Leonard Lewis rigirò il quotidiano nervosamente, con la tipica noia del lunedì mattina. Le solite cose. Finalmente decise di piegarlo e di riporlo con indifferenza nel primo cassetto della scrivania.I giornali gli sembravano tutti uguali, anche quello che aveva appena scrutato di sfuggita.Sospirò annoiato, e in quello stesso momento sentì aprirsi la porta del suo ufficio.Una profonda ruga gli appesantì la fronte, poiché aveva già intuito cosa gli avrebbero proposto tra breve i quattro temerari visitatori.«La prego, signor Lewis, deve venirci» esordì timidamente il più giovane dei quattro, era pallido e piuttosto magro.«La mia risposta è ancora no» sbraitò lui. «Non verrò mai a quel funerale!» Poi abbassò lo sguardo e sapendo di essere comunque nel torto, prese da uno dei cassetti una manciata di banconote e li sbatté sul tavolo. «Prendete questi e chiudete il becco.»Questa fu l’ultima frase che Leonard Lewis pronunciò, prima di uscire furioso dal suo ufficio di direttore capo.I suoi quattro reporter osservarono rassegnati il mazzetto di banconote sparso sopra il blocco bianco per gli appunti. Per Lewis tutto si poteva comprare con il denaro, poteva anche mandare quelle banconote in sua vece, al funerale di un suo dipendente.Quella notte Leonard Lewis oppresso da una strana sensazione, non riuscì a chiudere occhio, così si alzò e rimase a girovagare per la camera da letto in pigiama.Sostò vicino all’armadio e rimase più del dovuto davanti allo specchio, come se qualcosa lo spingesse a guardarci dentro senza sosta.Un misto di ansia e di angoscia lo invase improvvisamente e cercò di trattenere il respiro per realizzare meglio ciò che i suoi increduli occhi gli mostravano, perché sfidava ogni logica.Vide deformarsi la sua immagine riflessa fino a diventare tanto ripugnante da farlo sentire male.«Che significa?» urlò sconvolto verso lo specchio.L’impressionante immagine che aveva sostituito la sua, gli rispose con voce rauca e minacciosa «Osserva il tuo vero volto.»Sullo specchio, Leonard vide riflesse alcune immagini del suo passato, proprio quelle che aveva cercato di affogare nell’angolo più recondito della sua memoria, per allontanare la sofferenza che gli provocavano.La morte del fratello minore malato di cancro, l’incidente stradale in cui sua moglie aveva perso la vita.Da allora aveva giurato di non andare più a nessun funerale, in modo da allontanare l’ombra della morte che lo tormentava, spiegandogli con parole silenziose che tutti gli esseri umani, prima o poi, devono morire.«Non voglio guardare, smettila!» ordinò sconcertato coprendosi gli occhi, ma le sue braccia furono trascinate con forza lungo i fianchi, per fargli subire fino alla fine quella lenta angoscia.Improvvisamente l’illusione svanì, lasciandolo perplesso ma allo stesso tempo convinto che il terrificante incubo fosse finito.Ma la sua immagine non riapparve. Vide il suo corpo dentro lo specchio, mentre correva nel buio, completamente nudo e indifeso, come se stesse scappando da qualcosa.Incapace di spiccicare parola, i suoi pensieri furono uditi dallo specchio, il quale gli rispose:«È dalla tua stessa ombra che stai scappando, non riesci ancora a capire che fa parte del tuo corpo, e che ti seguirà ovunque tu vada. Continuerai a correre finché non comprenderai questo.»Fu allora che Lewis comprese. La voce che udiva era quella della sua ombra.Il suo volto tornò a riflettersi sullo specchio, ma i suoi occhi mostravano adesso qualcosa di completamente nuovo, un impercettibile e sereno sorriso.L’indomani mattina tutti rimasero sorpresi nel vedere il loro direttore capo giungere al funerale.Leonard Lewis pose un candido giglio sulla tomba del defunto, guardò dietro di lui e vide la sua onnipresente ombra strisciare lungo il terreno erboso del cimitero.Adesso comprendeva perché la sua ombra gli aveva parlato, e sapeva anche che nessuno avrebbe mai potuto evitare la morte, perché così come l’ombra, ogni uomo portava dietro la sua ed era impossibile sfuggirle poiché faceva semplicemente parte dell’essere umano.
Leonard Lewis rigirò il quotidiano nervosamente, con la tipica noia del lunedì mattina. Le solite cose. Finalmente decise di piegarlo e di riporlo con indifferenza nel primo cassetto della scrivania.I giornali gli sembravano tutti uguali, anche quello che aveva appena scrutato di sfuggita.Sospirò annoiato, e in quello stesso momento sentì aprirsi la porta del suo ufficio.Una profonda ruga gli appesantì la fronte, poiché aveva già intuito cosa gli avrebbero proposto tra breve i quattro temerari visitatori.«La prego, signor Lewis, deve venirci» esordì timidamente il più giovane dei quattro, era pallido e piuttosto magro.«La mia risposta è ancora no» sbraitò lui. «Non verrò mai a quel funerale!» Poi abbassò lo sguardo e sapendo di essere comunque nel torto, prese da uno dei cassetti una manciata di banconote e li sbatté sul tavolo. «Prendete questi e chiudete il becco.»Questa fu l’ultima frase che Leonard Lewis pronunciò, prima di uscire furioso dal suo ufficio di direttore capo.I suoi quattro reporter osservarono rassegnati il mazzetto di banconote sparso sopra il blocco bianco per gli appunti. Per Lewis tutto si poteva comprare con il denaro, poteva anche mandare quelle banconote in sua vece, al funerale di un suo dipendente.Quella notte Leonard Lewis oppresso da una strana sensazione, non riuscì a chiudere occhio, così si alzò e rimase a girovagare per la camera da letto in pigiama.Sostò vicino all’armadio e rimase più del dovuto davanti allo specchio, come se qualcosa lo spingesse a guardarci dentro senza sosta.Un misto di ansia e di angoscia lo invase improvvisamente e cercò di trattenere il respiro per realizzare meglio ciò che i suoi increduli occhi gli mostravano, perché sfidava ogni logica.Vide deformarsi la sua immagine riflessa fino a diventare tanto ripugnante da farlo sentire male.«Che significa?» urlò sconvolto verso lo specchio.L’impressionante immagine che aveva sostituito la sua, gli rispose con voce rauca e minacciosa «Osserva il tuo vero volto.»Sullo specchio, Leonard vide riflesse alcune immagini del suo passato, proprio quelle che aveva cercato di affogare nell’angolo più recondito della sua memoria, per allontanare la sofferenza che gli provocavano.La morte del fratello minore malato di cancro, l’incidente stradale in cui sua moglie aveva perso la vita.Da allora aveva giurato di non andare più a nessun funerale, in modo da allontanare l’ombra della morte che lo tormentava, spiegandogli con parole silenziose che tutti gli esseri umani, prima o poi, devono morire.«Non voglio guardare, smettila!» ordinò sconcertato coprendosi gli occhi, ma le sue braccia furono trascinate con forza lungo i fianchi, per fargli subire fino alla fine quella lenta angoscia.Improvvisamente l’illusione svanì, lasciandolo perplesso ma allo stesso tempo convinto che il terrificante incubo fosse finito.Ma la sua immagine non riapparve. Vide il suo corpo dentro lo specchio, mentre correva nel buio, completamente nudo e indifeso, come se stesse scappando da qualcosa.Incapace di spiccicare parola, i suoi pensieri furono uditi dallo specchio, il quale gli rispose:«È dalla tua stessa ombra che stai scappando, non riesci ancora a capire che fa parte del tuo corpo, e che ti seguirà ovunque tu vada. Continuerai a correre finché non comprenderai questo.»Fu allora che Lewis comprese. La voce che udiva era quella della sua ombra.Il suo volto tornò a riflettersi sullo specchio, ma i suoi occhi mostravano adesso qualcosa di completamente nuovo, un impercettibile e sereno sorriso.L’indomani mattina tutti rimasero sorpresi nel vedere il loro direttore capo giungere al funerale.Leonard Lewis pose un candido giglio sulla tomba del defunto, guardò dietro di lui e vide la sua onnipresente ombra strisciare lungo il terreno erboso del cimitero.Adesso comprendeva perché la sua ombra gli aveva parlato, e sapeva anche che nessuno avrebbe mai potuto evitare la morte, perché così come l’ombra, ogni uomo portava dietro la sua ed era impossibile sfuggirle poiché faceva semplicemente parte dell’essere umano.
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