L’irresponsabilità e la pretestuosità ingannevoli con le quali viene diffuso il dato dei 79 mila contratti a tempo indeterminato in più rispetto all’anno scorso, è la beffa unita al danno: beffa perché ammesso e non concesso che il dato sia vero, è del tutto insignificante dal momento che il job act spoglia delle sue tutele il tempo indeterminato e lo rende precario come le altre forme di assunzione a tempo. E’ scontato che a fronte di risparmi fiscali le aziende preferiscano questo tipo di contratto che ormai non implica alcuna difficoltà a licenziare in qualsiasi momento. Non si tratta come si vuole fare intendere di lavoro in più, ma sempre dello stesso sotto una forma apparentemente diversa: è solo il passaggio dalla logica della precarietà circoscritta a quella generalizzata.
D’altronde il calo di fatturato dell’industria rilevato dall’Istat – i cui dati riporto alla fine del post perché sia chiara la gravità della situazione – si verifica in presenza di tre condizioni che dovrebbero invece gonfiare le vele della produzione: basso costo del petrolio, straordinario calo dell’Euro e mettiamoci pure il quantitative easing i cui effetti avrebbero dovuto fare meraviglie, secondo la narrazione europeista. Dunque il tonfo è avvenuto proprio nelle condizioni ideali o considerate tali per una ripresa, il che annuncia tempi molto bui, nonostante lo scoperto tentativo di infondere l’ottimismo con previsioni fatte solo nella speranza di un loro auto avverarsi.
Il quadro complessivo, oltre che la situazione mondiale, rendono piuttosto improbabile la pervicace illusione in una ripresa impossibile in queste condizioni e alla luce dei principi del liberismo finanziario: all’ottimismo irragionevole, dopo otto anni di crisi, non può più essere attribuita la buona fede e fa trasparire obiettivi politici manifesti, innanzitutto quello di imbrigliare, attraverso la somministrazione continuata di illusioni, il malcontento e l’opposizione sociale fino a quando sarà completato il passaggio dalla democrazia all’oligarchia. Insomma non si può più pensare come ai tempi di Monti di essere di fronte a guasti tecnici cui si spera che qualche pilota possa rimediare, ma alla precisa volontà dei piloti stessi di dirottare il Paese anche a costo di farlo schiantare. Questo naturalmente con la complicità, anzi la direzione, della torre di controllo europea e della compagnia aerea che tende a coprire la qualità di chi ha messo ai comandi.
Nota Istat
A gennaio 2015 il fatturato dell’industria, al netto della stagionalità, diminuisce dell’1,6% rispetto a dicembre, registrando flessioni dello 0,9% sul mercato interno e del 3,1% su quello estero.
Nella media degli ultimi tre mesi, l’indice complessivo diminuisce dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti (-0,6% per il fatturato interno e +1,0% per quello estero).
Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di gennaio 2014), il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali del 2,5%, con cali del 3,7% sul mercato interno e dello 0,3% su quello estero.
Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un incremento congiunturale per i beni intermedi (+0,3%), mentre registrano variazioni negative per l’energia (-13,6%), per i beni strumentali (-2,2%) e per i beni di consumo (-0,4%).
L’indice grezzo del fatturato cala, in termini tendenziali, del 5,6%: il contributo più ampio a tale flessione viene dalla componente interna dell’energia.
Per il fatturato l’incremento tendenziale più rilevante si registra nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+10,1%), mentre la maggiore diminuzione riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-27,0%).
Per gli ordinativi totali, si registra una diminuzione congiunturale del 3,6%, sintesi di un aumento dello 0,7% degli ordinativi interni e un calo del 9,0% di quelli esteri.
Nel confronto con il mese di gennaio 2014, l’indice grezzo degli ordinativi segna una variazione negativa del 5,5%. L’incremento più rilevante si registra per i prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+3,0%), mentre la flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-9,2%).