“Questa urgenza è ben compensata, o meglio provocata, da un riflesso opposto: la pazienza. Per scrivere bene bisogna saper attendere, ‘lasciare il libro in infusione dentro di sé’. Spesso s’immagina lo scrittore al lavoro come un fannullone inquieto che si fa deporre un coniglio dalle muse: è esattamente così. Scrivere presuppone tempo, noia, silenzio e solitudine. E’ una questione di disciplina: scrivere è anche trattenersi dallo scrivere. Lo scrittore, quello vero, ha dunque dentro di sé un bisogno imperativo di dire la cosa più bella e importante al mondo, a costo di scoppiare, e ciononostante deve poltrire, oziare, prendere (perdere…) tempo, accendere un fuoco d’inverno, nuotare d’estate”.
Un destino meraviglioso che però produce una terribile angoscia perché bisogna agire allo stesso tempo, velocemente e lentamente. Festina lente, diceva l’imperatore Augusto, ovvero “affrettati lentamente”.
E tu ce l’hai l’ossimoro dello scrittore?