Ecco, questo è Antonio Pane. Cosa sappiamo di lui? Poco,solo che lo notiamo alle prese con le mansioni più svariati, ogni tipo di lavoro. Uno stakanovista che non si accontenta di un singolo posto? No,un povero cristo che ha perso il lavoro come altri e che ha trovato un modo di sopravvivere: fare il rimpiazzo dei lavoratori che per mille ragioni non possono andar al lavoro in un determinato periodo
Antonio è buono come il pane. Lo dice anche il suo cognome, per questo cerca anche di esser d'aiuto alle persone. Si affeziona a Lucia, ragazza problematica. L'uomo riesce a darle , ogni tanto un po' di serenità, cosa che gli riesce meno con il figlio Ivo, musicista che teme il pubblico e ogni volta rinvia la sua presenza sul palco.
Non è facile vivere di questi tempi, par ci dica il film. Equilibri precari, spezzati,cosa rimane dell'uomo? Poco o nulla. Le sue fobie, le sue debolezze. Leggero e sospeso, passa Antonio , uno convinto di poter fare qualcosa, di essere d'aiuto per gli altri. Un fantasma , più che una persona, lo spettro di quello che eravamo, di quello che siamo stati. E che per mille assurde ragioni non vuole sparire del tutto, non vuole estinguersi.
Amelio gira un film imperfetto,smarrito,lieve , sospeso. Come se fuggisse di mano al suo autore,o come se - il regista- dopo un avvio leggero e da "commedia", percepisse che non c'è nulla da essere allegri, ottimisti, spensierati e il film implode su sé stesso. L'esplosione dinamica verso l'esterno,la società,il lavoro,con le sue immagini reali e concrete, la divisione in categorie lavorative,il ruolo preciso che ognuno deve avere nella nostra società e quindi l'aprirsi agli altri,andare verso di loro,dividere la precarietà e i progetti, venga spazzata via da un dolore personale che chiude ogni apertura.
Molto probabilmente Amelio non è portato per le commedie,e quindi il cortocircuito tra intenzioni e realizzazione esplode e diventa palese in tutta la sua difficoltà. Non è un film riuscito,proprio per questo cambio di registro e perché, a parte Albanese, i giovani debuttanti fanno fatica a dar spessore ai loro personaggi, enfatizzano troppo, spariscono dietro i dialoghi.
Nondimeno le tematiche e lo stile di Amelio si ritrova in questa pellicola sgangherata e che avanza su gambe malferme , storte. Vi sono squarci di sofferenza, di nuda e cruda realtà, di malinconie fortissime,e sopratutto il film è salvato dall'immenso personaggio , interpretato benissimo, di Albanese. Emblema dell'uomo smarrito,che cerca di mantenere le vecchie e sane abitudini del lavoro, dell'unità famigliare, dell'amore e dell'amicizia. Antonio Pane fantasma di epoche passate, in bilico sul suo filo d'erba dondola e dice : che bello.( citazione : Davide Van De Sfroos), il tutto inserito in un contesto profondamente settentrionale,nordico, sia di atmosfera che di realizzazione Un luogo di nessuno,eppure pieno di cantieri,che si muove e dimentica, Immemore dei suoi figli che lavorano,ma non costruiscono più nulla.
C'è amarezza e dolcezza in questo film. Manca però l'equilibrio tra commedia e dramma e l'ultima parte ,appunto, si piega su sé stessa, implode.
L'errore principale di Amelio è stato quello di aver pensato a una commedia,quando in realtà non possiede i ritmi e i tempi di essa,e sopratutto quando la storia , prepotentemente, vuole arrivare ad altro.
Sicuramente non il miglior film del regista de Il Ladro Di Bambini,ma nemmeno quella pellicola orribile che , con troppa severità, molti hanno giudicato
Un'operazione sospesa, imperfetta,ma sincera,profonda, piena di mestizia e di abbacinante dolcezza.