Anno: 2011
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 89′
Genere: Thriller/Fantascienza
Nazionalità: USA
Regia: Chris Gorak
Sean (Emile Hirsch) e Ben (Max Minghella) sono due giovani programmatori approdati a Mosca con l’intento di vendere una nuova applicazione per smartphone. Davanti ai magnati russi però scoprono che il collega svedese (Joel Kinnaman) ha già stipulato l’affare senza di loro. È il classico lupo che si fa beffa dell’agnello. Per consolarsi, decidono di passare la serata in uno dei locali più glamour della capitale, dove stringono amicizia con Natalie (Olivia Thirlby) e Anne (Rachael Taylor), due turiste americane calamitate lì proprio dalla loro invenzione. Fra gente che non comprendono ed un bicchiere di vodka, tra i quattro scatta l’alchimia, quando all’improvviso la città viene paralizzata da un immenso black-out. Il cielo è infestato da insoliti bagliori che una volta toccata terra diventano invisibili ed iniziano a polverizzare uno ad uno tutti coloro che vi si trovano accanto: è il panico.
Nascosti sottoterra insieme a Skylar – ironia della sorte, l’uomo d’affari che li aveva imbrogliati – dopo l’attacco iniziale, i cinque emergono da una città spauracchio ormai priva di vita ed elettricità. Gli alieni, infatti, composti di energia, si nutrono di onde elettromagnetiche, ragion per cui assorbono brutalmente tutto ciò che ne contenga un po’. Per lo più invisibili agli occhi, la loro presenza è rivelata soltanto dagli apparecchi elettrici cui si avvicinano. Spostarsi alla luce del giorno è troppo pericoloso, quindi i sopravvissuti scelgono la ‘sicurezza’ della notte, mostrandoci le proprie reazioni e debolezze individuali. Come in un paradosso l’oscurità diviene rifugio ed il giorno la porta dell’Ade. Ma nel rischio, in fondo, non sono soli: nel corso del viaggio, infatti, il gruppo incontrerà diversi sopravvissuti russi che li aiuteranno a far luce sugli invasori e, cosa più importante, su come contrattaccare.
Coprodotto da New Regency e Summit Entertainment, L’Ora Nera rappresenta la prima produzione americana in real 3D girata completamente in Russia. È diretto da Chris Gorak su una sceneggiatura di Jon Spaihts tratta da una storia di Leslie Bohem & M.T. Ahern e Jon Spaihts. Tom Jacobson (The Ladykillers, Missione su Marte) e Timur Bekmambetov (regista di Wanted – Scegli il tuo destino) sono stati impegnati nella veste di produttori. Monnie Wills, invece, ne è l’esecutivo. Durante il progetto è stato utilizzato il sistema di cineprese 3D della Panavision, in collaborazione con la Element Technica, la cui piattaforma maggiore pesava 54 chili. Non è un caso se la stessa Taylor di “Sex List” e del ‘blockbuster’ targato Michael Bay, dopo averla vista, sul set dichiara scherzando: “Quella cinepresa incredibile sembra un transformer”.
Tuttavia la delusione pervade l’intera pellicola. Gli attori non emergono mai del tutto e la sceneggiatura di certo non aiuta. Persino gli effetti speciali, elemento basilare di un film come questo, non sono all’altezza, idem per il 3D. Sin dalle prime sequenze, infatti, subito dopo i titoli di testa si ha l’impressione di stare davanti ad un videogame neppure fra i più evoluti: in breve, la finzione non decolla. Sorvolando sui naturali limiti della pellicola, siamo davanti ad un tipico b-movie che contiene sì punti ciechi, ma anche ingegno riconducibile alla sfera fantascientifica del passato, come i riferimenti alla cultura scientifica, in primis la gabbia di Faraday, o a quella zoologica sull’elettroricezione, mutuata direttamente dagli squali. Gli ingredienti ci sono tutti, ricombinati con l’attuale cultura giovanile, e c’è spazio persino per un pizzico d’ironia che non guasta. Ma come affermato dalla Thirlby, il fascino e la forza di questo thriller provengono dalla Madre Russia: “Nessun’altra città al mondo assomiglia a Mosca, non sembra né Occidente né Oriente”.
Dopo aver visionato Mission Impossible 4 di Brad Bird (in uscita il 27 di questo mese) le similitudini appaiono inevitabili: dalla scelta di una location come Mosca, che si scompone e ricompone sotto i colpi fragorosi degli FX quasi come i blocchi di una partita di Tetris, passando per il tema della tecnologia fallace. In pratica, un sospiro di sollievo per tutti coloro che non amano l’ostentato ‘pianeta Hollywood’. E non mancano ammiccamenti nostalgici a Ghostbusters, con i suoi fucili protonici, al mondo delle invasioni aliene ed all’uso del 3D, non ultimo Avatar che, come affermato dagli stessi realizzatori, durante la lunga gestazione, ha alimentato (ma anche no) la creatività dell’intera squadra. Uno spettatore smaliziato sicuramente protenderà da una parte piuttosto che dall’altra, ma, pur non rappresentando nulla di rivoluzionario, si può affermare con un certo divertimento che il film rimane nel complesso godibile.
G. M. Ireneo Alessi