L'ora di religione

Da Straker

Viviamo in un’età in cui il consumismo e l’edonismo più biechi sono la regola. Nonostante ciò, a volte anche tra adolescenti e giovani, si accende una favilla di curiosità intellettuale, si manifesta il vagheggiamento di un orizzonte. Dunque è una iattura che l’ora di religione nelle scuole italiane sia spesso mortificata da dibattiti su temi di “attualità”, affrontati in modo superficiale o secondo un’etica dolciastra, allineata con il pensiero dominante.
Già da qualche bambino, costretto a frequentare il catechismo, proviene un interrogativo fondamentale (la presenza del male, il destino umano, il significato dell’universo, Dio...), immancabilmente ignorato ed anestetizzato mercé una spaventosa descrizione dell’Inferno o un allettante disegno del Paradiso. Così si cercano risposte e si ricevono solo santini, aride definizioni, precetti, quando la riflessione sul trascendente rifugge da un moralismo deamicisiano.
E’ inevitabile: i pre-adolescenti si allontanano da ogni forma di spiritualità che è ricerca di senso, trasfigurazione dell’esistenza in Vita. Si aggiunga l’ipocrisia che squalifica la maggior parte dei componenti il clero e si otterrà una definitiva disaffezione rispetto al sacro.
E’ il trionfo del materialismo e del numero: il numero nella nostra asociale società non è cifra e sigillo di armonia interiore e cosmica, ma sinonimo di accumulo, di scientismo. Guénon usa l’efficace espressione “regno della quantità”. Le nuove generazioni sono attratte dall’algida logica della “scienza”, dalla sua pretesa di assolutezza che esclude il dubbio, la fantasia, il mistero, il disorientamento. Eppure solo chi è disorientato cerca una direzione.
Il sistema ormai non si limita ad eludere e ad escludere le questioni fondamentali, ma le bolla come ridicole, inutili. Chi in tali condizioni avvertirà soltanto l’esigenza di varcare i confini fisici e di una ripetitiva, insensata quotidianità per provare ad avventurarsi nell’oltre?
Oggi non è più necessario inventarsi risposte per mettere a tacere obiezioni e fugare perplessità. Oggi le domande abissali non soffiano più nel vento.

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