Presidente, Ministro, Colleghi,
la posizione del Partito Democratico è chiara e netta. In Sicilia, le cause che hanno portato alla protesta sono serie e profonde, vengono da lontano e sono ormai drammatiche sul piano economico e sociale. Spetta alla politica e ai livelli di Governo locale, regionale e nazionale, farsene carico con serietà e rigore. Sul metodo della lotta vogliamo essere altrettanto netti, il metodo usato nella protesta che ha segnato e paralizzato la Sicilia provocando dei danni economici rilevanti in questi giorni è discutibile. C’è del bene? Si, senza dubbio. Il bene è rappresentato da forze sociali spontanee che vanno responsabilizzate e chiamate insieme alle legittime organizzazioni di categoria a dei tavoli istituzionali, per farne emergere il profilo propositivo e costruttivo della stessa protesta. C’è del male? Altro che, anche questo va detto senza ambiguità e reticenza. Il male nella protesta è ra ppresentato da forze ambigue e in alcuni territori dalle stesse organizzazioni mafiose, che hanno interessi e per anni hanno dominato ed esercitato una funzione devastante, nel campo soprattutto degli autotrasporti. Presenze che vanno stroncate senza tentennamenti o giustificazionismi.
Sulle cause bisogna comprendere che la crisi viene da lontano e il mondo dei trasporti, dell’agricoltura, della pesca e dell’artigianato sono i primi a pagarne terribili conseguenze, in termini di alti costi, soprattutto del gasolio che non li rende più competitivi nei mercati globalizzati. Le radici di questa crisi sono antiche e anche in questi giorni sono emerse in tutta evidenza. Già lo scorso anno il governo Berlusconi aveva promesso di risolvere una serie di problemi, primo tra tutti quello relativo ai tempi di imbarco, valutando anche l’ipotesi di introdurre corsie preferenziali per il trasporto dei prodotti ortofrutticoli. In particolare: la verifica presso la Commissione europea della possibilità di ottenere una deroga sui tempi di guida e di riposo al fine di evitare nel computo dei tempi di guida quello trascorso in attesa dell’imbarco da e per la Sicilia; il ripristino delle agevolazioni delle cosiddette “autostra de del mare”, per trasportare i beni sulle navi con ripercussioni positive sul traffico; il trasferimento dei fondi FAS in favore del settore Infrastrutture. Nessuna di queste promosse, nonostante le ripetute sollecitazioni del governo regionale sono state rispettate.
Ministro, non le deve sembrare forzata la lettura che le proporrò, in sintesi, sono sempre più convinto che è ormai in frantumi il patto storico che ha tenuto unita l’Italia nei 150 anni che abbiamo appena finito di celebrare. Il patto sostanziale di cui parlo lo possiamo così sintetizzare: il Nord produce, il Sud consuma i prodotti del Nord. Il Nord ha puntato tutto sulle attività produttive ed organizza intorno ad esse i migliori servizi: dagli asili nido, alle scuole, alle università, dai servizi sociali alle strutture sanitarie… Il Sud consuma i prodotti del Nord e trae il proprio reddito da quel malefico sistema assistenziale che snerva tutte le migliori vocazioni produttive, come è avvenuto in Sicilia e nel Sud e assegna alla politica una funzione perversa di intermediazione di ogni bisogno attraverso un’escalation che porta l’intermediazione a farsi burocratica e clientelare e spesso affaristico – mafiosa.
Con la globalizzazione, è ormai evidente a tutti che questo patto non regge più. Si è ormai disintegrato per cui il nostro Paese è chiamato a un nuovo patto per cui la politica deve riformarsi e trovare in se la forza per svolgere un’altra più nobile e qualificata funzione e così essere capace di guidare il Paese per far diventare tutte le Regioni terre di produzione e selezionare una classe dirigente che spicca e compete al meglio nel saper coniugare legalità e sviluppo. Nella crisi del patto Nord-Sud si innestano anche delusioni più recenti che in Sicilia sono ancor più cocenti. Mi riferisco a chi sino al recente passato dal pulpito del governo nazionale e dalle stesse aule del Parlamento ha promesso “mari e monti”, come l’abbattimento del costo del gasolio, incentivi senza precedenti e copiose e diffuse infrastrutture. Niente di ciò è avvenuto e quando la misura intel ligente del credito di imposta varata dal Governo Prodi ha raggiunto risultati positivi e trasparenti in termini di crescita, riuscendo nello stesso tempo a mettere in crisi il perverso sistema dell’intermediazioni, è stata dai successivi Governi Berlusconi messa prima da parte e poi ridotta ai minimi termini. Così si è fatto sulle infrastrutture e sul sistema degli incentivi alle imprese nei settori dell’agricoltura della pesca e dell’artigianato. La protesta esplode mentre la spesa pubblica non è più in grado di mantenere in piedi il vecchio sistema e la stessa politica non è capace di far emergere e guidare uno nuovo processo di cambiamento economico e sociale.
Bisogna quindi voltare pagina e riorganizzare il patto che tiene insieme il nostro Paese. Ministro, colleghi, pensate come sarebbe innovativo e oserei dire rivoluzionario, nel senso democratico, progettuale e progressivo del termine, stabilire degli indici per la dotazione infrastrutturale e dei servizi che il nostro Paese tutto, intende avere nel giro di pochi anni per competere e fare un salto di qualità senza precedenti.
Il Parlamento, il Governo, il sistema delle Regioni e delle autonomie locali decidono questo indice e poi regione per regione si individuano le carenze, le risorse e gli interventi per approssimarsi velocemente al parametro stabilito. Le risorse andrebbero distribuite regione per regione in modo oggettivo al di la che siano al Nord o al Sud, senza discrezionalità e intermediazione, senza promesse generiche per aumentare false illusioni per fini biecamente elettorali. Quanto spetta al Veneto o alla Sicilia non lo devono stabilire i cosi detti rapporti di forza, ma il Parlamento e il Governo con risorse definite, infrastrutture utili, tempi certi e verifiche mese per mese dei risultati. Ecco perchè Ministro, è necessario cambiare passo radicalmente, se vogliamo evitare che la protesta imbocchi la sterile strada dell’antico ribellismo, accompagnato dalla strumentalizzazione politica e in molti territori, dall’azione diretta delle stes se organizzazioni mafiose.
A questo proposito, per quanto riguarda il metodo della protesta, Ministro, come dicevo anche all’inizio, la nostra impostazione deve essere altrettanto chiara e in grado di distinguere il bene dal male. Il bene è rappresentato da quelle aziende agricole che non sono più in grado di competere con le altre aziende della stessa Europa, presenti in Spagna, Francia, Germania, Olanda, perchè i costi diretti e indiretti sono diventati insopportabili, per cui molti agricoltori in piena crisi si sono lasciati coinvolgere in buona fede di fronte a uno spiraglio che si è aperto di rabbia e di protesta. Stesso ragionamento vale per il mondo della pesca, per le aziende artigiane e per le realtà dell’autotrasporto. Cosi pure molti giovani studenti si sono tuffati nella contestazione sapendo che il loro destino, per la maggior parte di loro , a prescindere dal titolo di studio e dai loro meriti, è segnato dalla disoccu pazione o meglio dall’inoccupazione. La parte sana della protesta va ascoltata, va fatta sedere nei tavoli locali e nazionali responsabilizzandoli e chiamandoli a tirar fuori idee e proposte.
Stesso rapporto trasparente e leale bisogna avere con il Governo regionale.
Ministro, aver tenuto bloccati per anni i fondi FAS di spettanza della Sicilia per un bieco ricatto politico, ha causato solo danni all’economia e alla società siciliana piuttosto che alla stessa politica; aver bloccato attraverso gli enti delle Ferrovie dello Stato e dell’Anas le opere pubbliche e infrastrutturali già decise e finanziate è stato un gioco meschino teso solo a richiamare all’ordine chi non intendeva stare più all’interno di una maggioranza in crisi e in declino. Ministro, il Governo Monti deve agire diversamente: si sblocchino queste risorse e naturalmente si vigili affinchè siano legate direttamente alle finalità infrastrutturali e produttive previste. Si controllino i cantieri per fare delle opere pubbliche senza alcuna presenza di imprese mafiose. Anzi, si promuovano le imprese che denunciano la mafia e si abbia il coraggio di applicare quella parte dello Statuto Siciliano che prevedano il me ccanismo di compensazione dei costi energetici e fiscali che le imprese che veramente operano nell’isola debbono sopportare.
Proprio in questi giorni bisogna stare attenti a quanto sta accadendo all’opera pubblica – “mitica” – del Ponte sullo Stretto di Messina. Non ho nulla in contrario sul taglio dell’investimento per il ponte sullo stretto, ma serietà vuole che si indichino le finalità infrastrutturali sostitutive da utilizzare in Sicilia in modo da non sottrarre al territorio siciliano la risorsa di un miliardo e seicento milioni di euro prima destinata al ponte.
Adesso mi lasci toccare il punto più delicato, la presenza della mafia nella protesta. Questa presenza c’è stata, guai a minimizzarla o giustificarla. Io stesso in quest’Aula del Senato per ben due volte ho sollecitato il Governo ad agire con fermezza. Fa bene il Presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello a denunciare la presenza mafiosa. Ancora tutti aspettiamo una chiara e libera presa di distanza dalla mafia del movimento “Forza d’Urto” che ha provato a capeggiare e primeggiare sulla protesta. Sulla innegabile presenza mafiosa bisogna fare di più e sia chiaro che anche nei giorni scorsi bisognava agire con più fermezza identificando gli esponenti mafiosi presenti nei blocchi, usando, se necessario, anche il fermo di polizia, perchè questa protesta andava sin da subito liberata dalle infiltrazioni.
Ministro, da tempo denuncio una presenza mafiosa nel settore degli autotrasporti, mi riferisco ad esempio al clan degli Ercolano e dei Nardo. Ministro, lei stessa vuole fare una verifica più puntuale? Si faccia inviare dalle forze di polizia la geografia della protesta, soprattutto in quelle località tra la provincia di Catania e di Siracusa, con in testa Lentini. Si faccia spiegare chi si è mosso nella provincia di Palermo, in alcune zone dello stesso corleonese, in provincia di Trapani con in testa Mazara del Vallo. E’ probabile che scoprirà la presenza della mafia in tutti quei comuni dove sono state chiuse nei giorni della protesta tutte le attività, negozio per negozio con un ferreo controllo del territorio tale da consegnarci città e paesi deserti e attività economiche completamente bloccate. In questi casi scoprirà che c’è una facile sovrapposizione tra i territori controllati dalla mafia con la presenza in loco di aziende di autotrasporti legate direttamente o indirettamente alle famiglie mafiose.
Giuseppe Lumia