Nel 1912 ebbe inizio la guerra balcanica. Questa guerra aveva come principali protagonisti tre stati balcanici che erano alleati con la Russia: la Serbia, la Grecia e la Bulgaria. La guerra scoppiò per la spartizione delle terre che erano occupate dall’Impero Ottomano che, di fatto, erano territori abitati dagli Albanesi. Dunque le guerre balcaniche vennero alimentate dal nazionalismo estremo greco e serbo, e l’unico fine era appropriarsi delle terre degli Albanesi, possibilmente assimilandoli o addirittura sterminandoli. Le Grandi Potenze regalarono alla Serbia il Kosovo, e fu proprio questa l’area da dove i Serbi iniziarono a realizzare i loro piani per lo sterminio degli Albanesi.
__Il confine dello stato Serbo nel 1817-1878
-------Il confine dello stato Serbo nel 1878
………Il confine dello stato Serbo nel 1913
L'espansione dello stato serbo a discapito delle terre albanesi
Secondo Yusuf Osman, e in base ai registri del catasto, le terre albanesi in quel periodo avevano una superficie di 115.000 km2. In seguito, allo stato albanese rimasero solo 28.000 km2; il resto del territorio passò alla Serbia e alla Grecia. Dopo avere preso le terre albanesi, la Serbia espanse la sua dimensione geografica e demografica aumentando dell'82% in superficie e del 55% in popolazione.
Il Montenegro crebbe del 62% come territorio e del 100% come popolazione.
La Grecia aumentò del 67% in estensione e del 68% per popolazione[1].
Grazie all'appoggio delle Grandi Potenze, la Serbia incrementò la propria popolazione fino ad avere 1,6 milioni abitanti dopo aver ricevuto 13.000 km2 dall'Impero Ottomano, in gran parte territori albanesi. La crescita della popolazione non era naturale. Nel 1886 la Serbia contava 1,3 milioni abitanti, invece nella I Guerra Mondiale arrivò fino a 3,2 milioni abitanti. Come si può vedere, la Grande Serbia, la Grande Grecia e il Montenegro si formarono acquisendo territori albanesi. Il fatto più assurdo è che questi paesi quasi raddoppiarono le loro popolazioni incrementandole con i residenti albanesi.
Durante gli anni 1912-1914 vennero uccisi quasi 26.000 albanesi e ne furono imprigionati altri 21.000; in Turchia ne vennero internati 500.000. Nel 1915 se ne imprigionarono altri 120.000[2]. In quel periodo, dunque, furono internati in totale all’incirca 620.000 albanesi, che vennero sostituiti con 20.000 serbi e 6.000 montenegrini[3]. Negli anni 1912-1915 dalla città di Manastir furono deportati in Turchia un numero approssimativo di 130.000 albanesi.
Leo Freundlich scrive: “Migliaia di uomini, donne, bambini e anziani uccisi e massacrati. Interi paesi bruciati e case saccheggiate. Donne e ragazze trattate in modo disumano. Un paese devastato, saccheggiato, lavato nel sangue e umiliato, ci dimostra che i Serbi in Albania non sono entrati come liberatori, ma come assassini degli Albanesi... innumerevoli villaggi sono stati rasi al suolo, le persone sono state massacrate in massa senza ombra di compassione. Il luogo del quale generazioni di Albanesi poveri avevano fatto la loro patria ormai è trasformato in una distesa di cumuli di rovine. L'intera nazione è stata crocifissa, il sangue continua a scorrere ma l'Europa tace…” (Leo Freundlich, Vienna 1913.).
Edith Durham scrisse nel 1913: “A Shalë (paese albanese N.d.T.) i musulmani o si dovevano battezzare o dovevano morire. A Pec un uomo raccontava che il governo ogni giorno annunciava la fucilazione di dieci uomini. Nessuno sapeva chi fossero e per quale motivo li uccidessero. Li portavano davanti a una grande fossa che sarebbe diventata la loro tomba.”
La terra che i Serbi presero nel 1912 era al 90% di proprietà degli Albanesi ricchi. La Serbia promulgò diverse leggi per espropriarli delle loro terre e darle ai cittadini serbi.
Le uccisioni e la violenza nei confronti degli albanesi continuarono sistematicamente anche dopo la creazione della Jugoslavia. Il giornale di Belgrado Rad scriveva il 5 agosto 1925: “É da diversi giorni che le case bruciano. È difficile sentire le urla dei bambini e dei vecchi che vengono maltrattati per derubarli. La Serbia ha creato una provincia con cittadini di serie B. La stanno bruciando villaggi interi, si massacrano gli uomini e le atrocità sono infinite. Nessuno in questo paese (in Kosovo, N.d.T.) ha scrupoli. Come l’ultimo cannibale, il potere dello stato predica lo sterminio di una etnia a causa della sua identità nazionale e religiosa.”
Dopo che gli Albanesi se ne furono andati dai loro territori e interi villaggi rimasero disabitati, subito furono ripopolati da coloni serbi. L’obbiettivo di questa colonizzazione era cambiare la nazionalità di quei paesi, da albanesi in serbi. In pratica erano rimaste talmente tante terre libere tra quelle che erano appartenute agli Albanesi, che Belgrado pianificò di portare dei Russi dalla loro madrepatria così come in precedenza aveva fatto la Grecia.
I coloni serbi arrivarono anche dall’America, dall'Europa e da altri paesi dove vivevano e lavoravano. Entro pochissimo tempo intere famiglie di origine serba dal niente si trovavano proprietarie di appezzamenti di terreno da 4 o 5 fino a 40 ettari.
Nel periodo fra le due guerre mondiali lo stato Serbo, con la scusa della riforma agraria, espropriò migliaia di ettari di terra che appartenevano agli Albanesi per darli ai Serbi. Durante questo periodo in Kosovo furono trasferite 13.482 famiglie in 594 insediamenti[4].
Nel 1930 lasciarono il loro paese e se ne andarono in Asia 30.000 albanesi; le loro terre furono vendute a bassi prezzi ai coloni montenegrini. Invece altri 6.000 albanesi ritornarono in Albania. La migrazione degli Albanesi proseguiva a ritmi alti, e nello stesso tempo continuava la sostituzione nei villaggi che loro lasciavano con coloni serbi e montenegrini.
[1] Guarda Nuri Bashota, Tokat shqiptare në udhëkryqin e tanishëm ballkanik, Shqiptarët në rrjedhat ballkanike, Prishtinë, 1996, p. 275.
[2] H. Bajrami, Konventa jugoslavo-turke për shpërnguljen e shqiptarëve, “Gjurmime albanologjike”, 1982.
[3] H. Bajrami, Politika e shfarosjes së shqiptarëve dhe kolonizimi serb i Kosovës (1844-1945), Prishtinë 1995, p. 27.
[4] Registro delle colonie del giorno 8/04/1940.
Brano liberamente tratto dal libro Planet për zhdukjen e shqiptarëve dell’autrice Elena Kocaqi