L’invasione dell’ottusità

Creato il 17 febbraio 2014 da Cristiano Porqueddu @Cristiano195

Un collega e amico, Angelo Marchese, ha scritto un post che mi ha fatto riflettere sulla sua bacheca. Tale post descrive la difficoltà di un musicista impegnato nell’approfondimento serio del repertorio e con doti tecniche indiscutibili di trovare possibilità di suonare in Italia.
Non amo citare frasi o post altrui (chi ha la pazienza e la bontà di leggere questa bacheca lo sa bene) ma devo ammettere che mi sento di condividere pienamente il senso di isolamento condiviso dal mio amico.

Osservare la situazione italiana legata alla chitarra classica relativamente all’organizzazione di rassegne concertistiche e quindi alla selezione di programmi che meriterebbero ben diversa attenzione, non è solo sconfortante ma non lascia spazio a speranza alcuna. Se è vero che esistono rarissime realtà dove impegno, serietà e rifiuto manifesto della banalità sono un biglietto da visita che garantisce una corsia preferenziale nella formazione di un cartellone, è anche vero che si continuano a ricevere comunicazione di concerti, quando non di intere manifestazioni delle quali è possibile indovinare la quasi totalità degli autori che verranno interpretati (in genere dai 15 ai 20)

Va bene. L’ho detto molte altre volte che di migliaia di lavori per chitarra se ne eseguono si e no poco più di un centinaio (basti pensare che di oltre 400 concerti per chitarra e orchestra scritti nel Novecento cartelloni e sedicenti direttori artistici continuano a proporne una decina o poco più…) ma constatare che il proprio disagio non è più qualcosa di personale rende la questione ancora più amara. Anzi, corrosiva.

Ad Angelo auguro ogni bene e, come ho già fatto in altre occasioni, più o meno esplicitamente, do lui la mia piena disponibilità per un appoggio di natura artistica, o forse più una fratellanza tra chi condivide un percorso tortuoso la cui soddisfazione è profonda e personale, quasi incondivisibile (anzi, l’atto del condividerla, alle mezze tacche, appare solo una esaltazione di sé).
Ma nello stesso tempo lo esorto a non sognarsi nemmeno di mollare: sono stato meno di una settimana fa nello studio di un grande artista italiano e dalle pareti che lo racchiudevano, dalle sculture che lo adornavano e dai dipinti che lo rendevano un paradiso per i cinque sensi umani ma soprattutto per tutti gli altri, trasudava sì, densa e palpabile l’arte pura, quella che non si ferma alla “comunicazione” ma va ben oltre ma anche una infinita quanto dolorosa solitudine. E il successivo illuminante discorso con altri due artisti ha reso la mia intuizione più che una semplice intuizione.
Non è necessaria la comprensione, Angelo, di direttori artistici o di associazioni o enti. Non serve a nulla fare 200 concerti l’anno se poi il concerto, in realtà è uno solo. E, mi prendo la libertà di dirtelo, non hai tu alcun bisogno di tutto questo. Anzi, non ne hai mai avuto bisogno.

Si sceglie di calcare un percorso liberi dai vincoli esterni sapendo bene che si andrà a sbattere la faccia con una quantità di situazioni e persone che definire infime è un vero e proprio eufemismo. Ma devi credermi se ti dico che essere ignorati da chi non sa leggere i nomi degli autori che proponi nei tuoi programmi o nelle tue future produzioni discografiche è la dimostrazione più forte e tangibile che hai di una sola cosa: che la strada è quella giusta.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :