spiriti liberi.liberi finalmente. Finalmente, ci voleva proprio
Forse la mia anima si è reincarnata in un corpo abnorme o anormale. O extraterrestre. Mi sono reincarnato nelle membra di un alieno di un pianeta lontano. E quindi vicino, vicinissimo. Magari non sono neppure anormale, sono un alieno tipico, addirittura mediocre, per quanto ne possa sapere di quella strana gente. Sono in un posto in cui vivere Così è la norma. Ah! Fra le altre cose... ora posso anche dichiarare con certezza, comunque, di avere gli occhi. Lo so, dico, perché mi sono accorto di star piangendo. Dev'essere per via della luce troppo forte. Mi ha sempre dato fastidio, d'altronde. E' da stamattina che piango. O da un anno. O da una vita. Perché piango? Devo aver saputo qualcosa di molto triste. Sì. E' un pianeta, questo, dove le cose funzionano così: c'è una strana specie, di cui io faccio parte, che resta lì tutto il tempo immobile, al massimo ogni tanto smanaccia a casaccio, piange, si lamenta, s'interroga sulla propria condizione ed esistenza senza sapersi dare mai una risposta che una minimamente soddisfacente (ecco forse perché piange: è uno che si pone dei dilemmi) e rimane sempre in attesa di una rivelazione, d'un'epifania. Ecco: sono questa figura trascendente, mistica, ce ne sono veramente pochi come me su questo pianeta, ci tengono nei recinti dei loro déi, chissà che déi avranno su questo pianeta, chissà che cattiva impressione ne trarrebbero se sapessero che queste loro cruciali figure mistiche (come me) manco sanno a quale dio appartiene il recinto nel quale vivono. Sì, perché poi ci sono gli Altri, su questo pianeta. Sono quelli che mi passano avanti e indietro nel campo visivo. Quelli sono i fedeli del culto che rappresento con la mia figura inquietante, ammonitrice. Tipo un sacerdote immobile, un super-bonzo in meditazione secolare, immerso e sospeso nel viaggio che si genera grazie all'energia scaturita da questo meraviglioso processo. Insomma, questi fedeli lo sfamano, lo lavano, lo asciugano, lo curano, lo puliscono quando fa la cacca. Ecco, perché io faccio la cacca. Beh, sì, immagino di sì. Benché non mi arrivi da nessuna parte la minima prova che questa sub- o iper-razza aliena debba per forza di cose cacare per tirare a campare. D'altronde se nemmeno caco, nemmeno mangio. Oppure mangio e non caco, mi gonfio indefinitamente, infinitamente, diventerò grande come un grattacielo, i giovani depressi saliranno fin sulla mia testa per potersi buttare giù a morire nel sacro recinto. Vabbè, diciamo che non mangio e non caco. Sì, insomma, di che si occupano questi miei fedeli? Non mi staranno trascurando un pò? Oh, se non mi serve niente mi posso pure arrangiare. Ecco, sono un oracolo. Vengono, chiedono, pregano, offrono, piangono, si dibattono fin quando, all'improvviso, magari dopo tre giorni d'attesa spasmodica, IO, in preda ad un irrazionale riflesso, smanaccio a casaccio e loro corrono da un sacerdote che interpreta il mio gesto: lo sapevo, devo morire; lo sapevo, vincerò il primo premio; perderò una battaglia; mia moglie mi tradisce. E tornano poi a casa, dove si disperano, gioiscono, si suicidano. Si appendono ad un albero. Ecco. Sono un albero. In una serra. Oddio, mi stanno coltivando! Ottengono da me degli innesti. Mi riproducono mutilandomi. Un numero sterminato di ME là fuori, in giro per il mondo, su dalla terra, veloci, lanciati verso il sole, mi ricordano, loro padre, mi venerano come un dio. Ogni tanto m'addormento e mi cade un seme, così, in sogno. Ecco. Sono il frammento del sogno di qualcuno. Di qualcuno che magari nemmeno conosco. Sono un personaggio archetipale, emblematico. Rappresento qualcosa per il sognante. Nato da un secondo, morirò fra un istante e mi sembrerà che sia passata una vita. Ed una vita è stata. Che, le effimere, giunte al termine della loro esistenza, pensano: E' stato troppo breve!? No! Penseranno: E' stata dura, ma ce l'ho fatta, adesso voglio riposare. O, al limite: Me la sono goduta, peccato sia finita, beh, comunque non so se avrei voglia di rifarlo. O, alcune: Vedo una luce! O: Ho visto il mio corpo mentre stavo fuori di me... Così dev'essere la percezione mia del tempo di tutta la vita. Protagonista simbolico del sogno di un terzo che dota i propri personaggi onirici di un passato interessante, da raccontare. E novanta su cento, al risveglio, quel miserabile non si ricorderà neppure di me. Si dimenticherà forse d'aver sognato del tutto, quello straccione. Onirico sprecato, per lui. Per me, una vita inutile.