l puzzle, mia figlia ed il buddismo.
Da Babbonline
@babbonline
Qualche settimana fa ho preso per mia figlia un piccolo libro che ha un puzzle in ogni pagina, per un totale di sei puzzle di sei pezzi ciascuno. All’inizio ero poco convinto della scelta perché non sapevo se fosse adatto alla sua età e, soprattutto, se le sarebbe piaciuto.Il puzzle si è rivelato, con mia grande sorpresa e altrettanto piacere, un gioco graditissimo. Così tanto gradito che la sera dopo cena ormai è un appuntamento irrinunciabile giocare con i puzzle. Considerando che si tratta di puzzle di sei pezzi, passiamo il tempo a costruirli più o meno velocemente per poi ridividere le tessere e passare ad un nuovo incastro. Lo stesso puzzle viene unito e diviso decine di volte. Se chiudo gli occhi vedo le immagini dei puzzle che mi girano intorno.Per noi adulti, abituati ad un ben maggiore numero di pezzi, il puzzle ha una finalità precisa: finirlo. Sembra che ci sia qualcosa di innaturale nel disfarlo non appena finito per poi ricomporlo di nuovo. Mi sono venuti in mente i mandala orientali ovvero quegli disegni, belli e colorati, costruiti pazientemente con la sabbia dai monaci buddisti. Dopo ore ed ore dedicate alla costruzione del disegno, il mandala viene distrutto con un gesto spazzando via la sabbia. Forse, per una mente razionale occidentale, la cosa più naturale da fare sarebbe quella di appenderlo alla parete non appena finito. Probabilmente mia figlia, come tutti i bambini, ha ancora una mente libera da qualsiasi scopo prestabilito e per lei il divertimento è nel gioco stesso più che nell’obiettivo di costruire il puzzle.