L'omicidio Carosimo, di Maurizio de Giovanni

Creato il 05 agosto 2012 da Funicelli
L'omicidio Carosino. La prime indagini del commissario Ricciardi.

Incipit del racconto “L'omicidio Carmosino”:
Il bambino giocava nel cortile. Aveva trovato un pezzo di legno che opteva sembrare una sciabola, e aveva deciso di esplorare i dintorni. stava pensando di essere Sandokan: tigri feroci o feroci pirati, qualche nemico feroce lo avrebbe trovato. Si avventurò nel piccolo vigneto, e l'ombra confortevole nascondeva nella fantasia pericoli e misteri.Era perciò preparato quando, seduto per terra nell'ombra, vide la figura. Un uomo, giovane. IL bambino si avvicinò, con la sciabola alzata. L'uomo si girò, guardandolo: "non l'ho nemmeno toccata", disse. Il bambino lo guardò meglio: aveva la camicia intrisa di sangue, e dal alto sinistro spuntava il manico di un coltellaccio da giardiniere. Abbandoanata la sciabola, il bambino scappò gridando.

Il commissario Ricciardi è nato così, da questi tre racconti “L'omicidio Carosino”, “I vivi e i morti” e “Mammarella”, raccolti in questo libro. Come racconta in chiusura di libro l'autore stesso nel capitolo “Io e il commissario Ricciardi”, la fortunata serie nata dalla fantasia (e la bravura di Maurizio de Giovanni) cominciò quasi per caso, con un concorso letterario per giallisti esordienti.
Così, all'interno del caffè Gambrinus, davanti al computer, venne fuori quell'investigatore così capace, ma anche così strano. Gli occhi verdi, con un ciuffo di capelli pettinati all'indietro che ricade sulla fronte, quell'area così misteriosa, solitaria, come se si portasse dentro una qualche sofferenza che non si può comunicare all'esterno.

Ed è proprio così: quella cosa che Ricciardi si porta dentro si chiama Il Fatto.

Il Fatto. Ricciardi si era abituato a chiamare così la connotazione orincipale della sua vita, quello che lo rendeva così profondamente diverso da tutti quanti gli altri. il Fatto. Questo Fatto che ho, da quando mi succedde il Fatto, mi ha aiutato il Fatto. Ricordava fin troppo bene la maledetta prima volta che gli era successo il Fatto. E come quel bambino che entrava nel vigneto con la sciabola di legno era diventato quel giovane vecchio che ne usciva urlando, e come quell'urlo dentro di lui non si sarebbe mai spento.L'uomo che aveva visto allora era morto un anno prima, ucciso dall'altro lavorante pazzo di gelosia per un tradimento.Pagina 23

Il fatto, ovvero la possibilità di vedere e sentire gli ultimi attimi di vita delle persone morte in modo violento. Vedere i morti, rimandendo nel mondo dei vivi: come sospeso tra i due mondi.
I vivi e i morti, pensava Ricciardi. I vivi sembrano già morti, i morti pensano di essere vivi. Chi sono io, allora? Sono vivo, o forse già morto e nessuno me lo ha detto?  Pagina 69.
“L'anello .. l'anello che manca”, sono le parole che la duchessa Carosino pronuncia, prima di morire nel racconto “L'omicidio Carosino”, che è una sorta di embrione della storia poi sviluppata nel romanzo “Il posto diognuno”. Un racconto che mette assieme le due facce della Napoli raccontata da de Giovanni: la miseria e la nobiltà, e anche delle due cause dei delitti, come sostiene Ricciardi, la miseria e l'amore. 

“No, perchè a me si …. proprio voi, si … perchè a me si ...”, sono invece le ultime parole piene di disperazione pronunciate dal parroco della chiesa di San Sebastiano all'Olivella, nella miseria dei Quartieri Spagnoli. Prima di una serie di vittime, uccise con un punteruolo conficcato nella fronte: una storia di dolore e di vendetta.
Infine, una prostituta uccisa, sventrata da una lama, che prima di morire rideva dicendo
“Mi vuole da Mammarella”. L'unico dei tre raccontato in prima voce da Ricciardi stesso.
Gli ingredienti della saga ricciardiana ci sono tutti, in questi esordi di de Giovanni, ambientato nel 1929 (mentre i primi quattro romanzi sono del 1931): c'è la Napoli del fascismo che aveva abolito i delitti per decreto, con i suoi gerarchi e i loro amici e quanti cercavano di mettersi in luce col regime (come il questore). Fascismo che però, dietro l'apparenza di ordine e di sicurezza, non era riuscito (o non aveva voluto riuscire) a cancellare tutta la miseria di quei quartieri dove vivevano gli scugnizzi, che a piedi nudi combattevano la loro impari battaglia contro miseria e indifferenza. Compaiono, al fianco del comissario Ricciardi, il fido Maione e il dottor Modo. La sua tata Rosa, che lo segue fin dall'infanzia. Ed è presente anche la dolce e timida Enrica, la ragazza della finesta accanto, di cui Ricciardi è a modo suo innamorato, e che, alla sera, quando la osserva, gli regala gli unici momenti di pace della giornata.
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