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L’intervento di Stefania Bonaldi sul finto “caso” Piloni visto come dal di fuori

Creato il 29 gennaio 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Va notata la delicatezza della sindachessa Stefania Bonaldi nell’affrontare la spinosa questione dei rimborsi che a Piloni spettano per legge, ma non per buona parte della violenza antipolitica e fascistoide oggi diffusa. Nove milioni di italiani non possono accedere alle cure sanitarie, sono esclusi o auto-esclusi, non vanno dal medico di base né dallo specialista né dal dentista perché non hanno i soldi, secondo dati Cisl. Guaio che in Lombardia si sente ma anche al Sud: donne e pensionati le vittime di questa sperequazione. Ciò non toglie che, anche se il caso di Matteo Piloni sia una briciola al confronto, il sindaco giustamente dia tutte le spiegazioni. Stefania Bonaldi parla però più da compunta amministratrice che da donna politica. È puntuale, precisa. Ma le leggi sono generiche e astratte e i casi singoli sono concreti. Applicare una legge significa congiungere un principio a un dato di fatto: non è automatico, il contesto sociale può rendere discutibile il semplice rispetto delle leggi positive. Oggi si direbbe volentieri che se si può bisogna fare qualcosa di più e di meglio. Se il Pd di Crema è sulla buona strada si vedrà. Bonaldi dà un rendiconto di un gesto amministrativo. La scelta politica è già stata fatta. Sensibilmente, il Pd rinuncerà a chiedere rimborsi.

Vorrei aprire il mio intervento ringraziando i consiglieri del M5S per la serietà con cui interpretano la loro funzione di controllo. Sono stata capogruppo di opposizione e capisco quanto sia fondamentale per gli interessi della collettività essere attenti e approfondire i problemi.
Li ringrazio anche perché hanno sollevato la questione dei rimborsi, questo mi darà modo di esprimere qui un parere documentato e nel contempo di manifestare pubblicamente la mia fiducia nel presidente del consiglio comunale, Matteo Piloni, che apprezzo per lo zelo con cui esercita la sua funzione e per la costante presenza nel suo ufficio pubblico, certamente ben superiore alle ore oggetto di richiesta di rimborso. Matteo Piloni non meritava il clamore riservatogli e che, sono certa, va molto oltre le intenzioni dei consiglieri del M5S. Esiste inoltre una interpellanza dei consiglieri del Pdl sul punto, che non è oggetto del presente ordine del giorno ma che riguarda questo argomento, dunque mi auguro di dare risposte anche a loro e interverrò per rispetto a chi svolge il compito di “oppositore”, lo dico tra virgolette, per tutelare gli interessi della comunità.
Prima di addentrarmi nel merito “tecnico” delle spiegazioni ritengo però doveroso precisare che, come sindaco, non mi è consentito negare diritti riconosciuti, quelli del PD come di qualunque altro datore di lavoro. Perché è di un normale rapporto “datore di lavoro – Comune” che stiamo parlando. A nessuno, sia tratti di Amministrazione Comunale o di sindaco, è dato operare discriminazioni tra datore di lavoro e datore di lavoro.
Il profilo della legittimità, sul qualche interverrò subito, non è dunque minimamente in discussione, anche se va riconosciuto che esiste un livello diverso, che ricondurrei alla “opportunità”. In politica le questioni di opportunità possono superare quelle di sostanza, perché un politico, come la moglie di Cesare, non dovrebbe solo essere onesto ma anche apparire, a noi non sono permesse digressioni sul punto. Troverei grave, ad esempio, che un amministratore intervenisse sul proprio profilo fb o inviasse mail a raffica durante le sue ore di lavoro per un’azienda pubblica o privata. Questo, a differenza del caso di cui stiamo discutendo, implicherebbe profili di responsabilità ben più rilevanti che quello della sola opportunità.
Ma torniamo al campo che ci interessa, quello appunto della “opportunità”, sebbene formalmente legittime, le richieste di rimborso del datore di lavoro PD possono apparire inopportune.
Un partito politico è un datore di lavoro particolare la cui vocazione sta proprio nella buona conduzione della cosa pubblica, inoltre, si dice, i partiti ricevono già rimborsi da parte dello Stato per finanziare le proprie attività. L’argomento diventa ancora più sensibile se consideriamo che siamo nel mezzo di una crisi senza precedenti e le risorse andrebbero orientate verso chi è in difficoltà.
Motivazioni rispettabili che devono qualificare il nostro impegno e il rapporto con le risorse pubbliche, come proprio il M5S testimonia attraverso l’autoriduzione degli emolumenti a molti livelli, tuttavia non viene negato un diritto, semplicemente si sceglie di non esercitarlo e lo si fa autonomamente, non ci sono sindaci o presidenti di provincia o di regione a consigliare di rinunciare al dovuto.
Sul piano formale esiste un diritto pieno al rimborso da parte del datore di lavoro PD. Ed un ente pubblico, a meno che non voglia cadere nell’arbitrio, deve fondare le proprie azioni sul rispetto formale delle prescrizioni di legge. Sembrerà originale, ma qui ci siamo limitati a rispettare le leggi e continueremo a farlo, considerato che il potere legislativo, popolato da esponenti di tutte le identità politiche, non viene esercitato qui a Crema.
La questione dell’opportunità invece esiste, non possiamo negarla, ma rimane in capo ai titolari di un diritto, nessuno può sostituirsi ad essi.
Per questa ragione condivido e apprezzo il gesto del Pd, che di sua volontà ha deciso di congelare il proprio diritto, sacrosanto, a richiedere i rimborsi, a partire dal mese di ottobre 2012. Una manifestazione di sensibilità che coglie lo spirito dei tempi difficili che stiamo vivendo.
Aggiungo tuttavia che qualora il datore di lavoro PD un domani decidesse diversamente, come Amministrazione Comunale non potremmo opporre il benché minimo ostacolo alla richiesta di rimborso, perché pienamente legittima e rispettosa della normativa vigente.
Vengo ora al profilo tecnico amministrativo.
Innanzitutto, la documentazione di dettaglio del datore di lavoro per le ore richieste a rimborso è a disposizione di qualunque cittadino presso i nostri uffici segreteria. Questa è una notizia certamente in possesso dei consiglieri comunali, come tutte quelle che afferiscono alla vicenda di cui ci stiamo occupando. Gli uffici competenti, non certo il sindaco o il suo staff, provvedono alla liquidazione delle ore richieste, a titolo di rimborso, dai datori di lavoro degli amministratori. Come sempre avvenuto e come sancito dalla norma.
Il complesso della procedura comporta la produzione di un duplice livello di documentazione:
a) Un’attestazione, elaborata dagli uffici comunali, (avente efficacia interna) in ordine all’effettiva attività istituzionale svolta dall’amministratore (riunioni, commissioni, ricevimento cittadini, organi istituzionali collegiali ed altro).
b) Un’autocertificazione, sottoscritta ai sensi del DPR 445/00, dal lavoratore titolare del mandato amministrativo, per il tempo impegnato a svolgere attività connessa al mandato medesimo, nei limiti temporali previsti dalla legge.
In base agli accertamenti così compiuti, il datore di lavoro è in grado di verificare la congruenza delle assenze del lavoratore con le attività istituzionali per le quali richiedere il rimborso, che viene disposto dagli uffici, e non dal sindaco, a fronte di un primo esame di coerenza tra l’attività svolta dal consigliere e l’importo orario dovuto al datore di lavoro stesso.
In forza dei principi di responsabilità di cui al dpr 445, si può ben ritenere che la attestazione del consigliere faccia stato fino a prova di falso in ordine alla veridicità di quanto in essa sostenuto. Tale autocertificazione a firma del consigliere comunale, nello specifico quella prodotta dal presidente del consiglio comunale, viene vistata dal sindaco per una prassi amministrativa da anni invalsa presso il nostro Comune ed ampiamente documentabile anche per il passato, alla quale la sottoscritta si è puntualmente attenuta.
Dunque il sindaco vista una autocertificazione del consigliere delle ore svolte in Comune, non vista invece, come ho letto sui media e come viene riportato nella interpellanza dei consiglieri del Pdl, le richieste di rimborso, che non passano nemmeno dalla scrivania del sindaco.
Preso atto però di alcune allusioni lette nei giorni scorsi, ritengo corretto evidenziare che la responsabilità di quanto dichiarato è, ai sensi di quanto ho detto prima, da ascrivere al consigliere dichiarante, mentre al visto del sindaco non può che imputarsi un significato di semplice e formale presa visione.
Non è certo il sindaco tenuto a vigilare rispetto alla presenza del consigliere comunale in Municipio ed a monitorare il numero di ore giornaliere di presenza espletate, sebbene la sottoscritta, così come la struttura comunale, possa testimoniare una presenza massiccia, quasi quotidiana, del presidente del consiglio comunale in Municipio. Circostanza che può piacere o meno, che può apparire opportuna o meno, ma che rappresenta un dato di fatto e come tale intendo riferirlo. E tra l’altro evidenzio anche che i compiti relativi al mandato da svolgere possono ben espletarsi anche al di fuori delle ore rese “a Palazzo”, come tutti i consiglieri comunali sanno bene.
In ogni caso gli uffici preposti, e non il sindaco o il suo staff, successivamente, ed in sede di liquidazione del rimborso al datore di lavoro, sono tenuti, nel caso intravvedano una qualche anomalia, e, in ogni caso, a campione, o comunque tutte le volte lo ritengano opportuno, alla verifica della doppia corrispondenza, vale a dire la corrispondenza tra le attività istituzionali effettivamente svolte dal consigliere, l’attestazione rilasciata in forma di autocertificazione e la richiesta di rimborso del datore di lavoro.
Dunque, quale che sia il datore di lavoro, il Comune è tenuto allo svolgimento di verifiche circa questo doppio livello di coincidenza, senza che ciò debba costituire oggetto di un particolare ed onorato impegno a fare, trattandosi di mera applicazione di legge. In questo, come in tutti i casi nei quali perviene al Comune una richiesta di rimborso da qualsiasi datore di lavoro degli amministratori.
Considerato peraltro il clamore che si è voluto dare a questo caso, ho deciso che provvederò a proporre, nei tempi e nei modi opportuni, un protocollo che, nel rispetto della normativa, sia in grado di rendere ancora più immediata e trasparente l’applicazione dei diritti degli amministratori in tale campo.

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