L’Ufo del Berkshire, nuovi dettagli sulla mancata collisione

Creato il 27 gennaio 2014 da Extremamente @extremamentex

Nella sua carriera si sarà abituato a tutto- allo stress, ai ritardi, ai doppi turni e persino ai passeggeri un po’ molesti. Ma il pilota che si trovava ai comandi di un airbus di linea, carico di turisti, su una rotta trafficatissima in estate tra Gran Bretagna e Spagna, non era preparato a quello che si è trovato di fronte. Anzi, a voler credere alle sue parole, praticamente contro: un oggetto volante non identificato evitato per puro caso.

UN AEREO DELLA COMPAGNIA THOMAS COOK

Poco ci è mancato che quell’incontro a tu per tu con l’UFO- a forma di pallone da rugby- si trasformasse, infatti, in una collisione in quota. Questione di pochi metri. Il fattaccio si sarebbe verificato mentre l’aereo di linea sorvolava Reading, nel Berkshire (nel sud dell’Inghilterra). A renderlo noto, sono state le stesse autorità che vigilano sulla sicurezza dei voli, come riportato dal quotidiano The Telegraph all’inizio di gennaio. Ma ora lo stesso giornale, oltre a confermare la dinamica dello scampato disastro aereo, aggiorna la notizia con nuovi dettagli.

Come appunto, identificare quale sia stato l’anonimo velivolo coinvolto nella vicenda: un Airbus A320, costruito nel 2003, della compagnia  Thomas Cook  (numero di volo: TCX24HX)  in arrivo su Manchester il 19 luglio scorso e proveniente dalle Baleari, per la precisione dallo scalo di Ibiza. Sicuramente, carico di famiglie e di ragazzi che si erano appena goduti una bella vacanza sull’isola spagnola, rinomata per la sua vivace vita notturna.

L’aereo stava viaggiando a 830 chilometri orari, ad un’altezza di 10 mila metri, quando è stato superato da un velivolo sconosciuto che non aveva alcuna autorizzazione a trovarsi in quel corridoio di volo. L’incontro è avvenuto in perfette condizioni di clima e di luce, verso le 18.35 di quel pomeriggio estivo. L’esito delle indagini svolte per accertare di cosa si trattasse non ha portato a nulla: il rapporto ufficiale si conclude con le parole: “Non è stato possibile rintracciare l’oggetto nè determinare la probabile origine dell’avvistamento”. Buio fitto, insomma.

Secondo la versione del capitano, l’oggetto gli sarebbe spuntato all’improvviso sul lato sinistro, dal finestrino della cabina di guida, e sembrava puntare direttamente contro l’Airbus. Non c’era tempo, ha spiegato, per tentare una manovra evasiva, una virata, perchè era assolutamente certo che l’oggetto li avrebbe centrati. Ha così deciso di scendere in picchiata,  evitando di un soffio l’impatto. Ecco perchè l’autorità incaricata di indagare, l’Uk Airprox Board, ha aperto un’inchiesta per  “collisione sfiorata”.

IL VELIVOLO ERA DIRETTO SU MANCHESTER

Si legge infatti sul verbale: “Il capitano temeva che fossero in rotta di collisione. La sua reazione immediata è stata di scendere in picchiata verso destra: non c’era il tempo di parlare con il Primo Ufficiale e di comunicare lo stato di allarme. Era convinto che si sarebbe verificato un impatto con l’altro velivolo”. Agli investigatori ha raccontato che a suo avviso l’oggetto è passato a pochi metri di distanza dal jet. Lo ha descritto dalla forma ovale, tipo un pallone da rugby o forse un sigaro, brillante, argenteo e apparentemente di struttura metallica. Più Ufo di così, non si può…

A pericolo scampato, il capitano ha subito contattato la torre di controllo per segnalare l’accaduto. Eppure, sui radar, non c’era alcuna traccia del misterioso intruso: i controllori di volo non avevano visto assolutamente nulla, accanto all’Airbus. Uno dei primi atti dell’inchiesta è consistito nel raccogliere tutti i dati disponibili per accertare quali altri aerei si trovassero in quella stessa zona in quel preciso momento. Tutti sono stati esclusi, perchè erano a distanza di sicurezza.

Gli investigatori si sono anche informati sulla possibile presenza di palloni meteorologici: hanno appurato che non ce n’era neppure uno nelle vicinanze. E hanno dovuto escludere anche giocattoli teleguidati o i palloncini, perchè non raggiungono quelle quote- ricordiamo,10 mila chilometri. Hanno contattato anche gli addetti ai radar militari, per capire se per caso sui loro strumenti fosse rimasto il tracciato di quel passaggio ravvicinato: altro buco nell’acqua.


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