L’Ostpolitik di Giovanni Paolo II (1)

Creato il 27 novembre 2011 da Casarrubea

REPUBBLICA UNGHERESE

Ministero degli Interni

 III/III-1/b.sottodiv.

traduzione di Regina Kerékgyarto

Segretissimo

Oggetto: Le questioni attuali dell’Ostpolitik vaticana

Il cardinale Casaroli e Giovanni Paolo II

La politica del Vaticano è inevitabilmente influenzata dai cambiamenti e dallo spostamento del rapporto di forza che si verifica nella Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II. L’equilibrio, relativamente solido, stabilito prima, si è diviso tra la linea della politica realistica all’interno della Chiesa ecumenica e i fattori anti-comunisti reazionari e conservatori.

Nel periodo recente, nella politica vaticana, si può osservare una certa spinta a destra. Inoltre, l’esistenza e la forza dei fattori che rappresentano la linea della politica realistica denotano il fatto che esse sono capaci di ottenere notevoli risultati durante il processo della spinta a destra ma  anche di frenarlo.

Gli ambienti di destra del Vaticano e della Chiesa ecumenica, approfittando dei cambiamenti favorevoli dei rapporti politici internazionali, sferrano un’offensiva ideologica e politica di ampio respiro contro i Paesi socialisti e altri regimi progressisti. Attaccano i chierici e i fedeli che hanno simpatia per l’idea e per la pratica del socialismo.

Oggi le nuove tendenze della cosiddetta Ostpolitik mirano a porre l’accento sul ricorso continuo all’uso di un tono più deciso, più duro,  per lo sfruttamento delle contraddizioni che derivano dalla variegata politica ecclesiastica dei singoli Paesi socialisti.

A un decennio dall’elezione di Giovanni Paolo II, la composizione del personale dirigente della Chiesa cattolica è cambiata e anche la sua struttura si sta trasformando. Negli uffici del Vaticano l’egemonia italiana è finita, si fa avanti l’influenza sempre più forte della Germania dell’Ovest, della Francia e dell’America. Anche nelle mani dei consulenti polacchi del papa si concentra un potere crescente. La struttura della Curia romana, creata da Paolo VI, è stata disgregata.  L’influenza del Segretario di Stato sta diminuendo mentre il ruolo di alcune congregazioni è aumentato.

Conformemente alla linea papale, nella politica ecclesiastica sono state messe in evidenza  le questioni teologiche e ideologiche. I rapporti con le chiese e con i non credenti sono diventati più vivi. Per queste ragioni, si può dare per certo che la riforma imminente della Curia seguirà i cambiamenti suddetti anche nell’ambito delle istituzioni, e il ruolo del Segretario di Stato diminuirà sempre di più.

Di tanto in tanto sul possibile ritiro del Cardinale Casaroli si diffondono notizie non accertate. Tuttavia, sembra che nella sua posizione non ci siano cambiamenti significativi, e che il suo ritiro definitivo – nonostante il suo stato di salute –, non sia pensabile in un prossimo futuro.

Riguardo alla posizione degli ordini cattolici tradizionali e delle organizzazioni cattoliche internazionali, è degno di nota che il Papa cerchi di emarginarli rispetto alle realtà che soddisfano di più le nuove intenzioni riguardanti l’evangelizzazione, come ad esempio l’Opus Dei.

Il Papa si avvicina alle relazioni con i Paesi socialisti con un approccio differente da quelli precedenti. L’Ostpolitik tradizionale di Casaroli – le negoziazioni separate con i singoli Paesi socialisti, la politica dei piccoli passi – sta cambiando. Il Papa considera tutte le Chiese cattoliche europee come parte della cultura cattolica europea comune, e il suo obiettivo principale e di portare i collegi episcopali e le comunità cattoliche europee ideologicamente allo stesso livello. Per questo è necessario aumentare l’attrattiva della Chiesa.

Di conseguenza c’è bisogno di una nuova evangelizzazione per potere costruire, ancora una volta, dalla tradizione della fede, una cultura di dimensioni sociali. Per la formazione di uno spirito cattolico uniforme, il Vaticano promuove l’estensione dei rapporti tra i collegi episcopali cattolici, indipendentemente dal tipo di sistema sociale dei Paesi ai quali appartengono. Per questo è necessaria la riscrittura dei vecchi dogmi e la formazione di uno spirito teologico uniforme nei collegi episcopali.

Giovanni Paolo II vuole rendere la Chiesa cattolica la principale forza spirituale dell’Europa.  L’ostacolo più grave consiste nel marxismo come ideologia. Il Vaticano, per rendere più efficace la lotta contro l’ideologia marxista, vuole aumentare gli sforzi fatti in favore della creazione di una massa laica forte che rappresenti più efficacemente l’ideologia cattolica. Il sinodo del 1987, a tale riguardo, è di massima importanza. Per queste ragioni il Papa è interessato soprattutto all’aumento della libertà dei movimenti sociali dei credenti e non all’aumento delle tensioni fra lo Stato e la Chiesa. Così per il Vaticano le questioni cruciali sono la libertà religiosa, l’estensione della presenza ecclesiastica nelle istituzioni sociali e nella sfera culturale e istituzionale.

Giovanni Paolo II ritiene che la chiave della soluzione dei problemi riguardanti i Paesi socialisti più piccoli è a Mosca. Perciò il Vaticano vuole intensificare i rapporti con l’Unione Sovietica e con le chiese slave. Il Papa vorrebbe che questo avvenisse grazie alla mediazione della Chiesa polacca. Conformemente a questo nuovo piano, ultimamente, il Vaticano non attacca direttamente i Paesi socialisti.

Cardinale Achille Silvestrini

La nuova linea del Papa va oltre quella di Casaroli ed è molto vicina alla linea di  Silvestrini e Colasuonno. Da due o tre anni, Silvestrini sottolinea in ogni forum l’importanza della libertà religiosa e la necessità dell’aumento del ruolo sociale della Chiesa. E’ probabile però che nel corso della normalizzazione con i Paesi socialisti, principalmente con l’Unione Sovietica, il  Papa per ora non possa fare a meno di Casaroli.

Nell’andamento dei rapporti tra la Repubblica Popolare d’Ungheria e il Vaticano non abbiamo notato cambiamenti significativi. Secondo i dati e le informazioni  a nostra disposizione, papa Giovanni Paolo II, tenendo conto della realtà politica e degli interessi fondamentali della Chiesa, ha preso atto dello stato attuale delle relazioni tra l’Ungheria e il Vaticano, della linea nella politica ecclesiastica del collegio episcopale cattolico che tende alla cooperazione con lo Stato socialista. La Santa Sede, fino ad ora, non ha messo in dubbio la stabilità dei rapporti ungheresi con il Vaticano.

In seguito alla nostra attività volta a influenzare la situazione in modo positivo, si può considerare un risultato politico importante, che il Vaticano – dopo aver messo in dubbio lo stato attuale –   infine abbia preso nota tacitamente della partecipazione dei preti cattolici alle elezioni politiche e amministrative e alla vita pubblica.

I vertici della Chiesa ecumenica vogliono prendere misure contro la politica ecclesiastica ungherese nell’ambito di un processo strategico di lungo termine. Essi mirano a limitare i campi di cooperazione tra lo Stato ungherese e il collegio episcopale, specialmente quello che riguarda la cooperazione politica e auspicano la diminuzione della militanza del clero e dei fedeli nonchè della loro cooperazione con le organizzazioni e con le istituzioni socialiste.

Rafforzano e sollecitano l’attività devozionale della Chiesa, e incoraggiano i più svariati rapporti con la gioventù, con le famiglie, e con i poveri. In questi campi propongono di elaborare e di mettere in pratica nuove forme e strutture d’intervento.

I fatti confermano l’affermazione secondo la quale il tono della propaganda contro il marxismo e il socialismo del Vaticano si è diffusamente inasprito e gli attacchi si sono intensificati. Allo stesso tempo la tattica propagandistica della Santa Sede, in pratica, è caratterizzata dalla massima “flessibilità”  e differenziazione.

Una delle caratteristiche principali della propaganda vaticana contro l’Ungheria sta nel fatto che vuole sottolinare in modo più intensivo le differenze con gli altri Paesi socialisti nella politica interna e in quella ecclesiastica.

La propaganda ufficiale del Vaticano presenta l’Ungheria agli altri Paesi socialisti – in un modo abbastanza ipocrita –  come esempio di “Paese con  rapporti politici ecclesiastici saldi ”. Allo stesso tempo,  però,  gli organi civili di propaganda cattolica occidentale diretti dal Vaticano attaccano fortemente il collegio episcopale cattolico e i dirigenti della Chiesa ungherese che collaborano con lo Stato.  Nella soluzione delle questioni attuali che riguardano il personale è probabile che prevarrà l’influenza di Casaroli, ma sempre all’ombra della linea del nuovo papa, sostenuta da Silvestrini. Da questo punto di vista, si devono prendere come segnali di avviso la nomina del nuovo arcivescovo di Vienna, il rifiuto netto delle persone proposte dalla delegazione del governo cecoslovacco, gli attacchi sempre più intensi del Vaticano contro Glemp e l’emergere di Macharski.

E’ poco probabile che ora il Vaticano voglia avere un confronto con lo Stato ungherese. Però, si può prendere per certo che al momento delle trattative, farà di tutto per raggiungere più compromessi possibili, nell’ambito dell’istruzione, della cultura e nei rapporti con le masse popolari. Nel futuro il principale obiettivo del Vaticano, anche relativamente all’Ungheria, sarà di influenzare gradualmente e in modo deciso gli strati intermedi della gerarchia ecclesiastica e le masse dei fedeli, per costruire una piattaforma ideologica comune contro il marxismo. Per ottenere questo risultato il Vaticano dimostrerà più pazienza anche nei confronti della “sinistra” della Chiesa.

Budapest, settembre 1987

(doc. O – 20018)


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