l’Istituto

Creato il 17 aprile 2015 da Francosenia

Boris Nicolaïevski, grande biografo di Marx, nel 1937 riconosceva che, per ogni mille socialisti, forse solo uno aveva letto un libro di Marx, ed ogni mile antimarxisti, nessuno. Quarant'anni prima, nel 1897,, un grande teorico e militante - parlo di Antonio Labriola - si domandava se gli scritti di Marx fossero mai stati letti interamente da qualcuno, al di fuori del gruppo dei suoi amici più intimi e dei suoi collaboratori. Profeticamente, si chiedeva se "quest'ambito letterario", questa situazione ermeneutica avversa, non fosse uno dei colpevoli della cattiva assimilazione, della decadenza apparente e della crisi del pensiero di Marx. Con pessimismo, concludeva: "Forse. un accesso adeguato ai suoi scritti è un privilegio da 'iniziati'." Nikolaïevski e Labriola - e non solo loro - erano convinti che il destino di Marx sarebbe sempre stato un destino di fraintendimenti, di equivoci, di pessime esegesi, di strani mascheramenti e di invenzioni gratuite. Ma anche una sorte peggiore attendeva l'opera marxiana: incarnarsi, come ortodossia, nei partiti e nei futuri Stati che avrebbero proclamato retoricamente che la sua "opera era senz'altro viva".
Labriola avvertiva circa un altro ostacolo, ancora più impervio e pericoloso: la scarsissima disponibilità di scritti di Marx e l'impossibilità di poter contare su edizioni affidabili. Il lettore intrepido doveva affrontare, secondo Labriola, le stesse condizioni estreme che affronta qualche filologo, o storico, per poter studiare i documenti dell'Antichità. Basandosi sulla propria esperienza, si domandava: "Quante persone ci sono al mondo che hanno la pazienza sufficiente a passare anni... alla ricerca di una copia de 'La miseria della Filosofia'... o di quel libro singolare che è 'La Sacra Famiglia'; gente che sia disposta a sopportare, al fine di disporre di una copia della ' Neue Reinische Zeitung', più fatiche di quelle che normalmente affronta un filologo o uno storico per poter leggere e studiare tutti i documenti dell'antico Egitto?" Ma avvertiva anche a proposito di un pericolo ancora maggiore: il demone della volgarizzazione. "come possiamo essere sicuri che molti scrittori, soprattutto pubblicisti, non abbiano avuto la tentazione di prendere le critiche degli avversari, oppure delle citazioni incidentali, o ancora delle inferenze pericolose basate su passi sciolti, o ricordi vaghi, usandoli come elementi necessari a costruirsi un Marxismo di loro invenzione e a loro modo?"
Qui, veniva solo constatata una difficoltà fattuale che era nata col marxismo stesso e che è arrivato come uno stigma fino ai giorni nostri: l'enorme difficoltà a stabilire e ad editare, con criteri scientifici aggiornati, le sue opere complete. Labriola sosteneva che per l'SPD (Partito Socialdemocratico di Germania), che era in possesso dei manoscritti, "era un dovere del partito tedesco fornire un'edizione completa e critica di tutti gli scritti di Marx ed Engels; intendo, un'edizione accompagnata da prologhi descrittivi e dichiarativi, da indici di riferimento, da note e riferimenti... Dovranno essere aggiunti agli scritti già pubblicati in forma di libro o di opuscolo, gli articoli dei periodici, i manifesti, le circolari, i programmi e tutte le carte che, essendo di interesse pubblico e generale, hanno un'importanza politica e scientifica". E concludeva: "Non c'è da operare alcuna scelta: dev'essere messa a disposizione dei lettori tutta l'opera scientifica e politica, tutta la produzione letteraria dei due fondatori... ivi incluso l'occasionale. E non si tratta di riunire un Corpus Iuris, né di redigere un Testamentum juxta canonem receptum, ma di raccogliere gli scritti con attenzione, di modo che essi stessi parlino a chi ha voglia di leggerli". Riconosceva inoltre che la propria vita aveva impedito a Marx di scrivere la sua opera secondo i canoni dell'arte di fare libri, per cui la sua letteratura erano frammenti di una scienza e di una politica in costante divenire. Il Marxismo, se esiste qualcosa che possa chiamarsi così, era essenzialmente un sistema aperto. Labriola aveva in tal modo già segnato con chiarezza sufficiente i criteri di una politica editoriale, insieme ai problemi materiali oggettivi che comportava la 'Nachlass' di Marx (ed Engels). La sfida editoriale non sarebbe stata raccolta dal partito-guida dell'Occidente, ma du yn giovane Stato in piena guerra civile: la Russia dei Soviet.
La prima guerra mondiale del 1914-18 - sommata alla rivoluzione vittoriosa nella Russia dell'ottobre 1917 - provocò una forzata e prolungata parentesi nella diffusione iniziale - seppur lenta, timida e manipolata - del Martx segreto. Ma già nel lavoro editoriale realizzato dall'SPD si era cominciato a vedere, in forma a volte grossolana, la manipolazione e la tergiversazione di cui avrebbero potuto soffrire i manoscritti marxiani quando i loro contenuti confliggevano con gli interessi ristretti della "ragione di partito". E come nell'alchimia finale si perdesse, non solo il pensiero stesso di Marx, ma anche il potenziale lettore e militante. Il fatto era che intorno al 1910, nell'ambito culturale dell'austro-marxismo, si era cominciato a discutere il progetto di un'opera completa di Marx ed Engels (i socialdemocratici austriaci avevano già cominciato a pubblicare una rivista marxologica di enorme importanza, la Marx-Studien, tra il 1904 ed il 1923 a Vienna). Max Adler, Otto Bauer, Adolf Braun, Rudolf Hilferding e Karl Renner, i luminari dell'austro-marxismo, si erano riuniti a Vienna, nel corso della famosa Koferenz del gennaio 1911, con Riazanov, un socialdemocratico russo, collaborando poi con l'archivio di Berlino del SPD. La lettera di intenti era stata firmata a Vienna, il 1° gennaio del 1911, da Adler, Bauer, Braun, Hilferding, Renner, tutti austro-marxisti, e da Riazanov. Vennero qui stabiliti per la prima volta le linee editoriali di un'edizione scientifica di Marx, e sorsero anche i primi problemi: chi avrebbe finanziato una simile impresa editoriale? L'SPD non era assolutamente interessato. Appariva all'orizzonte la necessità tecno-finanziaria di un'edizione popolare, sullo stile della futura Werke. I preparati vennero interrotti dallo scoppio della Grande Guerra.  Ma si cominciava a percepire una certa sensibilità nata dalla necessità di avere un'edizione completa ed affidabile degli scritti di Marx. Dopo la vittoria ed il consolidamento della rivoluzione bolscevica, il destino degli scritti di Marx sembrava per la prima volta essere stato baciato dalla dea Fortuna. Tutto il potenziale di uno Stato si identificava con la sua opera e metteva a disposizione della sua diffusione ogni risorsa disponibile. L'uomo che poteva assumere, con serietà professionale, onestà intellettuale ed efficacia, un tale compito nel partito socialdemocratico russo, dal momento che il suo lavoro precedente ed il suo passato intellettuale lo qualificavano in maniera indiscutibile, era senza dubbio David B. Goldendach, un ucraino-ebreo conosciuto col nome di battaglia: Riazanov, Ryazanoff o Bukoved.

Vivo Lenin e conclusasi la guerra civile - e con il dominio del sistema del partito unico a partire dal 1918 - durante il IX Congresso del VKPb (Partito Comunista Pansovietico, bolscevico), un uomo della vecchia guardia si alza e dichiara: "Il Parlamento inglese può fare tutto, tranne che cambiare un uomo in una donna. Il nostro Comitato Centrale è molto più potente: ha già cambiato, e più di una volta, un uomo rivoluzionario in una brava donna, ed il numero di brave donne si moltiplica in maniera incredibile". Nel 1922, lo stesso uomo si oppone pubblicamente alla pena di morte rispetto alle esecuzioni sommarie dei militanti socialrivoluzionari o dei militanti socialisti. Chi è questo pazzo audace? Odessa, in Ucraina, era una grande città autonoma e cosmopolita, dove, secondo le parole di Pushkin, "si può sentire l'odore dell'Europa, si può parlare francese e leggere la stampa europea", aveva visto nascere il 10 marzo 1970, in seno ad una ricca famiglia ebrea, David Zimkhe Zelman Berov Goldendach. Nella città viveva una numerosa comunità ebraica (il 37% della popolazione, secondo il censo del 1897). Città di tristi progrom zaristi  (1821, 1859, 1871, 1881, 1905), città di sostegno economico-culturale del Sionismo. David, detto Riazanov, fu una delle figure più capaci, impegnate e rilevanti dei primi tesi anni della storia sovietica. Eccentrico, dotato di una memoria eccezionale, di un personalità umorale e romantica ed imbevuto di una capacità illimitata di lavorare. Un suo vecchio amico, Steklov, lo ricorda: "leggeva sempre, dovunque: quando camminava, mentre si trovava in compagnia di altri, mentre cenava". Trotsky lo definisce come "organicamente incapace di codardia", aggiungendo che "ogni ostentazione di lealtà gli ripugnava". Spesso oppositore delle posizioni di Lenin (si considerava un bolscevico non-leninista) o del potente Stalin (che, in piena campagna contro Trotsky, interruppe durante un congresso, esclamando: "Lascia perdere, Koba! Non metterti in ridicolo. Lo sanno tutti, assai bene, che la teoria non è il tuo forte"). Lunacarskij definisce Riazanov come "indiscutibilmente l'uomo più colto nel nostro partito", ma anche talmente indipendente che John Reed lo descrive come un uomo-frazione, come "un'amara oggettiva minoranza di uno". David era stato rivoluzionario fina dall'adolescenza, passando gran parte della sua giovinezza in prigione, deportato o in esilio. A 14 anni era "correo segreto" dei populisti; a 16 venne espulso dal Liceo per insufficienza in greco antico. Viene arrestato per la prima volta nel 1887. Nelle dure condizioni della prigione zarista, organizza la vita dei prigionieri politici intorno a tre cose: ginnastica (mattina e sera), divieto di fumare, e turni fissi di studio (durante i quali era proibito far rumore). In prigione prepara letture di Marx e traduce gli scritti dell'economista David Ricardo. Nel 1890, già in esilio in Europa, a vent'anni, partecipa come rappresentante russo al Congresso di Bruxelles della II Internazionale, e stabilisce rapporti personali con personalità del socialismo europeo: August Bebel, Karl Kautsky, Eduard Bernstein, Rudolf Hilferding, Charles Rapoport, ed anche con la figlia di Marx, Laura e con suo marito, Paul Lafargue. La necessità lo costringe a parlare varie lingue (tedesco, francese, inglese; riesce a farsi capire anche in polacco ed in italiano). Nel famoso Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, del 1903 in Belgio, che sancisce la scissione fra bolscevichi e menscevichi, Riazanov critica il nuovo settarismo di Lenin, il feticcio antidemocratico del "centralismo democratico" e le tendenze organizzative antidemocratiche. Al di fuori delle due tendenze, organizza un proprio gruppo autonomo di finanziamento della Seconda Internazionale e lotta per costruire un partito socialista copiato dal modello tedesco. Torna in Russia nel 1905, entrando a far parte delle organizzazioni degli operai metallurgici di San Pietroburgo. Viene arrestato nel 1907 e riprende, ancora una volta, il cammino dell'esilio europeo. Nei successivi dieci anni, vivrà in Occidente e si dedicherà, negli interstizi della sua vita militante, a ricercare e scrivere sulla storia dell'anarchismo, del socialismo e del movimento operaio europeo. Scrive sula rivista teorica del SPD, diretta da Kautsky, "Die Neue Zeit"; scrive sulla rivista teorica della socialdemocrazia austriaca, diretta da Bauer, Renner y Braun, “Der Kampf”. Un importante legame di affetto e militanza di quegli anni duri, fu quello che ebbe con il padre dell'austromarxismo Carl Grünberg, fondatore dell'ingiustamente dimenticato "Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung", conosciuto semplicemente come il “Grünberg Archiv”. Grünberg (1861-1940), austiaco-rumeno, fu il primo marxista ad ottenere una cattedra in un'università dell'Impero tedesco. Sulla rivista pubblicata dallo Institut für Sozialforschung (la famosa “Scuola di Francoforte” fondata nel 1923 dallo stesso Grünberg) scrissero notevoli teorici della nascente sociologia, come  Robert Michels o Franz Oppenheimer, economisti come Henryk Grossmann, filosofi marxisti come Rodolfo Mondolfo, eminenti giuristi come Hans Kelsen, fino a Kautsky, Mehring lo stesso Riazanov (come Rjasanoff: per esempio en 1916 presentando una lettera inedita di Jacoby a Marx). Contribuirono alle sue pagine Korsch, Lukács, Max e Friedrich Adler, biografi e storici come Max Nettlau, Gustav Mayer e Boris Nicolaiievski; il che indica numerosi punti di contatto con l'origine del "Marxismo Occidentale" o non-leninista ed il lavoro di diffusione degli scritti di Marx. Riazanov si guadagna la meritata reputazione di essere una delle voci più autorevoli su Marx, Engels e la storia del marxismo. I suoi principali lavori di questo periodo sono su Marx e sulla Russia zarista, su Marx ed il giornalismo, su Engels e la questione polacca, per la più parte pubblicati in tedesco ed anche in russo, sulla rivista teorica di Lenin,  “Prosveshchenie”, o sulla rivista dell'ala sinistra, “Sovremennii Mir”. Nel 1909 ottiene un'autorizzazione come  Benützer (utente) dalla Anton Menger Stiftung, che possiede un’inestimabile biblioteca di classici anarchici e socialisti (circa 16mila volumi), al fine di poter pubblicare documenti della Prima Internazionale. Questo lavoro gli permette di entrare in importanti biblioteche ed archivi di tutta Europa. Inoltre, la sua amicizia con Bebel e Kautsky gli consente libero accesso alla vasta biblioteca del SPD ed al deposito dei manoscritti di Marx ed Engels; mentre la sua amicizia con la figlia di Marx, Laura Lafargue, gli dà la possibilità di investigare gli archivi familiari. così, per esempio, nel 1911, mentre riordinava questi archivi, trova diverse bozze di lettere inedite: erano le risposte polemiche di Marx a Verza Zasulich: vennero pubblicate nel 1923. Arrivato a questo punto, un contemporaneo avrebbe potuto dire che Riazanov "conosceva fino ai punti e virgola gli scritti di Marx e di Engels". E non si sarebbe sbagliato! L'SPD gli chiede di continuare il lavoro irregolare, finora svolto da Mehring, di divulgazione degli scritti dimenticati ed inediti. Fino all'inizio del 1917, Riazanov è riuscito a pubblicare due volumi di scritti di Marx ed Engels del periodo del decennio 1850, fra cui circa 250 articoli, sconosciuti al grande pubblico ed apparsi su giornali come “The New York Tribune”, “The People’s Paper” e “Neue Oder Zeitung”. Naturalmente non smise la militanza: partecipò alle scuole appartenenti alle divisioni interne del Partito Operaio Socialdemocratico Russo: nel 1909 con Aleksandr Bogdanov, il leader bolscevico non-leninista, e la sua scuola quadri a Capri (finanziata da Maxim Gorky); nel 1911, alla scuola di  Longjumeau (Parigi), diretta da Lenin. In quel periodo fu alleato di Trotsky, confrontandosi con il tandem Plekhanov-Lenin e collaborando con la rivista menscevica "Golos". Scoppiata la guerra nel 1914, partecipò alla Conferenza di Zimmerwald, organizzata dai socialisti critici del social-sciovinismo e dell'imperialismo. La rivoluzione di febbraio 1917 lo trova esiliato in Svizzera. Torna in Russia a maggio, attraversando Germania e Polonia, così come aveva fatto Lenin un mese prima, insieme a 280 compagni di ogni colore e appartenenza politica (dai leader menscevichi Martov e Axelrod, a socialrivoluzionari ed anarchici). Milita nel  “Mezhraiontsy”, un gruppo inter-distrettuale di Pietroburgo fondato nel 1913, formato da bolscevichi non-leninisti, menscevichi di sinistra ed internazionalisti (fra gli altri: Trotsky, Lunacharsky, Sukhanov, Joffe, Uritsky, ecc.). Obiettivo della piattaforma, quello di unificare le due frazioni de POSDR. Nel luglio-agosto, dopo i tentativo di colpo di Stato, si fondono con i bolscevichi leninisti. Prima dell'ottobre 1917, Riazanov diventa uno dei più importanti oratori ed attivisti sindacali. Viene eletto alla presidenza del II Congresso di tutti i Soviet e membro esecutivo del Consiglio Centrale Sindacale di Russia. Ad ottobre, si oppone al "putsch" e all'insurrezione armata proposta da Lenin. Dopo la presa del potere, lavora come membro esecutivo del Commissariato all'Educazione sotto la direzione di  Lunacharsky. Su molte questioni cruciali, si oppone alle posizioni del partito: sostiene l'esistenza di un sistema sovietico pluripartitico, e non smette di definire "compagni" i menscevichi ed i socialrivoluzionari. Si oppone alla dittatura del Comitato Centrale, all'uso della forza e alla repressione contro i partiti operai, alla dispersione della recentemente eletta Assemblea Costituente (dominata dai menscevichi e dai socialrivoluzionari), alla repressione contro i socialrivoluzionari, al Trattato di Brest-Litovsk. Nel dibattito sulla questione sindacale si oppone a Trotsky e a Lenin, difendendo l'indipendenza e l'autonomia dei sindacati. Lotta con forza per la libera espressione dentro il partito, la legalità frazionaria, la democrazia genuina.
Una crociata donchisciottesca contro la burocrazia. Il suo prestigio, intellettuale e militante, fa sì che nessuno abbia l'autorevolezza per farlo tacere o per cercare di espellerlo (neppure Lenin). Però, poco a poco, viene neutralizzata la sua influenza, dapprima nell'ambito sindacale. Riazanov non si lascia intimorire: già morto Lenin, durante il Congresso del partito, nel 1924, dichiara: "senza il diritto e la responsabilità di esprimere le nostre opinioni, questo non può chiamarsi Partito Comunista". In un discorso all'Accademia degli Insegnanti, dichiara: "Non sono bolscevico, non sono menscevico; e non sono leninista. Sono soltanto un marxista, e in quanto marxista sono comunista". Sapeva di essere condannato.

Nel corso della guerra civile e del segreto intervento internazionale, Riazanov viene nominato direttore dei servizi di archivio della giovane repubblica, . Fra il 1918 ed il 1920, lavora con competenza e con enormi energie, salvando biblioteche, documenti e materiali d'archivio dei diversi Stati ed amministrazioni e si guadagna il rispetto e la lealtà dei tantissimi specialisti ed accademici non-bolscevichi, soprattutto all'Università di Mosca. Alla fine del 1920, il Comitato Centrale promuove l'idea di fondare un "Museo del Marxismo", idea che Riazanov trasforma in qualcosa di completamente diverso: un Istituto, un laboratorio in cui storici e militanti possano studiare, nelle condizioni più favorevoli, la nascita, lo sviluppo e la maturazione della teoria e della pratica del socialismo scientifico, e che, allo stesso tempo, si trasformi in un centro di diffusione ("propaganda scientifica", secondo le parole di Riazanov) del marxismo stesso. Nel gennaio del 1921, il Comitato Centrale approva la fondazione dell'Istituto Marx-Engels (IME), che avrà sede a partire dal dicembre del 1921 nel palazzo espropriato un anno prima al principe Dolgorukov, situato nel quartiere Znamenka, anticamente settore Malo-Znamenky, poi durante l'Unione SOvietica via Marx-Engels, e oggi di nuovo Znamenka. Riazanov crede che il marxismo (se esiste qualcosa del genere) non possa essere compreso isolatamente dal contesto storico. L'Istituto si propone di studiare i classici, relazionandoli all'ampia storia dell'anarchismo, del socialismo e del movimento operaio europeo. L'IME includerà una biblioteca, un archivio, e un museo, suddiviso in cinque dipartimenti: Marx ed Engels, storia del socialismo e dell'anarchismo, economia politica, filosofia e storia dell'Inghilterra, Francia e Germania. Nel corso degli anni, se ne aggiungeranno altri: Prima e Seconda Internazionale, storia della scienza, storia della sociologia, storia del diritto, della politica e dello Stato, relazioni internazionali, storia del marxismo nel movimento operaio, ecc.. Sei mesi dopo, l'IME, viene messo sotto la giurisdizione del Comitato Esecutivo del Congresso dei Soviet (dei quali Riazanov è membro). L'obiettivo? Porre completamente l'Istituto sotto il controllo diretto del Partito Comunista. Riazanov non si arrende allo spirito autoritario della mentalità di partito. L'IME comincia ad essere osservato come una fucina di dissidenti (su 109 membri, solo 39 avevano la tessera del Partito).
La biblioteca era il cuore dell'Istituto. Non includeva solo opere scolastiche sulla storia dell'anarchismo, socialismo, comunismo e movimento operaio, ma anche libri rari, incunaboli, giornali, opuscoli, manoscritti, prime edizioni di classici (da Moro ed Harrington fino al "Manifesto comunista"). Riazanov aveva messo insieme questa collezione a partire da diverse fonti. All'inizio, l'Istituto si era rifornito esclusivamente per mezzo delle biblioteche nazionalizzate, a partire dal 1917, della stessa Russia, come per esempio quella di Taniéèv, che contenva un'eccellente collezione di autori socialisti ed una rara collezione di stampe della Rivoluzione francese. Ovviamente, queste fonti limitata erano insufficienti a causa della politica di censura dello zarismo che impediva l'acquisizione di autori proibiti, non solo socialisti ed anarchici, ma anche liberali, come l'orientalista Renàn, o storici sociali della Rivoluzione francese, come Michelet. Riazanov andò in cerca di altre opzioni. Una di queste opzioni era la possibilità legale di appropriarsi, in altre biblioteche dell'Unione Sovietica, di quei libri che l'Istituto considerava necessari ed unici. Un'altra opzione era che l'IME fosse designato come il deposito ufficiale di ogni nuova edizione di un libro (come avveniva per il British Musem). La terza opzione era che venisse dotato di un significato budget al fine di poter viaggiare e designare degli "scout" che comprassero materiale per l'Istituto in tutto il mondo. Riazanov creò una rete internazionale di corrispondenti autorizzati a cercare ed acquisire libri rari e manoscritti in tutte le capitali europee. Uno di loro era Boris Souvarine, a Parigi; un altro, importante, Boris Nicolaïevski, a Berlino. Vennero inoltre sviluppati contatti col Giappone (Istituto Ohara), Spagna (col traduttore Wenceslao Roces), ed Inghilterra. Riazanov acquistò a Vienna due collezioni molto speciali su socialismo, anarchismo e movimento operaio: le biblioteche di Theodore Mautner e di Wilhelm Pappenheim. Gli venne anche generosamente donata la biblioteca di Carl Grünberg, mentre nel 1921 comprò la biblioteca del filosofo neokantiano Wilhelm Windelband. Nel 1925 acquisì la più completa biblioteca dedicata al filosofo anarchico Max Stirner, di proprietà del poeta, romanziere e storico scozzese, John Henry Mackay. Al 1° gennaio del 1925, la libreria dell'Istituto possedeva 15.628 volumi scelti e miriadi di altri documenti importantissimi della storia e dei membri della Prima Internazionale, del sansimonismo, del fourierismo, tutto Babeuf, Blanqui ed il movimento operaio rivoluzionario e riformista europeo. Fra le gemme scovate dall'equipe di Riazanov, c'erano i periodici originali cui avevano collaborato Marx ed Engels, incluso il "Vorwärts", pubblicato da Marx a Parigi nel 1844,ed il "Rheinische Zeitung” del 1842-43. Nel 1930, la biblioteca arriverà a possedere 450.000 volumi, la maggior parte dei quali erano rari o incunaboli. Il lavoro di Riazanov ed il sostegno finanziario - in un periodo di guerra civile, di assedio internazionale, di repressione e di rivolte (Kronstadt, Mackhno, Tambov) - è incredibile e ci parla non solo della sua abilità ma anche dell'appoggio straordinario nelle alte sfere del governo bolscevico: in quegli anni, oltre a Lenin, Riazanov poteva contare sull'appoggio incondizionato di Kamenev, Bukharin e Kalinin.
A questo punto, si era costituito, nell'Istituto, nel suo genere unico al mondo, un capitale di informazioni su Marx ed Engels e la loro epoca, ideale per dare inizio alla monumentale edizione completa progettata da Riazanov. L'opera era pianificata in quarantadue volumi in ottavo (22,5 cm.), distribuiti in quattro sezioni: 1) Opere filosofiche, economiche, storiche e politiche, ad eccezione de "Das Kapital" (17 volumi); 2) "Das Kapital", seguito da un piano completamente nuovo comprendente tutte le bozze ed i manoscritti inediti (13 volumi); 3) Tutta la corrispondenza di Marx e di Engels (10 volumi); 4) Indice generale (2 volumi). L'esecutore testamentario che deteneva i diritti d'autore sull'eredità letteraria di Engels e di Marx (incluse le biblioteche personali di entrambi) continuava ad essere l'SPD, che era il fornitore principale dell'Istituto ed aveva aperto i suoi archivi all'equipe di Riazanov, autorizzandoli a fare fotocopie, senza alcuna restrizione, e permettendo nei fatti un trasferimento virtuale, fino a Mosca, dell'insieme dei preziosi manoscritti. Lo stesso avvenne con altre istituzioni, fondazioni, archivi personali e biblioteche pubbliche: si fecero fotocopie nel British Museum, nella New York Library, nella biblioteca del vecchio Stato prussiano, negli archivi storici di Colonia, ecc.. Perfino avversari mortali del bolscevismo, come il leader revisionista  Eduard Bernstein, nelle cui mani Engels aveva depositato importanti manoscritti (fra gli altri, i manoscritti de "L'ideologia tedesca" del 1845-46), rinunciarono ad un progetto editoriale personale, donando il materiale inedito.
Ma, mentre Riazanov intendeva mantenere un ritmo annuale per la pubblicazione dei volumi, lo stalinismo arrivò a far sì che ci volessero fino a dieci anni fra un volume e l'altro. Indubitabilmente, l'impresa editoriale di Riazanov si rivela essere una battaglia ideologica contro il revisionismo, la volgarizzazione e la banalizzazione di Marx. Riazanov non è un pensatore originale, né un teorico: in queste opere espone Marx attraverso i suoi testi, i documenti parlano da sé soli. La sua relazione con la "Nachlass" di Marx ed Engels può essere definita come di "pietà positivista": il documento è l'elemento essenziale della ricerca storica. In dieci anni ha portato l'Istituto a diventare il centro mondiale degli studi su Marx e sulla storia sociale europea. Una mecca per i ricercatori di tutto il mondo. Viene visitato da personalità come Kautsky, Clara Zetkin, Bela Kun, Emile Vandervelde, Albert Thomas, Charles Rappoport, Henri Barbusse, Maxim Gorky. Collaboratori internazionali, come Georg Lukacs (che nell'Istituto poté leggere per la prima volta i "Manoscritti del 1844", decisivi per la sua evoluzione), come Friedrich Pollock (della Scuola di Francoforte).
Victor Serge, nel suo "Memorie di un rivoluzionario", fornisce un vivido ritratto di Riazanov: "Riazanov, uno dei fondatori del movimento operaio russo (che dirigeva l'Istituto Marx-Engels), a sessant'anni aveva raggiunto la cuspide di un destino che poteva apparire come un successo eccezionale in tempi così crudeli. Aveva consacrato una gran parte della sua vita allo studio scrupoloso della biografia e dei testi di Marx; nel partito bolscevico, la sua indipendenza di spirito veniva rispettata. Era l'unico che aveva costantemente alzato la sua voce contro la pena di morte, anche durante il terrore, denunciando senza posa la rigida limitazione dei diritti da parte della Ceka, prima, e dalla Ghepeù, dopo. Gli eretici di ogni sorta, socialisti, menscevichi, e oppositori di destra e di sinistra, trovavano pace e lavoro nel suo Istituto, a condizione che avessero amore per la conoscenza. Continuava as essere l'uomo che, in piena conferenza, aveva detto: 'Non sono uno di quei vecchi bolscevichi che per vent'anni Lenin ha trattato da vecchi imbecilli'. L'ho incontrato più volte: corpulento, forti braccia, barba e baffi folti e bianchi, sguardo teso, fronte olimpica, temperamento burrascoso, parola ironica... Naturalmente i suoi collaboratori eretici venivano spesso arrestati, e lui li difendeva con cautela. Aveva libero accesso dovunque, i dirigenti un po' temevano il suo parlare franco". Un po'?!? Stalin visita l'IME nel 1927 e quando vede i ritratti di Marx, di Engels e di Lenin, domanda: "Dov'è il mio ritratto? Riazanov risponde: "Marx ed Engels sono i miei maestri; Lenin è stato il mio compagno. Ma tu cosa sei, per me?" Nel 1929, durante una conferenza di partito, afferma: "Il Politburo non ha più bisogno di alcun marxista". Rifiuta di partecipare ai fasti del servilismo e del culto della personalità per i cinquant'anni del segretario generale Stalin. Sceglie i suoi collaboratori per la loro capacità: contatta Trotsky quando è già esiliato ad Alma-Ata... perché lavori all'edizione critica dello "Herr Vogt" di Marx! Fra il 10 e l'11 marzo del 1930, la stampa sovietica celebra il suo sessantesimo compleanno come un evento nazionale. Viene pubblicato un libro a lui dedicato, "Al posto di combattimento", dove in suo onore scrivono Bukharin, Kalinin, Rykov ed altri personaggi della Nomenklatura. In un comunicato ufficiale del Comitato centrale firmato da Stalin stesso, gli viene annunciato un promettente futuro di servizio leale verso il partito e lo si glorifica come "infaticabile lottatore per il trionfo delle idee dei grandi maestri del proletariato internazionale: Marx, Engels e Lenin". Ovviamente, non passa nemmeno un anno che Riazanov viene arrestato, messo in prigione, confinato ed espulso, non solo dall'Istituto ma anche da partito comunista. Il 15 febbraio 1931, la Ghepeù lo arresta con l'accusa, inventata, di aver ricevuto pacchi dall'estero, da un presunto "Centro Internazionale Menscevico". Viene confinato in un villaggio vicino a Saratov, nel Volga.
Solo 11 volumi, dei 42 progettati, sono stati pubblicati, e 7 sono in corso (tra questi, i famosi e ancora sconosciuti Grundrisse). Il metodo stalinista ha fatto il suo corso: espulsione, prigione e morte per i suoi collaboratori, sospensione totale del piano editoriale; sparizione di tutte le biblioteche pubbliche russe e straniere; epurazione delle opere di Marx ed Engels per mezzo di edizioni "popolari" alleggerite di ogni erudizione. Poco a poco, Stalin va sostituendo l'impresa editoriale dell'Istituto attraverso una serie di pubblicazioni isolate, disperse, senza alcun piano d'insieme, né alcun criterio filologico o dossografico.

Epilogo
Riazanov va a vivere alle foci del Volga, condannato alla miseria ed alla fame, alla decadenza fisica e psichica. Le biblioteche e le case editrici ricevono l'ordine di cancellare le sue opere e le sue edizioni di Marx. Riazanov, semplicemente, non esiste più! Sopravvive, traducendo brevi testi per l'università locale, condivide le sue magre razioni con decine di affamati durante la carestia del 1931-33 (quattro anni dopo, questa sua "militanza" verrà considerata una perfida manovra anti-sovietica). L'11 giugno del 1937 il mondo rimane scioccato quando apprende la notizia della decapitazione di tutta la "cupola" dell'esercito sovietico: la caduta dei generali rossi scatena un'esplosione di terrore su scala nazionale, diretto contro i leader a tutti i livelli ed in tutti i settori. Stalin, per la prima volta, reprime in massa persone che non erano mai state apertamente degli oppositori e che si erano sempre allineate con lui nelle dispute interne al partito. La nuova politica è quella di distruggere tutti coloro che sono sospettati di slealtà passate, presenti o immaginarie nei confronti del gruppo dirigente di Stalin. Terrore cieco e di massa. In quell'anno, le "troika" (tribunali ad hoc composti di tre persone) emetteranno 668.000 sentenze, la maggioranza sentenze di condanna alla fucilazione. Esiste la ricostruzione del duro interrogatorio di Riazanov, da parte del NKVD di Yezhov: Riazanov rifiuta il ruolo di pentito e non entra nel gioco della delazione. Nega di nuovo tutte le accuse deliranti. Il 19 gennaio, il Procuratore generale di Saratov gli notifica un elenco di sei pagine di accuse, dove, fra l'altro, viene sottolineata "l'estrema ostilità personale di Riazanov nei confronti del compagno Stalin". Il 21 gennaio del 1938 viene giudicato a porte chiuse. Il processo comincia alle 19:45 e si conclude alle 20:00. Il Collegio Militare della Corte Suprema dell'URSS, della regione di Saratov, lo condanna a morte per la sua appartenenza ad una "organizzazione terrorista trotskista" e per "diffusione di invenzioni calunniose sul partito e sul potere sovietico". La tragedia umana del terrore stalinista si estendeva ai famigliari ed agli amici. Sappiamo come Stalin, Molotov ed altri membri del Politburo approvassero, giornalmente, le liste delle donne (madri, mogli) e dei figli dei nemici del popolo che dovevano essere repressi. Il giorno dopo la sua esecuzione, vengono arrestati i suoi familiari.
Poco prima, gli agenti del NKVD arrivano nella povera dacia di Riazanov per eseguire l'ultima parte della sentenza: la confisca dei suoi beni personali e la distruzione di quello che è inutile. Caricarono tutti i suoi libri sul cassone di un camion. Le lettere e le note rimanenti, vennero sparse sul pavimento per essere bruciate insieme a tutto quello che si trovava sulla scrivania dello studio. Sulla scrivania, si trovava anche un ritratto del giovane Engels con sopra una scritta autografa, una dedica alla figlia di Marx, Laura.
"Chi è questo?", domandò alla nipote di Riazanov, uno dei poliziotti con il suo berretto rosso-blu.
"E' Engels", gli rispose.
"E chi è Engels?", chiese l'agente, mentre gettava nelle fiamme il dagherrotipo.

fonte: Marxismo critico


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