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L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!

Creato il 14 maggio 2012 da Tnepd
L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!Se vogliamo imparare a cambiare le cose, in un amalgama indifferenziato di mondo che somiglia sempre più a un “villaggio globalizzato”, dobbiamo imparare a “realizzarci” spiritualmente.Ma per comprendere cosa debba intendersi, per “realizzazione spirituale“, dobbiamo prima di tutto disseppellire il significato autentico, di parole come  “individualismo“, e  “diversificazione“.Perché? Semplicemente perché non c’è ricerca spirituale, che non sia la ricerca di senso personale, frutto di progressive e continue differenziazioni, di un individuo unico e irripetibile.  “Spiritualità”, e “significato della propria esistenza”( propria e di nessun altro ), sono semplicemente sinonimi. L’individuo si conosce per differenziazioni specifiche, rispetto ad ogni altro e ogni altra cosa. Non è questione di sentirsi “superiori”. E’ questione di sacrosanto diritto, di essere unici e insostituibili.Ogni essere umano degno di questo nome, costruisce il proprio “sistema”, per arrivare a se stesso, e di conseguenza per dare un nome e un significato personale,  al meraviglioso e terribile gioco, che chiamiamo “vita” . Chi è troppo pigro, o troppo inautentico per farlo, scivola invariabilmente in un qualche credo “collettivista”. Un’ideologia politica, religiosa, filosofica, scientifica, tra quelle che si pretendono esaustive e validi per tutti. L’ideologia collettivista è invariabilmente tradotta in “struttura”.  La struttura è sorretta da gerarchie di intermediari, invariabilmente incapaci di dare un significato personale all’esistenza individuale; ma per converso bravissimi, a fornire vitto, alloggio, surrogati di autenticità, nonché giustificazioni ideologiche, alle folle di pigri e inautentici che non sanno che farsene, della terribile libertà di essere individui….
  In un villaggio globalizzato, nessuno è infatti individuo. Una medicina che vada bene per tutti, sia essa politica, economica, spirituale, o chissà cos’altro, non può che avere l’effetto di avvelenarla, l’anima individuale. Ma a chi è in perenne fuga da se stesso, cosa diavolo può fregargliene, di sentirsi “unico e irripetibile”? L’importante, è sentirsi “protetto”. L’importante, è sentirsi “psicologicamente al sicuro”. L’importante è che a loro, i tutti uguali, venga concessa unicamente la libertà di invidiare, e distruggere, chiunque sia diverso…chiunque sia autentico.L’autentico è semplicemente una persona migliore. Una persona prima di tutto moralmente, migliore.Non è una questione gerarchica; del tipo “volersi sentire superiori a qualcuno”. E’ una questione di “essenza”, di “consistenza” e “integrità” personali.L’individuo ha il diritto, di sentirsi in qualche modo diverso e irriducibile a tutto quello che lo circonda. In special modo, se quello che lo circonda è una folla di psicopatici pronti a vestirsi tutti uguali, a provare gli stessi surrogati di emozione; a esibire sorrisi a 36 denti e maschere sociali 24 ore al giorno, per imbottirsi infine di psico farmaci la sera, per potere prendere sonno. -Se questa è “normalità”, poi, un individuo vero ha anche tutti i diritti di sentirsi “superiore”, da un punto di vista gerarchico, secondo me. Sempre si tratti di una gerarchizzazione volta a rilevare il livello di umanità presente negli esseri umani.L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!Lungo la strada della ri-appropriazione di se stesso, l’individuo deve imparare a sentirsi speciale, diverso, unico.  7 miliardi di persone che si sentono uniche e irripetibili, e il mondo non conoscerebbe più l’odio, la malinconia, e la guerra….E lungo la strada della riappropriazione di se stessi,  non sono certo i burattinai che dirigono la società dall’alto, gli unici o i più temibili avversari, con cui si debbano fare il conti. La minaccia maggiore, per ogni guerriero spirituale, si nasconde nelle acque, apparentemente poco profonde, della quotidianità….Il pericolo maggiore, è quello rappresentata dall’influenza o le azioni degli individui inautentici, che minano ad ogni passo la scelte del guerriero spirituale, di fondarsi in se stesso.Non sono i grandi psicopatici, nelle loro stanze dei bottoni, il problema principale con cui abbiamo a che fare. Sono semmai i  “piccoli” psicopatici, quelli disseminati e mimetizzati tra vicini, colleghi di lavoro, parenti e “amici”, amanti. E’ l’invidia, il cancro. E’ l’invidia… E per liberarci della morsa dell’invidioso, dobbiamo prima di tutto saperlo riconoscere dietro i sorrisi e le maschere di affabilità; dietro i consigli “paterni” e “per il nostro bene”. Dietro la sua costante, impietosa, sommessa attività di sabotaggio, ai nostri danni.L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!L’ultima cosa che un guerriero spirituale deve fare, è lasciare che sia un invidioso, un inautentico ( sia esso un vicino di casa, un collega, un conoscente, una amico, un parente, un amante….o chiunque altro ), lo specchio esterno dell’immagine della propria anima interiore. Il guerriero spirituale abbisogna, come tutti, di uno specchio esteriore, per sapersi riconoscere attraverso “l’altro”. Ma trovare uno specchio efficace,  veritiero, per un guerriero spirituale, è una bella impresa in questo mondo di falsità….Un’impresa, che presenta notevoli rischi….Concedere, infatti, a un invidioso, a un parassita energetico, a una persona nemica della propria verità personale, il privilegio di “dirci chi siamo”, o “che nome abbia quello che stiamo facendo”…o anche semplicemente affidarsi ai suoi “disinteressati” consigli ( tutte condotte motivate da ingenuità o eccessiva  “trasparenza”, da parte della persona autentica ), significa esporsi al rischio realissimo di finire completamente dirottati dal proprio viaggio spirituale, e cadere rovinosamente in disgrazia. Fidarsi delle parole di un serpente, è un ottimo modo per trasformarsi in un topolino.Ma chi è l’invidioso? Come riconoscere i sintomi,  di una malattia tanto parassitaria e pericolosa, non certo per il “portatore”, quanto per chiunque di autentico incautamente gli si accosti?L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino! L’invidioso, è una semplicemente persona che scappa il pensiero della propria morte. Scappando il pensiero della propria morte, egli fugge l’esistenza autentica che può testimoniare della sua unicità, ma che richiede di farci i conti, con la propria “mortalità”.L’invidioso fugge l’ineluttabilità…. In maniera diametralmente opposta, rispetto alla condotta della persona autentica, la quale dalla prospettiva ineluttabile della propria, “individuale”, caducità, impara invece a trarre il “carburante” della propria spinta propulsiva all’auto-realizzazione. E’ la “finitezza” di un’esistenza, a conferirle infatti il suo sacro valore. E’ il fatto stesso di essere mortali, che conferisce sommo valore all’arte di costruirsi INDIVIDUI.Non è un caso, che l’intera storia della specie umana, possa essere anche letta, tra le varie chiavi possibili, come la continua guerra degli invidiosi, contro gli autentici.  Il problema principale, in questo scontro atavico, sta nel fatto che una fazione attacca, mentre l’altra generalmente non si difende.  Gli gli autentici, cioè, solo raramente si rendono conto che stanno effettivamente combattendo una guerra spirituale. Sono troppo nobili e puri, e umili, per riuscire a credere, quanto il loro semplice  esistere di fatto, attiri inimicizie dal mondo esterno. Sono gli invidiosi, cioè, quelli che continuano da millenni a dichiarare guerra al mondo dell’autenticità; mentre le persone autentiche, dal canto proprio, non sanno di avere a che fare con dei lupi, travestiti da agnelli. Purtroppo, proprio per questo capita che persone autentiche, spesso e volentieri soccombano infine proprio “grazie” a mille consigli sbagliati, o a mille spiegazioni ingannevoli, fornite loro progressivamente da mille meschini consiglieri diversi…..”Colpo colpo”, un elefante inconsapevole, viene così abbattuto da mille astute formichine. Ciascuna di esse, voleva sentirglisi superiore…E nessuna di loro, a guardarla da vicino, possiede in realtà un volto…L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!Già! Perché l’uomo che non sceglie, non può avere un volto. E’ una maschera. Ma dietro alla maschera, c’è solo un’ombra. L’invidia, è legata alla fuga dalla scelta; la scelta è legata alla realizzazione interiore della propria individuale finitezza. E’ questa realizzazione, che dona una fisionomia unica e irripetibile, al volto di una persona. L’invidioso vive in maniera puramente reattiva. Il suo terrore per la morte, degenera negli anni in terrore per ogni qualsivolgia evento contempli una qualsivoglia ( per quanto minima ) “quantità” di morte. Paura di esporsi; paura di “rimetterci”. Paura di infrangere routines. Scegliere, qualsiasi sia la scelta, in prima persona, è dopotutto sempre  un po’ “morire”. Ma morire in maniera sovrana; da vero artefice della propria individualità. Ma l’invidioso non sceglie. Mettersi in discussione ? E perché, quando posso prendermela con gli altri, per quello che non sono diventato?Solo, non può ammettere apertamente a se stesso questo modo di ragionare.. Sicché prende a manipolare la realtà, a proiettare la propria malevolenza all’esterno; a “incarnarla” in avversari ideologici . Trova altri mediocri al suo pari e si fa dire da loro che lui è OK. Insieme, vessano poi le persone in gamba, che sono sempre in numero inferiore, e che a differenza loro, non sentono il bisogno di organizzarsi in gruppi e fazioni, per gestire un “risentimento collettivo” contro la vita….Gli invidiosi  costruiscono assieme castelli fittizi, ribattezzando insieme la realtà per scoprirsi “vincitori”, anche se non sono mai scesi sul campo; e  per sentirsi RE, senza aver diritto alcuno di governare neppure la propria terra.  I  “re di carta”, li chiamo io. Stanno sempre in branco, pronti a confermarsi a vicenda, che nessun’altra vita , che non sia quello che si sono scelti, è possibili. E pronti a fare a pezzi, in mille modi diversi, chiunque invece  la propria vita abbia il coraggio di determinarsela, non importa a quale prezzo, a furia di scelta PERSONALI. La società in cui viviamo, omologante, impersonale, tetra, certo li aiuta in questa duplice impresa. Da un lato li invita quotidiamente nel parco giochi di illusioni “consumista”. Dall’altro, perseguitando a sua volta gli individui veri. Ad agire in questo modo, l’ “uomo”, l’ “umanità”, dentro l’invidioso, comincia a morire, dentro di lui; e qualcosa di terribilmente sinistro, nasce dalle sue ceneri. Un assassino della propria anima. Ma il problema maggiore non è questo. Il problema maggiore, è che questa gente distrugge tutto ciò con cui viene a contatto. Il problema maggiore, è che questi zombie si aggirano per le strade, pronti a sabotare o perseguitare in maniera più o meno dissimulata, chiunque  possa dimostrare loro che un tipo di vita diversa dalla loro, una vita cioè autentica, è possibile e realizzabile. E’ questo il punto: Essere se stessi richiede coraggio; e l’invidioso non può sopportare uno specchio di autenticità, che rifletta impietosamente la sua codardia di fronte alla vita. Così, cerca continuamente di distruggere gli specchi nobili, autentici. Affinché ci siano solo specchi come il suo. Specchi, per l’appunto, da “villaggio globale”; dove tutti sono nessuno, e nessuno è autenticamente se stesso.L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!Usiamo questa metafora. Prendiamo una persona autentica. Ipotizziamo che si appassioni di boxe. Questo ragazzo un giorno assiste alle prodezze di un fuori-classe; un grandissimo e imbattibile  pugile all’apice della carriera: Il ragazzo pensa: “Ho deciso: un giorno, sarò anche io come lui”. Certo, a muoverlo è anche una forma di antagonismo. Cosa c’è di sbagliato?Certo, le sue parole possono sottendere o esprimere una condizione di gelosia. Ebbene?Antagonismo e gelosia, non hanno niente a che vedere, con il cancro dell’invidia. Non è a questo modo,  che funziona, l’invidia. E questo, con buona pace dei santoni che ci vogliono tutti uguali, tutti invidiosi, tutti intenti a curare la nostra presuntivamente “comune”, malattia dell’anima. Santoni, guru e guide spirituali istituzionalizzate, non è certo un segreto, sono tutte incarnazioni di pensieri ideologici collettivisti. L’ideale, quindi, da prendere alla lettera, lungo la strada che conduce a un villaggio globalizzato. Con la loro fissa per creare “paraocchi da cavalli”, e ammaestrare le persone a cercarsi le travi negli occhi, invece di cogliere i mali reali del mondo….i credi preconfezionati crollerebbero in pochi decenni, alla scoperta inoppugnabile di una realtà indubitabile chiamata INDIVIDUO.Ma veniamo alla condotta dell’invidioso, riguardo all’esempio pugilistico che ho preso in esame. Abbiamo lasciato il nostro aspirante pugile, intento a promettere a se stesso di raggiungere la medesima vetta di quel campione che ha visto. “Un giorno, riuscirò a batterlo!”. Antagonismo; forse una punta di gelosia. A mio avviso, parlare di “individualismo” per poi  demonizzare l’ambizione sarebbe una stupidaggine.Il ragazzo lancia il suo intento nell’Universo.I suoi pensieri, le sue scelte, le sue azioni, sono e saranno, da questo preciso momento, sorrette dal potere di un intento inflessibile. Non importa a cosa andrà in contro. Non importa, quello che dovrà sopportare. Il ragazzo sa, da qualche parte dentro di sé, che la vita è una; che ogni scelta lo porta un gradino più un alto verso la sua meta; e, soprattutto, che non può attendere all’infinito per partire per la sua impresa. Giacché non vi è INFINITO, bensì FINITEZZA, a legare la sua anima a quella precisa esistenza “fisica”.Non importa che il ragazzo concettualizzi questi complessi contenuti di senso. Quello che conta, è che compie, grazie al suo istintivo “sentore” che le cose stanno a questo modo, una scelta definitiva e irreversibile. Nel fare questo, prende in mano il timone della propria esistenza. Nel fare questo, impara a sentire, prima ancora che razionalizzare, che l’esistenza individuale è qualcosa di bellissimo; e che tale bellezza risiede, appunto, nel continuo interagire tra finitezza, mortalità, caducità…da una parte; e desiderio di imprimere il segno dell’eternità, sui  propri passi, dall’altra….L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!E ora, veniamo all’invidioso…Ecco arriva un invidioso, magari un collega, amico, parente dell’altro ragazzo; ecco  contempla anche lui il medesimo fuoriclasse;  le sue prodezze tecniche, atletiche. La sua efficacia. La sua grazia. A differenza del nostro primo amico, quest’individuo ( che tuttavia è improprio definire tale, in quanto la sua è solo un surrogato, di esistenza autentica ), è un personaggio in perenne fuga dalla consapevolezza della propria mortalità. E’ in fuga, quindi, anche dalla propria facoltà di auto-determinazione. Ecco che allora l’invidioso manifesta subito la sua inconciliabile differenza, rispetto all’altro, nei confronti della vita. Eccolo subito intento a coltivare la sua tendenza preferita: quella di mistificare il proprio specchio interiore, ricostruendo una realtà fittizia, per giustificare la propria vocazione all’inazione. L’invidioso sente invidia, per quello splendido atleta. Gli brucia nello stomaco, questo sentimento. Sente immediatamente di non avere il coraggio necessario, per mettersi in discussione; ragione per cui comincia a provare rancore, per quell’atleta che gli spiattella davanti quella che lui percepisce come una sua palese inferiorità…..Non vuole nella maniera più assoluta, continuare a vedersi riflesso in quello specchio. Ma non può nemmeno, d’altro canto, essere onesto con se stesso, il caro edonista; e perciò ammettere la natura dei propri sentimenti. Allora “manipola ” la realtà…. magari, prende a ripetersi, e a convincersi,  che si sente superiore, che non ha nulla da dimostrare…In qualche modo,esibisce come un pavone, a se stesso, una improbabile “eccellenza a prescindere”. E tiene questo atteggiamento, tanto dentro di sé, con se stesso; questo rispetto a quel campione, che non lo sta minimamente considerando, ed esprime semplicemente la propria arte.  Ma lo tiene, soprattutto, nei confronti di quell’alltro ragazzo, quello disposto a sputare lacrime e sangue, e a spezzarsi la schiena, pur di raggiungere il proprio traguardo. Immediatamente lo riconosce come un nemico giurato. Immediatamente, prende a odiarlo. L’altro, è difatti la prova e il testimone, che un tipo diverso di vita è possibile. Se l’altro riesce nella sua impresa, lui avrà la riprova più impietosa, della sua totale inconsistenza di fronte all’esistenza. Il problema è semmai per l’altro: le persone oneste e integre, lo ripeto, solo di rado si rendono conto di essere oggetto di odio, invidia, e rancori. Proiettando la propria bellezza sul mondo esterno, le persone genuine stentano, di solito, a riconoscere nell’invidioso il predatore terribile e implacabile che egli nondimeno è. Non riescono proprio a “tradurla”, a “decodificarla” come reale, l’invidia; non rientrando, questa emozione, tra i colori intensi, e gli effetti policromi, del proprio animo.E invece, guardiamo che “gran bella personcina”, l’invidioso. Svergogniamo qualche minuto quello per cui vive; quello di cui si nutre. Quello che “prova”…Dunque, abbiamo detto:
  • Nei confronti del fuoriclasse..man mano che ne osserva, e contempla le prodezze, cresce in lui il desiderio che quella persona cada dalla vetta che ha raggiunto. E che si faccia molto male, nella caduta, per giunta. Troppo difficile e pericoloso, mettersi in discussione e diventare una persona autentica. Una persona responsabile della propria determinazione esistenziale. Molto più più facile, desiderare e magari augurare, una brutta caduta  di chi eccelle. Per sentirsi meno  a disagio; meno complessato; meno inferiore. Meno codardo. Tutto è lecito, pur di nascondersi la propria impotenza, meschinità, paura di ESISTERE: la propria inabilità, frutto di scelta, ad esistere PERSONALEMENTE. Già, perché nonostante respiri, cammini per strada, sorrida e chiacchieri, e magari sia il più fedele dei consumatori di oggetti e ideologie, di questo attuale sistema, l’invidioso non ESISTE in senso proprio. La sua, l’ho già affermato, è una forma di vita parassitaria, de-centrata, reattiva. Riflessa, nel più impuro anomimato.
  • Nei confronti dell’altro ragazzo, quello disposto da mettere in gioco tutto se stesso, pur di auto-determinarsi. In questo caso, se solo  se ne presenterà l’occasione, l’invidioso farà qualsiasi cosa in suo potere, QUALSIASI COSA, pur di minarne la sicurezza e la stima personale. Se è vero che desidera cada l’esempio eccellente, il campione già all’apice, cosa potrà mai augurare a qualcuno che, per giunta partendo dal suo stesso livello iniziale,  sia disposto a percorrere tutte le tappe formative necessarie, pur di raggiungere il proprio traguardo? Ve lo dico io: odio. Nient’altro che odio PURO, non diluito,  mascherato naturalmente dietro sorrisi affabili a 36 denti…
 L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!E quest’ultimo punto, mi porta all’aspetto della questione che più mi preme condividere. Signori, l’invidioso non è uno che va in giro con un bel paia di corna sulla fronte e una forca in mano. I peggiori psicopatici di questo mondo, impiegano il 70 % della propria energia vitale, proprio per coltivare una maschera. Lo fanno per nascondersi a loro stessi. E ancor più, per nascondere la propria verità esistenziale agli occhi degli altri.Questo procedere non li rende di un’oncia più virtuosi;  li rende però eccezionalmente pericolosi, nei confronti delle persone autenticamente virtuose. I peggiori consigli, i giudizi più avvilenti, i sabotaggi più indegni e sotterranei, arrivano, ai danni delle persone in gamba, proprio di questa tipologia di meschini. Fidarsi di un invidioso, lungo la strada che ci sta conducendo alla nostra comprensione di noi stessi, significa, senza avvedersene, mettersi da soli un cappio al collo.Se le persone non imparano a discernere, discriminare, e a mettere dei paletti, tra sorrisi genuini, e sorrisi da predatori edonisti, non creeremo mai un terreno fertile, per cui la virtù personale  possa un giorno imporsi sul vizio collettivo.Ad oggi, le persone che hanno scelto e scelgono quotidianamente l’inautenticità, la menzogna, la fuga, l’invidia, finiscono dritte dritte a ricoprire cariche prestigiose nel mondo della politica, o nelle istituzioni religiose. Questi ambienti, per come sono stati concepiti e organizzati strutturalmente, non possono che pullulare, di manifestazioni collettive plateali di inautenticità. E’ gente, questa, che preferisce ordinare e controllare il prossimo, invece che cercare se  stessa. E’ gente, ad oggi, che cerca il proprio equilibrio parassitario nel continuo de-centrare gli altri, controllare gli altri;  e nel porli in una condizione di cronica dipendenza. Spirituale, psicologica, economica, energetica. La parola chiave resta comunque “dipendenza”. Il problema dell’invidia, e del suo legame insopprimibile con la scelta esistenziale del singolo, è di portata tale, che ne potremo parlare insieme per innumerevoli post. Forse lo faremo.Quello che oggi mi limito a sottolineare, è che è l’autenticità è appunto, sempre e comunque, una scelta interamente a carico del singolo: è questo, il “dettaglio” che a molti risulterà scomodo. Non importa quello che ti avviene; non importa quello che hai passato, nella vita. O quello che ti attende. Autenticità e inautenticità, sono comunque una scelta operata dal singolo, in base a una predisposizione d’animo che va compresa in profondità, se vogliamo approssimarci al problema in maniera spiritualmente matura. E cambiare qualcosa in meglio, della nostra società. “Invidiosi” una scelta totalmente libera? Non lo so. ”Invidiosi”, come disposizione d’animo nei confronti dell’esistenza; come male dell’anima, che presto diviene incurabile? Di questo, ne sono assolutamente convinto.Per me, poi, la questione può pure essere patologizzata, e giungere a diritto, un giorno, ad occupare la pagine di un manuale di psichiatria. L’invidia una malattia? Sì, mi sta bene. Se esiste una cura, la troveremo. Altrimenti, l’importante è  contenerne gli effetti SUGLI ALTRI.L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!Perché ad oggi, per quantoalmeno i miei occhi possano aver imparato a distinguere, sono proprio gli invidiosi, gli edonisti, gli inautentici, ad occupare pressoché tutti i gradini, delle varie scale del potere.Ed è precisamente questa, una della ragioni principali per cui il mondo là fuori va tanto male. Controllato ad ogni livello da gente che sublima la precisa consapevolezza della propria caducità, atteggiandosi ad imperatori imperituri  del mondo.  Da gente che vuole comandare e controllare gli altri, giacché è straniera e affatto padrona del proprio regno interiore. Gente che puntualmente finisce per sfogare la propria repressa sensazione di impotenza, di fronte all’ineluttabile ciclicità della vita, seminando distruzione e morte spirituale,  economica, fisica, per tutto il pianeta. E tutti, proprio tutti questi signori, fanno tutto ciò che fanno con il sorriso a 36 denti sulle labbra. O almeno, questo è il costante atteggiamento, nel quale vengono immortalati dai  fedeli giornalisti e dai fotografi dei media.L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!Ma il problema, essendo di natura spirituale, nasce ovviamente dal nostro modo di percepire di noi stessi, e di conseguenza di interpretare l’agire degli altri. Se siamo persone autentiche, siamo purtroppo o per fortuna anche degli umili. Se siamo delle belle persone, ahimè, tenderemo anche a proiettare luce su tutti quelli che ci circondano ( in maniera esattamente inversa, al come gli invidiosi proiettano la loro cacca sugli altri ). E allora, dobbiamo imparare a distinguere l’invidioso nella nostra vita quotidiana, prima di pretendere di riconoscerlo tra i volti più “illustri” e famosi. Tra i cosiddetti “amici”, tra parenti, tra semplici conoscenti e persone con cui vogliamo, o dobbiamo nostro malgrado, interagire ogni giorno, si nascondono spesso le  vipere più velenose contro il libero pensiero e l’autodeterminazione. Nemici dell’individualismo, pronti a segarci le gambe, ad ogni istante, se solo se ne  presenta loro l’occasione. Questa gente deve essere libera di andare per la propria strada, di agire per come meglio crede sulla propria pelle, intendiamoci.  Ma devono incontrare “paletti” e confini mentali inviolabili, e il filo spinato robusto e inaggirabile messo lì da una personalità sovrana di se stessa, , ogni qualvolta venga loro in mente di sabotare, da dietro i loro affabili sorrisi, l’opera interiore ed esterna, di una persona autentica. Di una persona, che sarà sempre, rispetto a loro, “moralmente superiore”, in quanto CAPACE di essere se stessa.Mi capita troppo spesso, riconoscere il morbo dell’invidia nella mia quotidianità. La respiro in troppi dialoghi, per la strada.  La ritrovo in ambienti lavorativi, tra amici da “birretta”. Tra parenti, purtroppo. Persino tra i  blog, è tutt’altro che raro sorprendere gente intenta a “competere” per la verità per farsi un nome; o a “scopiazzarsi” l’un l’altro,  invece che collaborare spiritualmente come cellule di quell’ unico organismo, che si chiama Umanità. Capita.   Abbiamo bisogno di virtù e discernimento, signori miei. Della virtù, e dei discernimenti, che soli possono aiutare a fiorire una cultura spirituale dell’individualità. La scelta di cosa farne, della nostra vita, è sempre e comunque nostra. Ma state ben attenti, mi permetto di darvi questo consiglio, e siate parsimoniosi nel concedere alle persone il potere di fornirvi uno specchio di voi stessi. Attenti ai cattivi consiglieri…se siete persone autentiche, siete purtroppo probabilmente anche persone che soffrono la solitudine; e le persone che soffrono la solitudine, spesso si “aprono”alle persone sbagliate… I lupi che si travestono da agnelli, non sono affatto un fenomeno esclusivo delle stanze dei bottoni. E’ quello che accade nella nostra quotidianità, semmai, a rendere possibile quello che si manifesta, poi, nelle stanze dei bottoni. Agiamo nella nostra quotidianità, per veder rispecchiato, là fuori, un mondo finalmente migliore. Questo, il mio umile suggerimento.Ma l’autenticità, del resto, non è cosa da tutti. Se proprio dovete dividere ideologicamente il mondo, vi consiglio perciò di dividerlo tra le due categorie di “autentici”, e “invidiosi”. Non in base a bandiere, colori, credi dogmatici, o altre illusioni. Solo in base a una ben precisa predisposizione d’animo, nei confronti della propria  e altrui esistenza.Una distinzione realissima e antichissima, che continuerà ad operare, nel mondo, a prescindere dal fatto che la riconosciate come reale,  o meno. Ma se la riconoscete, potrete impedire, finalmente che vi nuoccia. Mettere dei confini, allontanare gli intrusi dal nostro processo di auto-edificazione. E quello che fate per voi stessi, ricordate, lo fate per l’intero Universo.Tutto qui…Provateci, se volete. Magari, tra qualche anno, riusciremo a “furia di passi” personali nella medesima direzione,  a far curare finalmente invidia, edonismo e psicopatia, in ogni loro forma ed espressione, in apposite strutture medico-sanitarie; e magari a porre qualche autentico, qualche virtuoso, qualche “genuino” e coraggioso essere umani, una buona volta al centro della vita spirituale, politica, economica e morale, di una collettività.Non è facile. Certo. Ma si chiama ESISTERE. L’invidia? Penso che fidarsi delle parole di un serpente, sia un ottimo modo per trasformarsi in un topolino!Come disse una volta Bruce Lee: “E’ facile, stupire e affascinare con movimenti acrobatici e appariscenti. Ma esprimere gunuinamente se stessi, senza maschere o artifici…questa, amico mio, è una cosa molto difficile, da realizzare….” Ed è anche l’unica strada che sia degna di uomo libero, aggiungo io.Un abbraccio controcorrente

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