L’Odore dei Libri pt.4 - “Non mi sento italiano”

Creato il 04 dicembre 2010 da Emanuelesecco

04/12/2010
   Penso che certi governanti non sappiano governare.
   Diciamolo.
   La loro incapacità è solo pari al tempo passato dall'ultima volta in cui ho scritto su questo diario.
   Sono passati mesi, eh sì.
   Il lavoro in libreria mi lascia sempre meno tempo libero. Non che io me ne lamenti, sia ben chiaro. Amo il mio lavoro e non lo cambierei per nulla al mondo.
   Avevo giurato che non avrei parlato di politica in questo diario, ma certe volte gli eventi sono più forti della volontà umana.
   Ma procediamo con calma.
  Dovete sapere che qualche settimana fa decisi che mi sarei preso una settimana di ferie per tornare nel mio paese d'origine. Erano anni che non mi facevo vedere da quelle parti, e pensavo che una mia visita sarebbe stata graditissima da famigliari e conoscenti. Un breve ritorno a casa mi avrebbe fatto solo che bene. Come il boscaiolo Santo, personaggio principale de Il canto delle manére di Mauro Corona, sentivo da un po' di tempo che gli elastici che mi tenevano legata la mente alla casa in cui sono nato stavano cominciando a tirare. E non c'è niente di più resistibile di quegli elastici, a meno che non si decida a priori di tagliarli.
   Così partii.
   Durante il viaggio in aereo, con lo sguardo fisso verso le nuvole circostanti, pensavo a che situazione mi sarei trovato ad affrontare una volta arrivato in Italia: la mia mente continuava a tornare al giorno della laurea triennale in Editoria, ai pochi anni di lavoro che stampatore e al giorno in cui, vista la disperata situazione per la cultura italiana, decisi di emigrare per riuscire ad aprire una libreria tutta mia e magari portando avanti i miei sogni di scrittore.
   Mi ricordo ancora il momento in cui, salito sulla rampa dell'aereo per quel viaggio che mi avrebbe allontanato da tutto e da tutti, mi voltai a guardare il paesaggio circostante per l'ultima volta... il mio sguardo andava oltre: andava ai boschi, alle montagne, alle campagne, agli amici e alla famiglia che non avrei mai più visto. E tutto per colpa di quei dannati politicanti incompetenti e criminali. Ma non corriamo troppo.
   Bene, dopo un paio d'ore di volo arrivai in patria. L'accoglienza al mio arrivo fu spettacolare, degna dei migliori film: i miei genitori, i miei amici e i miei vecchi compagni di università erano tutti lì ad aspettarmi, e appena mi videro scoppiò un caos senza precedenti. Era bello ricordare i giovedì sera passati in birreria, le prove con il gruppo e le varie disavventure universitarie. Sembrava che non fosse cambiato niente.
   Passai qualche giorno a casa dei miei genitori raccontando le mie esperienze e facendomi raccontare le novità riguardanti la casa, la famiglia e il Paese stesso. Era bello essere a casa, certo, ma la situazione per quanto riguardava la politica era ancora peggiore di come l'avevo lasciata qualche anno prima: il governo pullulava di mafiosi rei e confessi ma non incarcerati, l'ignoranza serpeggiava per i corridoi del potere e, cosa che mi fece rabbrividire più di tutte, l'università e la scuola pubblica stavano per essere riformate nel peggiore dei modi possibili.
   Orde di studenti si riversavano in piazza per manifestare contro le nuove misure e i nuovi tagli e venivano amabilmente ignorati dagli uomini di potere, capaci solo di ingrassarsi lo stomaco a suon di tangenti e favori poco leciti. Uomini che ormai non facevano nemmeno più finta di comportarsi onestamente, che conducevano le loro azioni criminali alla luce del sole letteralmente sfottendo il popolo.
   A quel punto decisi che non sarei rimasto un minuto di più nella mia terra natale. Tempo una settimana ed ero già ritornato alla mia bella e pacifica libreria, sorta in una nazione in cui la cultura non viene trascurata in quanto non rappresenta un pericolo o una spesa inutile.
   Cari politicanti italiani,
la cultura è vita.
   È cibo per le nostre menti.
   È ciò che ci differenzia gli uni dagli altri.
   È ciò che ci salva dall'anonimato.
  È l'arma più potente contro i soprusi e la volontà di governare degli imbecilli.
   Durante il mio breve ritorno in patria in molti mi hanno chiesto cosa mi spinse in quel fatidico giorno a raggruppare tutti i miei risparmi e a lasciare il mio Paese... ora posso rispondergli.
   Ho lasciato il mio Paese per vivere.
   Ho lasciato il mio Paese per avere un futuro.
  Ho lasciato il mio Paese per non dover continuamente vergognarmi davanti a coloro che elogiano la libertà di cui godono a casa loro.
   Ho lasciato il mio Paese per non sentirmi più italiano... ma per fortuna o purtroppo, lo sono.

To be Continued

E.


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