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L’ORO E L’OMBRA DI ASAF | Gold Shadow | Il nuovo album di Asaf Avidan

Creato il 30 marzo 2015 da Amedit Magazine @Amedit_Sicilia
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asaf_avidan_gold_shadow_news (2)di Lillo Portera

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Il secondo album solista del cantautore israeliano Asaf Avidan arriva a circa tre anni di distanza dal fortunato DifferentPulses (2012), contenente la trascinante hit mondiale Reckoningsong/Oneday (nota al grande pubblico nella versione remix curata da Wankelmut). Gold Shadow conta dodici tracce inedite, ed è stato anticipato dal singolo Over my head (realizzato anche come videoclip). Il testo del brano, dichiaratamente autobiografico, narra la fine della relazione dell’artista con la ex compagna nonché tour manager, un sodalizio umano e professionale durato ben sei anni; il dolore per la fine del rapporto viene esorcizzato da una nota di speranza, la possibilità di ricominciare, di rimettersi in pista e di scommettere nuovamente sulla solidità di una nuova relazione. Over my head fa da apripista a un album sofferto, malinconico, caratterizzato da atmosfere talvolta cupe, nostalgiche, ma sempre animate da un respiro vitale e pulsante. Un lavoro completamente autoprodotto, editato con un’etichetta discografica personale e solo distribuito (come l’artista tiene a precisare) dalla Universal.

In Gold shadow Asaf Avidan illumina con la sua struggente vocalità le zone d’ombra dei sentimenti, quel che splende e quel che s’ottenebra nell’amore, l’amore come dimensione perduta e l’amore come dimensione futura e potenziale. Tutti i testi muovono e procedono seguendo questo filo conduttore, tanto nelle ballate quanto nelle tracce più ritmate. Negli arrangiamenti l’album è assolutamente omogeneo, fedele a un leitmotiv di fondo, più assimilabile a un’atmosfera che a una precisa scelta sonora. Le canzoni sono tutte legate, nelle tematiche come negli umori. Le suggestioni, come già Avidan aveva indicato nel lavoro precedente, oscillano liberamente tra folk, pop-rock e blues, in un coraggioso mix tra vintage-pop anni ’50 e venature jazz anni ’30. Su tutto però prevale la voce, unica, potente, incollocabile. Registrato a Tel Aviv, e frutto di una selezione lunga e severa, Gold shadow, stando a quanto dichiarato da Avidan, è una sorta di lettera d’addio al paese natio, e al contempo un benvenuto alla nuova terra d’elezione: l’Italia, e precisamente le Marche, dove l’artista ha dichiarato di volersi trasferire in pianta stabile.

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C’è voglia di rinnovamento in Asaf Avidan, un bisogno di cambiamento e di rigenerazione (nella già citata Over my head, ma anche in altri brani del disco, si insiste sulla necessità tipicamente umana di dover voltar pagina senza rimpianti, senza ripensamenti, unico antidoto allo stallo emotivo e relazionale). Gold shadow: il titolo riassume bene i due estremi della vita, l’oro luminoso e caldo dei momenti più felici, e l’ombra oscura e impenetrabile degli smarrimenti e delle difficoltà. Sospeso tra bagliori accecanti e temibili tenebre l’artista cerca di guadagnarsi una posizione d’equilibrio, la giusta via di mezzo tra la felicità assoluta e la tristezza più nera (e a questo proposito si veda la grafica del disco, giocata proprio sui contrasti tra chiari e scuri, tra il brillio dell’oro e il buio pesto dell’ombra). I contrasti ben si addicono ad Asaf Avidan, basti considerare la bizzarra, intrigante incompatibilità tra la magrezza segaligna della sua figura e la possenza straniante della sua voce, un binomio senza eguali (ed è davvero difficile tentare dei paragoni o cercare dei precedenti).

Tutte le tracce di Gold shadow – e in particolare My tunnels are long and dark thesedays, Ode to mythalamus e Fair haired traveller – chiamano a gran voce l’esecuzione live, apparendo quasi costrette nella condizione statica di “versioni studio”. Tra le punte più alte del disco spicca sicuramente Little parcels of an endless time, venata da una delicata e disarmata malinconia. Incantevoli le improvvisazioni e i giri vocali di Bang bang, in quel “I love you…” che salendo sembra avvolgersi su se stesso. In The labyrinthsong, lo hanno rilevato in molti, c’è un riferimento troppo evidente (e non dichiarato) alla melodia di Bang bang, brano del 1966 di Sonny Bono inciso tra gli altri da Cher e da Nancy Sinatra. Altro potenziale singolo è The jailthat sets you free, dal ritmo incalzante, forse il pezzo più radiofonico dell’intero lavoro. È nella performance live, con microfono e chitarra, che Asaf Avidan dà il meglio di sé, con questa roca e graffiata voce di donna adulta che stride col suo sembiante esile e assolutamente maschile.

L’artista si esibirà per ben tre date in Italia nel mese di aprile: il 9 a Roncade (Treviso), l’11 a Ciampino (Roma) e il 12 a Milano.

Lillo Portera

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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 22 – Marzo 2015.

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