Magazine Politica

L'Italia perde un grande jazzista, io un caro amico: Renato Sellani

Creato il 03 novembre 2014 da Tafanus

Se n'è andato venerdì, in punta di piedi, con la grande discrezione che è sempre stata la cifra della sua vita. E anche se andarsene a 88 anni rientra - più che nella normalità - nella fortuna, chi ha avuto per mezzo secolo il privilegio di averlo come amico, non riesce a farsene una ragione. Ecco come ne dava notizia, l'altro giorno, Marinella Venegoni su "La Stampa":

Renato-sellani
...che dispiacere, e che sorpresa, la fulminea scomparsa di questo ragazzo di 88 anni. Renato Sellani, una vita alla tastiera, un gentiluomo del pianoforte, Il suo tocco fatato era inconfondibile, era elegante anche nell'energia, un velluto robusto, una sicurezza senza pari. Ha attraversato tutta la storia della musica leggera come veniva chiamata, e del jazz, dagli Anni Quaranta ai nostri giorni. Soltanto a metà ottobre aveva presentato con una festa a Milano il suo ultimo album, "Glad There Is You", un'antologia a tutto tondo, con molto jazz, intitolata come la canzone che gli dedicava Sarah Vaughan ogni volta che si esibivano insieme.  
Con i grandi del jazz, Renato Sellani è cresciuto e si è fatto onore. Gli italiani lo ricordano bene per la sua lunga collaborazione con Mina (non si può dimenticare la loro originaria "E se domani"); io personalmente non dimentico qualche sua fuga con il leggendario Nicola Arigliano: s'inerpicavano come ragazzi in certe swingate, quando si incontravano: ed era un godimento. Ma i suoi compagni di strada sono stati Chet Baker, Gerry Mulligan, Bruno Martino del quale migliaia di volte ha suonato la splendida "Estate". E Franco Cerri, ed Enrico Rava; e perfino Billie Holiday, Lee Konitz, Dizzie Gillespie, Bill Coleman. A fine Anni Settanta Giorgio Strehler lo aveva chiamato per scrivere le musiche di un "En attendante Godot", e Beckett da Parigi scrisse per testimoniare il proprio apprezzamento.  
Chiunque se la sarebbe tirata alla grande. Ma Sellani non era un tipo così. La sua regola era l'understatement: "Tuttora penso di essere un dilettante a 88 anni", ha detto nell'ultima intervista, a Repubblica, in occasione dell'uscita del disco.  
Molti lo conoscevano per i suoi pomeriggi musicali all'Hotel Brufani di Perugia, durante Umbria Jazz, che sono durati fino all'ultima edizione; era già scritturato anche per Umbria Jazz Winter, ad Orvieto. 

Marinella Venegoni

Cosa posso aggiungere di mio? poco. Due brani (uno senza video, dove suona Indian Summer con Chet Baker - di cui Renato era il pianista prediletto) e con Franco Cerri. Roba del 1959, e senbra suonata ieri... e l'altro con la splendida, intrigante Rosa Emilia Dias, in un dolcissimo "Corcovado". Si, perchè Renato era musica a 360°, e aveva frequentato molto brasiliani veri (Rosa Emilia, Gilberto Gil), e "brasiliani d'Italia" - come la bravissima Barbara Casini, Bruno Martino, e tanti altri. E poi i grandi americani della stagione del be-bop e non solo, e tutti i più grandi jazzisti europei.

Indian Summer, con Chet Baker e Franco Cerri

 Corcovado, con Rosa Emilia Dias

Renato appare in pochissimi video, e sempre con molta ritrosia. Detestava le telecamere, ed era di una timidezza imbarazzante. Renato l'ho conosciuto negli anni sessanta, ai tempi in cui al mitico "Intra's Derby Club" - che era "within walking distance" da casa mia, era nato il connubio fra il cabaret, e gli interminabili "after-hours" jazzistici, ai quali arrivavano alla spicciolata tutti quelli, italiani o stranieri, che passavano da Milano. Poi la frequentazione era diventata consuetudine da quando aveva iniziato a suonare tutte le sere al "Due", che era il "piano di sopra" dello storico bar Giamaica. In quel lungo periodo, non passavano mai sette giorni senza fare una visita al Due.

Ricordo l'imbarazzo di Renato una sera che entrai con una giovane ragazza in minigonna d'ordinanza... Afferrai al volo l'antifona, e al primo intervallo mia avvicinai con la giovane ragazza al piano... "Renato, ti presento mia figlia Marzia"... Scoppiò a ritere, ma sempre con molto contegno... Mia figlia deve non certo a me - che sono stato solo un "coach" della prima ora - ma a gente come Renato, il suo amore per il jazz. Amore che l'ha spinta a creare un gruppo chiuso, a inviti, su facebook, dove un gruppo di amici si scambia notizie, links, brani, opinioni...

Poi, negli ultimi anni, a Milano il jazz è virtualmente morto. Il Capolinea è stato distrutto da un incendio doloso. La "Taverna Greca", dove il mio amico Roberto Baciocchi suonava tutti i giovedì jazz tradizionale, non c'è più. Al "Due", in piazza Madonnina, dove tutte le sere c'erano Paolo Tomelleri e Laura Fedele, hanno pensato di fare un postaccio fa karaoke, fallito subito; al Santa Tecla vendono scarpe. Dove una volta, al mezzanino della Galleria di Piazza Duomo, c'era il "Jazz Power", adesso c'è una tavola calda. E i ragazzi che una volta affollavano il Capolinea, adesso, se voglionosentire due ore scarse di jazz, hanno il Blue Note, dove si può ascoltare Diana Krall per 60 euri di solo ingresso... Fine della Milano da ascoltare.

Con la morte della cultura a Milano, anche i miei incontri con Renato si sono diradati. L'ultima volta che l'ho visto è stato mesi fa, ad un dopo-concerto al Teatro Dal Verme, dobe ho incontrato altre vecchie conoscenze. EWnrico Intra, fondatore del "Derby Club", Franco Cerri (che avevo conosciuto professionalmente per la faccenda dell'uomo in ammollo, e Renato: sempre timido, sempre affettuoso, sempre con quella "faccia triste come una salita"...

Sono sicuro che, se esiste un "dopo", si ritroveranno. Tutti quelli che con lui hanno spartito note e sentimenti, in una grande, celestiale jam session....

Ciao, Renato......

1310/0830/0915


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :