L'invenzione della memoria

Creato il 10 aprile 2011 da Robomana
Che Sidney Lumet fosse un grande autore non ci sono dubbi. Che abbia diretto alcuni tra i più bei film del cinema americano tra la metà dei '60 e i primi '80 nemmeno. Che, ancora, con quella che sarebbe stata la ultima fatica, Onora il padre e la madre, abbia girato un noir familiare sorprendente per perfidia e audacia stilistica, nemmeno pure in questo caso. Ma che oggi tutti quanti, dai giornalisti ai cinefili via facebook, lo omaggino invocando la fine del cinema d'autore americano mi sembra un po' esagerato. Stesso discorso per quelli che lamentano la sua morte come una sventura: aveva 87 anni, povero lui, e quelli della sua generazione, quei registi che iniziarono a lavorare in tv nei primi '60 e poi passarono a Hollywood dando il via alla rinascita poi firmata dai loro successori, i vari Penn, Peckinpah, Pollack, Altman, Frankenheimer, se sono già tutti andati. Lumet era l'ultimo di quei grandi autori ancora in vita (o forse no, ma a memoria non me vengono altri) e a pensarci bene, prima di Onora il padre e la madre, che era un grande film scopiazzato da tutto ciò che si è girato dopo Tarantino, erano almeno quindici anni che girava robe su commissione o mai riuscite (qualcuno ha per caso citato il remake di Gloria o Per legittima accusa?).
Tutto questo, insomma, per dire che ieri è sì morto un grande, anzi un grandissimo regista, ma non per questo il cinema americano sentirà la sua mancanza. Sono anni che Hollywood ha superato l'esempio di militanza e rabbia stilistica portato avanti da Lumet e da altri come lui, e ieri al massimo si è messa la parola fine su una generazione, non su un modo di fare cinema. Quello purtroppo è finito da tempo, dopo la metà degli anni '80, quando ancora Lumet girava film a ritmo sostenuto e né lui era più quello di qualche anno prima, né il mondo che aveva attorno glielo consentiva.
Quella di Lumet era un'idea di cinema già finita quando io, che ho 33 anni, ho cominciato a guardare film, più o meno a inizio '90, e per me già allora lui era un autore del passato da riscoprire su VHS. Leggere oggi che è ancora viva l'eco di capolavori come Quel pomeriggio di un giorno da cani e La parola ai giurati o di opere profetiche come Quinto potere mi sembra perciò una falsità.
Prendiamo per presente ciò che in realtà è passato, affidando alla memoria il compito di contare gli anni, senza accorgersi che oltre le nostre parole innamorate si distendono interi decenni. La pratica stilistica comune a tanta critica di oggi è questa qui: l'invenzione della memoria.

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