Il 6 aprile del 2009 L’Aquila trema. All’ospedale San Salvatore ci sono ancora Calcinacci in terra , mobili sparsi qua e là , letti senza materassi e camici accatastati . In mezzo alla stanza un tavolo capovolto , armadietti di metallo spalancati , le sedie della sala d’aspetto addossate l’una all’altra. E’ la scana che si trova dietro la porta col cartello “Vietato l’accesso : cantiere”.
Oggi l’ospedale è terra di nessuno. In un corridoio , pochi passi più in là, ci sono le nuove sale operatorie , con il via vai dei medici e l’attesa dei parenti davanti alla macchina del caffè. Reparti fantasma accanto a reparti ristrutturati e funzionanti. Non è l’eccezione, ma la normalità al San Salvatore , l’ospedale costruito in trenta d’anni e costato nove volte più del previsto . Ma il 6 aprile si sgretolò come burro.
La struttura è abbandonata. Un ospedale diviso in due , dove servizi tornati negli edifici ristrutturati convivono accanto a container che ospitano ambulatori e uffici , dislocati a macchia di leopardo lungo i viali. Al primo piano niente operai e lavori in corso , ma una sorta di magazzino dove si trova di tutto. Computer rovesciati sul pavimento o una barella , una fotocopiatrice seminuova , una carrozzina per il trasporto dei malati , giocattoli, cartacce, lattine. In un bagno, parcheggiata tra water e lavandino , una cyclette per le prove da sforzo cardiaco. Nel locale accanto , cumuli di cartelle cliniche accatastate.Dentro gli armadietti aperti si trovano dati dei pazienti . Documenti firmati , impegnative del medico.
Lungo il corridoio , un’altra stanza: ci sono siringhe, flaconi per flebo , soluzioni saline, colliri , cannule, garze , teli chirurgici abbandonati all’interno di due armadietti o buttati in enormi sacchi. Dietro una porta incustodita , ricoperto da teli verdi si trovano macchinari chirurgici. Una volta questa era una sala operatoria oculistica , dove si effettuavano tantissimi interventi alla cornea, grazie alla Banca degli occhi. Una vera e propria eccellenza che rischia di essere spazzata via per mala gestione. Sotto uno strato di polvere strumenti per centinaia di migliaia di euro.
“Le apparecchiature non ancora in funzione sono state ricoverate in magazzino ; man mano che vengono riattivati i reparti le rimetteremo al loro posto. Oggi abbiamo 330 posti letto con poliambulatori , laboratori di analisi , sale operatorie e pronto soccorso . E’ tutto perfettamente funzionante” replica Giancarlo Silveri , direttore dell’Asl che da gennaio raggruppa le aziende sanitarie dell’Aquila, di Avezzano e Sulmona.
L’edificio 9 è al piano terra. Fuori c’è la targa “Servizio di immunoterapia e trasfusionale”. Dal soffitto pendono cavi elettrici , fili e lastre di cartongesso. Poi le solite crepe nei muri , una scala pericolante , scrivanie e cassetti rovesciati, brandine , cumuli di detriti , vetro e cocci per terra. La porta è chiusa , ma basta fare il giro dalla pediatria per entrare con facilità.
Disagi ai pazienti soprattutto per visite ed esami. Per un intervento chirurgico si può aspettare anche 7-8 mesi , per un’ecografia all’addome 4 mesi, per una visita oculistica 5-6 mesi. Per spostare i degenti si fa slalom tra i cantieri , passando accanto a contenitori dei rifiuti pericolosi e rischio infettivo. Portantini e infermieri spingono una barella tra container ed auto in sosta. Oppure si usa l’ambulanza.