era notte e mi trovavo nel mio letto. Il secondo periodo riproduce l’esordio della scena primaria. “Era notte” è una deformazione per “avevo dormito”. L’osservazione: “sapevo ch’era inverno mentre sognavo, e ch’era notte” si riferisce al ricordo che il soggetto ha del sogno, non già al contenuto di questo. Tale osservazione è esatta; era una delle notti precedenti il giorno del suo compleanno che coincideva col giorno di Natale». «Improvvisamente la finestra s’aprì da sola. Da tradurre: “Improvvisamente mi svegliai da solo”, ricordo della scena primaria […]». «Il grosso noce. Rappresenta l’albero di Natale, cioè un elemento attuale; ma anche l’albero della storia dei lupi, sul quale si rifugia il sarto inseguito e ai cui piedi stanno in agguato i lupi. A quanto ho costatato più volte, l’alto albero è anche un simbolo del guardare, del voyeurismo […]». «I lupi. Il loro numero, sei o sette. La storia dei lupi parla di un branco, senza indicare il numero. La precisazione nel sogno mostra l’influsso della fiaba dei sette capretti, di cui sei vengono divorati. La sostituzione del numero due della scena primaria (i genitori) con una pluralità che nella scena primaria sarebbe stata assurda, è consona alla resistenza come mezzo di deformazione. Nel disegno che illustra il sognatore porta a espressione il numero cinque, inteso a rettificare presumibilmente l’indicazione “era notte”». «Stanno seduti sull’albero. Sostituiscono in primo luogo in primo luogo i regali che pendono dall’albero di Natale. Ma sono altresì collocati sull’albero perché ciò può significare che guardano. Nella storia del nonno sono raggruppati sotto l’albero; dunque nel sogno il loro rapporto con l’albero è invertito, donde può desumersi che il sogno presenti altre inversioni del materiale latente». «Lo guardano con concentrata attenzione. Il particolare proviene decisamente dalla scena primaria ed è entrato nel sogno a prezzo di un capovolgimento totale». «Sono tutti bianchi. Questo tratto in sé non essenziale ma fortemente sottolineato nel resoconto del sognatore deve la sua intensità a un’ampia fusione di elementi desunti da tutti gli strati del materiale e combina dettagli secondari delle altre fonti del sogno con un frammento più significativo della scena primaria. Quest’ultima determinazione risale indubbiamente al bianco del letto e degli indumenti intimi dei genitori; ad esso si aggiunga il bianco delle greggi di pecore e dei cani da pastore (allusione all’esplorazione sessuale condotta dal bambino sugli animali), il bianco della fiaba dei sette capretti, in cui la capra bianca viene riconosciuta dalla zampetta bianca. Vedremo più oltre che la biancheria candida contiene altresì un’allusione alla morte». «Stanno seduti immobili. Ciò contraddice l’elemento più rivelante della scena osservata: l’intenso movimento che mediante la posizione a cui dà luogo stabilisce il collegamento tra scena primaria e storia dei lupi». «Hanno code come le volpi. Ciò è inteso a contraddire una conclusione che il bambino ha ricavato dalla ripercussione della scena primaria sulla storia dei lupi; tale conclusione va considerato il risultato più importante dell’esplorazione sessuale: l’evirazione è dunque una realtà. Il terrore con cui è accolto questo risultato dell’indagine si apre alla fine una strada nel sogno e ne provoca la conclusione». «La paura di essere divorato dai lupi. Al sognatore questa paura non sembra motivata dal contenuto del sogno. Riteneva che non avrebbe dovuto intimorirsi, giacché i lupi avevano piuttosto l’aspetto di volpi o di cani e non si avventano su di lui come per morderlo, ma erano anzi tranquillissimi e niente affatto terribili. Notiamo che il lavoro onirico si è per un certo tempo sforzato di rendere inoffensivi gli elementi penosi mediante trasformazioni in senso contrario (i lupi non si muovono, hanno bellissime code). Ma alla fine l’espediente fallisce e la paura esplode. Essa trova modo di esprimersi grazie alla fiaba in cui i capretti-bambini vengono divorati dal lupo-padre. È anche possibile che questo contenuto fiabesco abbia ricordato al bambino minacce scherzose fattegli dal padre mentre giocava con lui, talché la paura di essere divorato dal lupo può essere sia una reminiscenza sia un elemento sostitutivo dovuto a spostamento».
Continua…

[Cito questo caso nella versione: Sigmund Freud, Casi clinici, 7L’Uomo dei lupi. Dalla storia di una nevrosi ossessiva. 1914, Boringhieri, Torino 1977].


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