Secondo gli olandesi, nel giro di cinque anni dai giacimenti ucraini potrebbero essere estratti dagli 8 ai 20 miliardi di metri cubi di metano annui: ciò significherebbe che il paese ex sovietico, da anni messo sotto scacco dalla Gazprom, potrebbe non solo divenire completamente indipendente per ciò che riguarda la produzione di gas metano, ma addirittura generare un surplus che consentirebbe a Kiev di trasformarsi da acquirente in venditore. Con tanto di guadagno per l’economia nazionale.
Nel frattempo gli Usa, che da anni stanno scommettendo sulle proprietà energetiche del gas di scisto, si sono detti pronti a cooperare con l’Ucraina nella sua corsa all’oro blu. Washington ha infatti offerto a Kiev la sua tecnologia e il suo know-how per procedere all’estrazione del gas di scisto in maniera ecocompatibile: in Ucraina (come in molte nazioni europee) sono infatti già numerose le proteste da parte degli ambientalisti, che ritengono le attività per l’estrazione del gas di scisto estremamenti inquinanti e che potrebbero potenzialmente apportare rischi per la sismicità dell’area.
Anche l’Italia, dal suo canto, sta giocando la sua partita per il gas di scisto ucraino: lo scorso giugno l’Eni ha infatti acquisito il 50,01% della Westgasinvest, compagnia ucraina che detiene una delle licenze per effettuare perforazioni nel bacino di Lviv, nell’Ovest del Paese.