Può un’opera narrativa riuscire a evocare con vivezza di particolari e precisione storica un periodo tra i più tormentati della recente storia del nostro Paese? Nel caso de I Lupi di Palermo, ultima fatica dello scrittore Carlo Santi, la risposta è senz’altro positiva.
La vicenda è ambientata nei primi anni ’90, un periodo tragico, quando Cosa Nostra sferrò un attacco allo Stato che a molti parve quasi invincibile. Santi descrive, con ritmo e scrittura accattivante, le gesta fittizie ma assai verosimili del commissario Matteo Alfonsi e dei cosiddetti Lupi di Palermo, combattiva ed eroica squadra d’elite dell’Antimafia.
Abbiamo raggiunto l’autore per una breve intervista relativa al suo nuovo romanzo, senza tralasciare però l’altra incarnazione di Carlo Santi, il suo ruolo di editore piccolo ma combattivo, quasi quanto il “lupo” Alfonsi…
In questo nuovo romanzo torna in scena il Commissario Alfonsi, protagonista di un altro tuo fortunato romanzo, Delitti al castello, uscito lo scorso anno. Possiamo considerare I lupi di Palermo una sorta di prequel a quel libro?
Direi di sì! I lupi di Palermo è, di fatto, il prequel di Delitti al castello, infatti il commissario Matteo Alfonsi è lo stesso protagonista che troviamo in entrambi i romanzi. Mentre Delitti al castello è ambientato ai giorni nostri, ne I Lupi di Palermo narro la storia di un Alfonsi giovanissimo quando, nei primi anni ’90, entra da “pivello” a far parte della squadra antimafia di Palermo. Parliamo di vent’anni prima. Tra l’altro, il contesto del nuovo romanzo è inserito in un periodo molto triste per noi tutti, quando la Sicilia, e non solo quella regione, si è trovata in piena guerra di mafia.
Il tuo mi sembra quasi un romanzo di meta fiction, quanto all’ambientazione e ai precisi riferimenti storici: sei d’accordo con questa definizione?
Anche su questa definizione mi trovi d’accordo. Anzi, se permetti la battuta, direi che I Lupi di Palermo, piuttosto di essere un’opera di meta fiction, è più un romanzo metà fiction e metà reale, nel senso che ho cercato di trattare argomenti e ambientazione, almeno in alcuni casi, basandomi su fatti realmente accaduti in quel periodo. Poi ho condito il tutto concedendomi alcune libertà narrative. Il mio obiettivo non era solo quello di raccontare la bella e interessante storia poliziesca del commissario Alfonsi, bensì condividere virtualmente con lui i momenti topici della sua rocambolesca attività. Credo che il fatto di utilizzare la narrazione in prima persona fornisca al lettore lo strumento per entrare in sintonia con il personaggio principale, che è altresì l’io narrante, immedesimandosi facilmente con lui e vivendo la storia come fosse egli stesso il protagonista. La scelta di basarmi su fatti realmente accaduti e la contestualizzazione della storia in quel periodo particolare fanno sì che il lettore riesca a “vedere” il film che sta leggendo. A maggior ragione se quel periodo l’ha vissuto direttamente, per cui riconoscerà molti passaggi, rendendo il tutto molto più realistico. Almeno, è stato questo il mio intento.
Ne I lupi dai per realmente accaduta la famigerata trattativa Stato-mafia: qual è il tuo punto di vista sulla scottante questione?
Le trattative Stato-mafia sono esistite da sempre, anche prima dell’avvento dei Corleonesi di Riina e Provenzano. La mafia esiste da prima dell’unità d’Italia, quindi da quasi due secoli. Ci sono prove e fatti che dimostrano trattative segrete fatte e rifatte dalle istituzioni, non solo dallo Stato italiano, bensì anche fuori dai confini nazionali. Nel libro narro alcuni episodi, che qui non cito per non togliere il gusto della lettura. Comunque sia, è notizia di questi tempi quella di un processo in merito alla trattativa dello Stato, o pezzi segreti e deviati, che affermano sia esistito un confronto all’epoca dei Corleonesi. Non lo dico io, ma la magistratura, per cui mi fido. Il mio pensiero è che la mafia è forte perché crea sistema, è essa stessa sistemica e verticistica, nonché presente ovunque, anche e soprattutto nelle istituzioni dello Stato. Se così non fosse, non avrebbe la forza che esprime tutt’oggi.
Innanzitutto ti ringrazio del complimento. Scrivere è comunque un’abilità: più ti “alleni” a farlo, meglio ti riesce. Anche leggere tanto migliora la capacità di scrittura. Direi che oggi sono più “allenato” in entrambe le cose, rispetto a qualche anno fa, poiché non smetto mai di andare in “palestra”, letterariamente parlando.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere il libro e quali sono state le tue fonti?
Quasi un anno, soprattutto approfittando delle ferie di agosto e di quelle natalizie 2012; poi ho deciso di prendere due mesi “sabbatici” (gennaio e febbraio 2013) durante i qualie ho solo scritto e basta, altrimenti non ne sarei uscito vivo. Quando scrivi una storia, meglio ancora se scribacchi in prima persona, ti immedesimi così tanto nella narrazione che arrivi al punto di non saper pensare ad altro, tanto è la concentrazione. Le mie fonti sono innanzitutto la personale conoscenza storica di quel periodo; inoltre ho approfittato della conoscenza di alcuni amici poliziotti della Catturandi di Palermo (che cito sovente nel libro) e l’aver seguito, anni or sono, alcuni interventi di magistrati antimafia come Ayala, Grasso e il migliore di tutti, il dottor Antonino Caponnetto (ex capo del pool di Palermo ai tempi di Falcone e Borsellino), che ho incontrato personalmente nel 1997. I loro racconti sono stati per me fonte di ispirazione, non solo storica per alcuni passaggi sconosciuti ai più, bensì per la loro ideologia nel combattere la mafia e i sacrifici che sono costretti a fare per mantenere un minimo di riservatezza, per ragioni di sicurezza personale e delle loro famiglie. Ne I Lupi narro la vita vissuta nel pericolo, nella paura e nei sentimenti da uomini e donne, prima che da poliziotti.
Consentimi una domanda provocatoria: oltre che scrittore, sei anche editore. Quale delle due attività ti regala maggiori soddisfazioni?
La risposta è quasi scontata. Scrivere mi rilassa, mi allontana dal mondo ed è un ottimo modo per liberarsi momentaneamente dalla quotidiana tristezza imposta dalla vita reale. Fare l’editore diventa, sempre più, un rischio d’impresa; a volte mi crea qualche ansia e non sempre gli autori sono di supporto, bensì il contrario. In pratica, fare l’editore mi stressa, mentre scrivere mi rilassa e, quindi, mi soddisfa.
Il Carlo Santi editore ha una ricetta per combattere la terribile crisi che affligge l’editoria di casa nostra?
Magari ne avessi una, sarei il più grande editore al mondo. Invece sono un piccolo editore, orgoglioso e cocciuto quando voglio e pretendo di pubblicare sempre opere di qualità. Non sempre ci riesco, ma qualche opera straordinaria l’ho pure pubblicata e la cosa mi riempie d’orgoglio. Il problema è fare conoscere queste “perle”, poiché in Italia ci sono vari punti critici nell’editoria. Nove grandi gruppi editoriali detengono il 90% dei libri prodotti, di costoro il 70% sono opera di autori stranieri. Poi c’è la questione dei librai, che sono sempre più convinti che il loro piccolo spazio debba essere occupato solo da grandi nomi della letteratura: non c’è spazio per gli sconosciuti, anche se esprimono grande qualità. Inoltre, la piaga dell’editoria a pagamento, perché pubblica prodotti scadenti e, quei pochi di qualità che comunque esistono anche in quell’ambito si perdono nei meandri di una piaga editoriale che esiste solo in Italia. Ma c’è anche la distribuzione, che costa il 50/55% del prezzo di copertina, più i costi di stampa e della carta che impongono a noi, poveri e piccoli editori, di prevedere prezzi di copertina ancora troppo esosi, soprattutto in questo periodo di crisi generalizzata. Infine gli ebook: in Italia, stentano a decollare per colpa di chi frena la rivoluzione digitale: le lobby della carta e dell’editoria. Ma ce la faremo comunque.
Carlo Santi
I Lupi di Palermo
Ciesse Edizioni, 2013
ISBN 978-88-6660-058-9
pp. 400, € 18,00
disponibile anche in eBook: euro 6,00
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