Una notte inquieta. Il cielo si riempì di nuvole. Niente più stelle in cielo. Niente più stelle visibili, perlomeno. Niente falò con la chitarra. Tutti in casa. La suora-capo suggerì ai ragazzi di inventarsi qualche gioco e passare lì la serata, mentre lei e le altre suore si godevano una puntata in spagnolo del loro programma preferito: Séptimo cielo.“A che giochiamo?” chiese Holly.“Prepariamo uno spettacolo in stile circo…” suggerì Franklin. “Io posso fare la scimmia!”“Non dire stronzate, Frank,” lo interruppe Mitchell, bruscamente. Si accese una paglia e saltò sopra il tavolino posto in mezzo al salone in cui si erano riuniti. “Lo so io, a cosa possiamo giocare,” annunciò solenne dall’alto della sua posizione di supremazia.Tutti lo guardarono stupefatti. Stupefatti e curiosi. L’unica a cui la proposta di Mitch non pareva interessare un granchè era Joan. Se ne stava da sola in un angolo a leggiucchiare uno dei suoi libri da intellettuale. Un minimo incuriosita comunque lo era, al punto da alzare pure lei lo sguardo sul tavolo in mezzo al salone aspettando la patetica proposta di Mitchell.“Allora…” chiesero alcune ragazze. “Vuoi dirci che hai in mente o ci vuoi far star qui ad aspettare tutta la sera?”Mitch finì con calma di fumarsi la paglia. Sapeva che creare suspence era un meccanismo fondamentale se si voleva essere considerati dei grandi leader. Sapeva però anche, come gli aveva insegnato il sindaco della cittadina tedesca in cui i ragazzi vivevano nonché suo padre, che non bisognava esagerare. Altrimenti il pungiglione delle persone andava in giro a cercare sangue più fresco.“Ecco a cosa potremmo giocare,” si decise quindi a parlare, tossicchiando vistosamente. Anche se si atteggiava, non era abituato a fumare paglie. “Cough, cough,” tossì. Ecco. Adesso sì che l’attenzione dei ragazzi se ne stava scemando. “7 minuti in Paradiso!” annunciò infine.“7 minuti in Paradiso?” chiesero in coro Kristin & Holly. “E che razza di gioco sarebbe?”“Non li vedete i film americani?” chiese retoricamente Mitchell, scotendo vistosamente la testa. “Uno di noi gira la bottiglia e si va a chiudere per 7 minuti nello sgabuzzino insieme alla persona che è uscita. Chiunque esca. Non ci si tira indietro.”“Una sorta di gioco della bottiglia…” disse Joan. “Roba per ragazzini.”“No, Joan,” temporeggiò Mitch pensando a cosa ribatterle. Quindi trovò: “È una versione adulta del gioco. Insomma, qui non si tratta di darsi bacetti innocenti. Ci si chiude in uno sgabuzzino per 7 lunghi minuti. E in 7 minuti, come ben sappiamo, si può anche fare un bambino.”“E questa scemenza dove l’hai sentita?” chiese Emily, la compagna di letto a castello rompicazzo di Joan.“Beh, l’ho letta su Playboy,” tagliò corto Mitch. “Quindi è vera.”7 minuti in Paradiso, si chiama il gioco. Ma possono anche diventare 7 minuti all’inferno. Dipende tutto da chi ti viene fuori quando giri la bottiglia.Michael se ne era stato per tutto il tempo in silenzio. Lui che mai aveva fatto neppure il gioco della bottiglia. Si sentiva così bimbo.“Non sei abbastanza grande,” gli echeggiava in testa la voce lagnosa dei genitori. Realizzò una cosa cui mai aveva pensato seriamente: e se avessero ragione loro? E se avessero sempre avuto ragione loro? Forse lui non era ancora abbastanza grande. Forse sarebbe dovuto stare a casa, al sicuro, invece di stare lì a giocare a 7 minuti in Paradiso con tutte quelle ragazze sexy. “E se esco io? Cosa diavolo faccio, se esco io?” si stava chiedendo.“Comincio io!” gridò Mitchell, interrompendo una volta per tutte i paranoici pensieri da lattante di Michael.Tutti i ragazzi e tutte le ragazze si disposero in cerchio, visibilmente eccitati. Anche Joan ripose il suo libro russo nell’angolino buio del salone e si accinse a partecipare al gioco. Chissà chi le sarebbe uscito? “Magari Michael,” rise tra sé e sé.7 minuti in Paradiso ebbe inizio ufficialmente quando Mitch prese la bottiglia di Vodka alla fragola che le ragazze si erano scolate la sera precedente in spiaggia. La Absolut mezza vuota girò vorticosamente. Proprio non voleva saperne di fermarsi. Tutti guardarono in ansia la bottiglia che finalmente rallentava la sua folle corsa e si fermava. Franklin. Si fermava su Franklin. Risate generali. Mitchell spalancò gli occhi stupefatto e disse: “Dobbiamo rifare… De-de-devo rifare…” cominciò a balbettare imbarazzato.“E no,” si impose Joan. “Chiunque esca, non ci si tira indietro. Sono le tue parole.” Lo pietrificò con quei suoi occhi azzurri da cielo in tempesta. “Sono le tue regole.”“Non è giusto,” disse solo Mitch, oramai rassegnato. Era difficile ribattere a una come Joan.Mitchell e Franklin vennero spinti dentro lo sgabuzzino. Joan chiuse a chiave la porta alle loro spalle. Quando uscirono, 7 lunghi minuti in Paradiso dopo, erano stranamente silenziosi e subito si allontanarono l’uno dall’altro. Qualcosa era successo lì dentro. Già.“E va bene,” fece Mitch incazzato. “Questa è fatta. Adesso tocca a te, mia cara Joan.”Joan prese tra le mani la bottiglia di Absolut e disse sicura di sé: “Non vedevo l’ora,” facendo l’occhiolino a Michael. O almeno, a Michael era sembrato che gli avesse fatto l’occhiolino, ma non ne era sicuro. Magari semplicemente le era entrato un moscerino. Quei dannati pungiglioni sempre in cerca di sangue nuovo.
(e domani ultimo episodio)