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L'Oriana, fiction stanca sulla vita straordinaria della Fallaci

Creato il 18 febbraio 2015 da Marianocervone @marianocervone
L'Oriana, fiction stanca sulla vita straordinaria della Fallaci La seconda puntata de L’Oriana, fiction rai sulla vita di Oriana Fallaci, che ha visto nei panni della giornalista e scrittrice Vittoria Puccini, ha avuto, nella seconda puntata, una media di ascolto di soli quattro milioni di telespettatori. Una miseria in confronto a sceneggiati che avevano come protagonista la stessa attrice fiorentina, e che hanno invece raccolto consensi e share arrivando fino a sei milioni. Colpa, forse, dell’esordio di quel trucco e parrucco decisamente sbagliati, che non sono riusciti a rendere abbastanza credibile la vecchiaia di una donna ammalata di cancro di settantasette anni, che ripercorre a ritroso tutta la sua vita, e che invece appariva in video ancora troppo levigata e fresca, lasciando a degli occhialoni scuri il compito di sopperire ai soli capelli ingrigiti dallo scorrere del tempo. La trama, delle più banali, vede una Oriana Fallaci anziana, aiutata da una giovanissima aspirante giornalista, riordinare le scartoffie e il materiale audio e video di un’intera vita spesa nel giornalismo come inviata di guerra, impegnata in prima linea a battersi per quegli stessi ideali in cui credeva e scriveva sulle pagine de L’Europeo, intervistando negli anni tanti personaggi famosi e politici, tra cui, la più nota, quella dell’ayatollah Khomeini, per il quale dovette indossare uno Chador e alla fine lo apostrofò come “tiranno”. Una donna coraggiosa, tenace, a tratti severa alla quale la fiction, diretta da Marco Turco, non ha saputo rendere giustizia, e se ha da una parte il merito di aver portato sul piccolo schermo un frammento della straordinaria vita della scrittrice, dall’altro l’ha fatto senza seguire una reale narrazione, quasi a raccontare fatti estemporanei e sconnessi tra loro, accomunati soltanto dalla presenza della Fallaci. Raccontarla non era di certo facile, ma svilirla a donna anaffettiva e amareggiata, che racconta senza troppa passione o convinzione la sua vita ad una stagista che l’aiuta a catalogare il suo lavoro, è apparsa come una forzatura sceneggiata poco credibile. Ma se la prima puntata è stata lenta e difficile da seguire, molto bella invece è stata la seconda, in cui il regista ha tentato di dare letteralmente vita alle pagine dell’autrice: e così ecco le parole della stessa Fallaci che parla a quel bambino che ha perso in Lettera a un bambino mai nato, che descrive l’uomo che amava, il rivoluzionario e poeta greco Alekos Panagulis, in Un Uomo, eccola, da vecchia, parlare e inveire con se stessa, rievocando Oriana Fallaci intervista sé stessa, immaginando quell’ideale dialogo tra l’irruenza di una giovane impulsiva, e la rabbia razionale di una donna alla soglia degli ottant’anni. Vittoria Puccini ha dato il suo volto, la sua grazia, la sua bellezza alla scrittrice, il suo temperamento, restituendole a Oriana persino la sua voce, con quell’impostazione di una timbrica un po’ rosa, eppure ciò non è bastato per sopperire agli anni della Fallaci, per i quali, giocoforza, occorreva un’attrice più matura (o un trucco decisamente migliore), una sceneggiatura debole, una trama a tratti inesistente.

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