L’interventismo militare di Obama di fronte all’avanzata commerciale della Cina in Africa

Creato il 28 novembre 2011 da Eurasia @eurasiarivista

Cina - Libia - Uganda - USA :::: di Mark P. Fancher :::: 28 novembre, 2011 ::::  

Il presidente Obama usa la propria esperienza di costituzionalista per spargere la violenza e imporre il proprio diktat imperiale in Africa. Ha mosso guerra alla Libia per negare infine di averla fatta. Invia truppe in Uganda ed altre nazioni dell’Africa centrale, proprio nel momento in cui l’Uganda scopre di possedere immense riserve di petrolio. I militari sono in Uganda per proteggere il paese, il cui esercito è molto preparato, o l’obiettivo è tracciare una frontiera per contrastare l’”avanzata commerciale cinese nel bacino del Congo”?
Ancor più emblematiche dei recenti interventi militari sono state le analisi giuridiche che sono state offerte dall’amministrazione Obama per giustificarli. Contrariamente a quel che si crede, la legge statunitense non permette al Presidente il dispiegamento di truppe secondo la propria volontà, anche se è il Comandante in Capo. La costituzione USA dà il potere di dichiarare guerra solamente al Congresso.

L’Africom in soccorso delle brigate razziste anti-neri
Esistono alcune emergenze che rendono necessario il ricorso alla forza militare prima di una formale dichiarazione di guerra. Il Congresso vota quindi una Risoluzione sui Poteri di Guerra (War Power Resolution) autorizzando il Presidente al ricorso alla forza militare nel caso che una legge specifica lo permetta o nel caso che gli Stati Uniti siano sotto attacco. Abbiamo il diritto di chiederci se le circostanze che potrebbero giustificare giuridicamente l’utilizzo della forza in Libia e Uganda siano presenti. Tuttavia, questo non è stato un ostacolo per un’amministrazione che sembra determinata a collocare le forze statunitensi in suolo africano.
Quando i “ribelli” libici, che si autodefinivano “Brigata per la liberazione dagli schiavi/pelli nere”, e altri hanno cominciato il loro attacco contro il governo libico, accompagnati dal pestaggio e linciaggio sistematico dei neri, l’Africom (il commando africano degli Stati Uniti) si è precipitato in soccorso di questa massa violenza mascherata come rivoluzionaria. In questo modo, hanno permesso la messa in moto di una massiva invasione della NATO, che è culminata nell’odioso assassinio di Muammar Gheddafi. Quando le ostilità hanno avuto inizio, il Congresso non aveva dichiarato guerra, e non esisteva alcuna legge che permettesse un attacco contro questo paese, né la Libia aveva attaccato in alcun modo gli USA. Ma, in risposta a queste problematiche, Obama, eminente specialista di diritto costituzionale, ha volontariamente ignorato la Costituzione per assecondare la Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza ONU.
In qualunque modo s’interpreti la Risoluzione 1973, è impossibile concludere ragionevolmente che, eccetto il ricorso immediato alla forza per un cambiamento di regime, escludesse tutte le altre soluzioni della crisi libica. Essa si appellava in particolare all’Unione Africana perché inviasse “il suo Alto Comitato ad hoc in Libia per facilitare il dialogo in modo da portare a riforme politiche giudicate necessarie per trovare una soluzione pacifica e duratura”.

Motivazione trovata: le atrocità delle Armate del Signore
Parallelamente, nel caso dell’Uganda, l’Amministrazione Obama ha recentemente inviato cento militari USA a cui aggiungere il dispiegamento di “forze addizionali” entro un mese. La caccia ai comandanti dell’”Armata della Resistenza del Signore” (dichiarata responsabile di atrocità su vasta scala e di distruzioni per più di vent’anni) è stata motivata dalla necessità di servire “gli interessi della sicurezza nazionale americana e la politica estera”. Nuovamente, come nel caso della Libia, non vi è stata alcuna dichiarazione di guerra del Congresso contro l’Armata della Resistenza del Signore. Obama rivendica la possibilità di inviare truppe equipaggiate al combattimento in Uganda sulla base di una legge del 2010, chiamata “Disarmo dell’Armata della Resistenza del Signore e Recupero del Nord dell’Uganda”.
Effettivamente, quella legge dichiara che la politica ufficiale degli Stati Uniti è di “lavorare con i governi regionali a una soluzione globale e permanente del conflitto in Uganda e nelle altre regioni toccate, fornendo un sostegno politico, economico, militare e informazioni per uno sforzo multilaterale nella protezione dei civili”.
Tuttavia, questo testo impone alcune istruzioni specifiche al Presidente, il cui ruolo è semplicemente di elaborare un piano che dovrebbe :
-rinforzare gli sforzi della NATO e dei governi della regione per fronteggiare l’Armata della Resistenza del Signore;
-valutare le opzioni per una cooperazione USA con I governi regionali;
-presentare un piano elaborato tra diversi agenti per assestare la politica USA in rapporto all’Armata della Resistenza del Signore;
-descrivere gli equilibri diplomatici nella regione.
Anche se supponessimo che il potere di dispiegare truppe in Uganda fosse implicito nella legge del 2010, il testo è sufficientemente ambiguo da permettere al Presidente Obama di trovare anche, e facilmente, un modo per evitare l’intervento militare. Quindi, tutto porta logicamente a riflettere sul perché l’amministrazione Obama si sia sentita obbligata a distorcere o interpretare la legge in un modo che portasse all’uso di forze armate in Libia e Uganda.

L’Uganda, presto un grande produttore di petrolio
Per quanto riguarda la Libia, la semplice risposta di molti è che vi sia un interesse a prendere il controllo totale delle riserve petrolifere del paese. L’incessante campagna di Gheddafi per l’unità africana e per l’indipendenza totale dall’Occidente ha fornito un incentivo supplementare. Ma l’Uganda, invece? Storicamente, non è mai stato visto come un punto focale per l’intervento militare incentrato sul petrolio.
Un articolo dell’Economist, l’anno scorso, ha fornito qualche risposta, sottolineando: “l’Uganda diventerà presto un produttore [di petrolio] di media statura, al livello di paesi come il Messico. Gli investimenti stranieri in Uganda dovrebbero quasi raddoppiare quest’anno, fino a 3 miliardi di dollari. Si calcola che il paese guadagnerà 2 miliardi di dollari all’anno per il petrolio, a partire dal 2015.
L’articolo presenta altri dati, che spiegano le motivazioni americane con l’osservazione che il presidente ugandese “…sembra abbagliato dalle promesse cinesi di promuovere la costruzione di una raffineria di petrolio e di favorire la produzione di plastiche e fertilizzanti ugandesi partendo dal petrolio… [M]olti governi e compagnie occidentali, invidiosi, vorrebbero fermare l’avanzata della Cina nel bacino del Congo, con le sue vaste riserve di minerali e legno”.
Il mondo africano sta subendo un numero troppo alto di pressioni. Esse includono il fermo dominio dell’amministrazione Obama sull’Africom , e il ricorso generalizzato alla forza militare, per ptroteggere gli interessi delle corporazioni occidentali. Ma il peggio è l’utilizzo opportunista o la distorsione dei limiti giuridici del potere esecutivo per assecondare gli obiettivi delle multinazionali in Africa. È tragico che popoli di buona volontà possano guardare ad un corpo di leggi e vedere opportunità per una pacifica e produttiva soluzione delle crisi, e nello stesso momento l’amministrazione Obama possa vedere solamente opportunità per la violenza e per l’imposizione del proprio diktat imperiale su di un continente sfruttato e mortificato.

Traduzione : Xavière Jardez – titolo e intertitoli : AFI-Flash
* Titolo originale: Obama’s Tragic Rorschach Perceptions of the Law, Africa and Military Intervention (Black Agenda Report – 25/10/11)

http://www.blackagendareport.com/content/obama%E2%80%99s-tragic-rorschach-perceptions-law-africa-and-military-intervention


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