L'onta della business class - Da Bangkok a Kuala Lumpur

Creato il 22 novembre 2012 da Pulfabio
Ne avevo sempre sentito parlare come scelta di qualità, come compensazione per problemi di overbooking o sedili danneggiati, persino come scorciatoia per stringere conoscenze utili. Ero però sempre riuscito a starne alla larga, io, membro orgoglioso del popolo rozzo, animato da selvaggia avversione nei confronti dei vezzi degli arricchiti: il golf, i circoli esclusivi, le auto pacchiane, i monili, le villette borghesotte, e, per l'appunto, la business class. Alla fine però, dopo anni di viaggi scomodi e polverosi, carri bestiame, convogli per prigionieri, pullman in bilico sul ciglio di un precipizio, attese prolungate in terra di nessuno e trafile noiose per clandestini alla dogana, mi è toccato subirne l'umiliazione. Io, quello che si lamentava per averci messo solo 32 ore da Venezia a Bangkok, ripromettendosi per compensare di farlo un giorno via terra. Proprio io, sì, infilato di straforo in business class. Non per mia scelta, sia chiaro. Quelli dei corsi l'hanno tirata per le lunghe, si sono ridotti all'ultimo momento e visto che i posti in economy erano tutti esauriti sono stati costretti a prenotarmene uno nella classe superiore. L'alternativa era quella di non avere un insegnante al primo giorno di lezione: francamente impraticabile.
E così mi sono ritrovato stordito da un susseguirsi di privilegi di cui non avevo mai sentito la mancanza: banco preferenziale al check-in, premier lane alla dogana in uscita, la sala d'attesa di lusso, i priority seat al gate, la precedenza all'imbarco, il divano volante, l'ampia scelta di riviste patinate, le hostess che si fermano a fare conversazione (non mi avete mai cagato quando stavo stipato tra gli altri passeggeri-sardine lì dietro, siete a caccia di un marito ricco? Continuate pure a cercare...), l'aperitivo dopo il decollo, la frutta secca selezionata (meno del 30% di arachidi!!! Non è fantastico?), la tovaglia di broccato, le posate in tungsteno, i bicchieri di cristallo, il vicino che sorride, ringrazia e annuisce come uno studente di Eton e di nuovo la premier lane alla dogana in entrata. Se mi avessero sgamato a camminarmi le poche centinaia di metri che separano la stazione della navetta dall'alberghetto, con il borsone e la chitarra a tracolla, mi avrebbero bandito dal circolo del lusso a vita.
Oh intendiamoci, sono comodità eh, dettagli che indubbiamente ti cambiano il viaggio. Anzi, che non ti fanno proprio sentire in viaggio. Ma io devo comunque parlarne male: sono capricci che non fanno per me a cui però si fa presto ad abituarsi. Quando mi imbatto in qualcosa che luccica un po' troppo...preferisco adottare la diffidenza dei pezzenti.
Foto di caribb (CC)

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