L’ultima mano

Creato il 22 settembre 2012 da Tnepd

Bastoni, denari, coppe e spade. Terra, fuoco, acqua e aria. Corpo, spirito, mente e anima.

Vi presento l’essere umano, uno e trino, come si conviene a qualsiasi dio che si rispetti.

Uno perché i quattro elementi, insieme e soltanto insieme, compongono un’entità unica davvero funzionante e funzionale, perfetta.

Trino perché il corpo, l’hardware che abbiamo a disposizione per percepire la realtà in cui siamo immersi, contiene (si fà per dire) gli altri tre, il software.

Così come Valentino Rossi non è la moto che pilota, allo stesso modo anima, mente e spirito non sono gli occhi, il cervello ed il cuore. Così come Valentino Rossi non schiatta morto ogni qualvolta scende dalla sua moto, allo stesso modo la sopravvivenza del nostro software non dipende dall’hardware che lo fa ‘girare’. Ma senza la sua moto, chi è Valentino Rossi? Un capellone come tanti. Quindi non fraintendiamoci.

Il corpo è un giocattolo assolutamente indispensabile se ci si vuole godere l’esperienza di questo circuito ehm… mondo. No corpo, no party. Però, per sua disgrazia e nostra fortuna, ha una data di scadenza. Se non l’avesse, al pari dei suoi tre soci, non avrebbe ragione di esistere. Il corpo è utile perché ci permette di interagire con la realtà sugli assi dello spazio, del tempo e dell’energia (è soggetto a tutti e tre gli assi) ma essere utile non è sufficiente ad esistere. Per esistere, a questo mondo, bisogna essere assolutamente necessari, indispensabili. Da questo punto di vista non ci sono mezze misure, è un sistema binario, o zero o uno, o si è o non si è ed il corpo, mi consenta, lo è. On.

Dunque il corpo esiste perché è acceso e se è acceso allora può essere anche spento. Il corpo è indispensabile perché consente a tutta la brigata di fare l’esperienza della morte. Off.

Passiamo a conoscere gli immortali della compagnia.

L’anima non ha tempo o, per evitare fraintendimenti, non è soggetta all’asse del tempo. L’anima quindi è in qualsiasi momento, nel passato, nel presente e nel futuro. A ben vedere questi termini per lei non hanno alcun significato. La dote dell’atemporalità la rende a tal punto affascinante che la si è eletta a madrina del mondo delle fate ed unica vedette nell’avvincente saga della reincarnazione. In effetti l’anima non si reincarna affatto. L’anima partecipa, contemporaneamente diciamo, alla composizione di differenti quaterne (corpo, anima, mente e spirito) in tutti i momenti dell’asse del tempo in cui esse si manifestano. Ora, quindi, la tua anima sta leggendo le parole di un blogger disadattato del 21° secolo, ma al contempo sta leggendo un libricino anarchico nel 18° secolo, un manoscritto proibito in tardo medioevo, un papiro segreto qualche secolo prima e via dicendo. Pare – ma prendiamolo con beneficio d’inventario – che l’anima ‘conviva’ contemporaneamente in sette quaterne sparse qua e là nella storia. Che siano sette o molte di più, il baco logico nella relaese della reincarnazione for dummies di stampo new age non è questo, bensì la presunzione che l’anima s’infili nel corpo quando nasci e schizzi fuori quando muori per poi rientrare – con comodo, dopo una siesta e un cappuccino al bar – in un nuovo contenitore. Magari una vacca.

L’anima è parte di differenti quaterne in differenti momenti del tempo. Lo è, punto. Dal momento in cui la ‘raggiungi’ in poi, ella è in tutti i momenti della tua vita ed in tutti i momenti di quella degli altri sei, sempre che siano soltanto sei. Ella soggiace però agli assi dello spazio e dell’energia, ossia non può essere contemporaneamente in spazi differenti e dimensioni energetiche differenti. Per questa ragione è, dei tre, quella che “soffre” di più la costrizione corporea, quella che si sente più imprigionata, se vogliamo.

Come mai taluni si recano in ‘pellegrinaggio’ in certi luoghi del pianeta ritenuti ‘energetici’? Nella speranza di trovarne una libera, se ancora non ce l’hanno, o per accompagnare la propria in luoghi interessanti, se ne sono già provvisti. Come mai taluni, di punto in bianco, pigliano e vanno a vivere dall’altra parte del globo? Perché lei è lì ed è Maometto che deve andare alla montagna, non viceversa. Io, ad esempio, ho trovato l’anima dopo essere partito e ad una certa età. Non è quindi stato un caso se mi sono trasferito in Bassa Africa. Una volta avvenuto l’aggancio, con il tempo mi sono accorto che è meglio assecondarla perché altrimenti quella è capace di far fagotto ed il gioco, in un modo o nell’altro, s’interrompe o diventa tremendamente noioso.

Per scendere ancor più nel personale, divaghiamo, è curioso immaginare altri sei temerari, nel passato e nel futuro, ciascuno coi mezzi che riesce a trovare, che passano tutti 80 miglia a sud del Capo di Buona Speranza (a due passi dall’Antartide), in pieno oceano, col freddo che fa. Colgo l’occasione per salutare Andreas (XVI° secolo), Emile (XX° secolo) e gli altri che ancora non ho inquadrato ma che, come me, si sono sparati un viaggio tanto periglioso. Spero se lo siano goduto quanto e più del sottoscritto.

Lo spirito non è soggetto all’asse dello spazio, quindi è ovunque vi sia tridimensionalità ed è uno. Lo spirito ci permea, tutti insieme, uomini, animali, vegetali e minerali. Uno per tutti e tutti per uno. E’ il collante delle singolarità. Il suo colore è il colore della Terra e, tutto sommato, dell’universo che ci interessa. Fin troppi osservatori, in buona e cattiva fede, ci fanno notare che nel nostro quadrante, in questa fase, le tinte si stanno facendo cupe. Concordo, non potrebbe essere altrimenti, non facciamone una colpa a nessuno e adoperiamoci per invertire la tendenza grazie.

Lo spirito soggiace agli assi del tempo e dell’energia. Ciò significa che è dappertutto, sì, ma esiste soltanto nel presente e in una sola dimensione energetica. Lo spirito ti può portare ovunque nell’universo ma non può portarti a cinque minuti fa. Quella è l’anima.

Visto che lo spirito è il trait d’union tra l’individuale ed il collettivo, noialtri comuni mortali ci accorgiamo di lui principalmente in ambito relazionale. E’ così perché, in ultima analisi, ci relazioniamo sempre un pò anche con noi stessi, anche quando discutiamo con quello del terzo piano che ha i vasi che sgocciolano o prendiamo a calci un cane. L’interazione con gli altri riflessi dello spirito avviene su sette possibili frequenze che taluni hanno catalogato come vizi ed altri come virtù. Tale interazione, sintonica o distonica che sia, è l’occasione che lo spirito ha per apprendere, ossia per osservarsi mentre collabora con corpi, anime e menti differenti. Lui ci vuole attivi perché è curioso, gli piace guardarsi e vuole evolvere. Senza noialtri bestie senzienti, però, non avrebbe alcun punto di vista accessibile da cui osservarsi e niente da osservare.

Possiamo quindi dire che, in questa dimensione energetica ed in questo momento, lo spirito è uno e infinite parti, di cui molte senzienti e quindi attive. Ovvio che più senzienti siamo, più litighiamo – poiché i punti di vista e le interazioni si moltiplicano – ma ciò consente allo spirito di imparare più in fretta. Speriamo che si sbrighi.

La mente non è soggetta all’asse dell’energia. Mi rendo conto che l’idea di dimensione energetica è davvero ostica perché non ci si ha proprio l’abitudine. Tutto sommato, immaginare l’assenza di collocazione temporale o l’assenza di collocazione spaziale è alla portata di tutti coloro che ci provano. Immaginare l’assenza di collocazione energetica è terribilmente difficile perché  nessuno ha la più pallida idea di cosa sia una dimensione energetica. (Sorry, siamo nel campo della mente e qui mi lascio andare). Giriamoci intorno.

La mente è indifferente all’energia ma è soggetta allo spazio ed al tempo e soggiace ai loro assi. Ciò vuol dire che la mente sta su differenti piani energetici – si dice sette – ma si manifesta soltanto nel qui – come l’anima – e nell’adesso – come lo spirito. Hic et nunc, insomma la mente sono io, ora. Penso dunque sono? Non proprio, penso dunque sono io. Tu sei la tua mente, io sono la mia. Appare evidente che se lo spirito è ciò che ci accomuna, la mente è ciò che ci contraddistingue.

Vien da chiedersi: “Ma come? Ma anima, mente e spirito non erano eterni, immortali, universali e via dicendo? Come è possibile che qualcosa che è ‘qui ed ora’ sia eterno? Non è possibile. Eh! E’ qui adesso, non può essere altrove in un altro momento!”

Ciò accade perché si fa confusione di termini. Anima, mente e spirito sono immortali, esistono a prescindere dal fatto che tu esista. Anima è eterna, spirito è onnipresente, mente è onnipotente. Ma lo sono soltanto potenzialmente. Lo diventano effettivamente qualora ciascuno dei tre sia soggetto alle altre due dimensioni del reale. Anima è eterna se ha un luogo in cui essere e manifestarsi. Potenzialmente c’è sempre, ma se le manca un luogo in cui manifestarsi, in cui apprendere, con la sua eternità ci fa ben poco. Chi viaggia molto fa contenta la sua anima. Spirito è onnipresente, è dappertutto, quindi per osservarsi ed apprendere non può che confrontarsi in momenti differenti. Spirito ha voglia di cambiamenti, di interazioni da osservare per imparare. Mente è onnipotente se è accesa in un dato luogo ed in un determinato momento. Mente è Iron Man, ma solo se è accesa. Per questo ha una paura barbina della morte! Perché se scatta l’interruttore, l’armatura va in stand-by e in stand-by non succede niente. Quando il computer si spegne, il gioco s’interrompe. Stacchi la spina? Finisce il divertimento. No energia? No party. Niente ‘qui e ora’. Ecco, nella nostra dimensione energetica la spina è attaccata e lo è qui e non altrove per una ragione fondamentale: perché soltanto qui può essere staccata. Solo in un ambiente duale esiste il qui e ora. Solo con la mortalità esiste la vera vita.

A questo punto ci è chiaro che se vogliamo ricostruire le vicende che ci riguardano, ossia comprendere il gioco che stiamo giocando qui ed ora, anzitutto dobbiamo imparare a farlo dal nostro punto di vista. Chi siamo noi? Chi sono io? Quello che ci pare – dico io! – in questo universo duale.

Ad esempio, io mi immagino come il giocatore di punta di una squadra composta da sette giocatori che parecchio tempo addietro hanno avuto la brillante idea di iscriversi ad un reality show multiplayer. La squadra portava allora e porta ancora il mio nome, mi si conceda almeno questo, ma qui la chiameremo Mente così che ciascun lettore possa darle il suo. Il titolo del reality è: “Vita!” ed il sottotitolo è: “Chi sopravviverà?”

Il gioco dunque consente di fare l’esperienza della vita che è strepitosa ma presenta un alto rischio di decesso dei partecipanti. Per ora, a quanto pare, non ne è uscito uno vivo.

Il set dello show è un universo in cui esiste una dimensione energetica accesa, un posto in cui si rischia la pelle, in cui si può morire, insomma. Ce l’abbiamo, si chiama Pianeta Terra. La squadra si iscrive al gioco e può partecipare, ma soltanto uno dei giocatori può scendere in campo davvero perché non si può essere qui ed ora in due, figuriamoci in sette. All’interno della squadra avviene in qualche modo una selezione, viene stilata una graduatoria e, dei sette, il più fortunato viene sparato in questo universo. Quell’unto dal signore sono io, e pure tu che leggi per la tua squadra, almeno così la vedo io. Si è scelto un corpo che si confaceva alla missione ed io, scheggia di Mente, mi ci sono infilato al momento del concepimento, dell’atto fecondativo (oddio, non fatemici pensare). Alla nascita poi, corpo e mente si sono agganciate allo spirito del Mondo, che è dappertutto, che è il grande architetto, l’impresario dello show.

In seguito – può succedere a qualsiasi età, a me più o meno a trent’anni – mente e corpo raggiungono anima in un luogo del set in cui c’è. Non importa quando ci passano, l’anima lì c’è sempre, basta passarci. A quel punto l’equipaggiamento è completo e i quattro dell’avemaria – mi si conceda la blasfemia – sono pronti a giocare la loro partita che, appassionante o meno, chiameranno vita e che, nel bene e nel male, vivranno finché – e ci risiamo – non arriva l’ora di tirare le gambe.

Tirando le somme prima delle gambe, il mio – e tuo – calvario su questa Terra consente ad un sacco di gente di non annoiarsi. Non solo a noi due fortunelli, ma anche alle anime belle, al grande spirito e a tutta la squadra di ‘me’ e di ‘te’ e di ‘tutti gli altri’ delle altre sei dimensioni energetiche di mente ‘in stand-by’. In altre parole, la squadra ci ha mandati nell’arena a morire ma poi, immancabilmente, visto che si diverte un botto a guardarci dagli spalti mentre cerchiamo di salvarci le chiappe, non vorrebbe che lo spettacolo finisse. E’ l’istinto di sopravvivenza.

A questo punto ci accorgiamo che l’anima, volitiva e poco interessata all’esito individuale del gioco, talvolta non disdegna l’idea della morte. Lo spirito, sornione, se ne fotte. Via uno, sotto un altro. Lui è il padrone del baraccone. Venghino siori venghino che c’è da divertirsi. Resta la mente e quella, per fortuna, ci vuole vivi. Sulla carbonella, ma almeno vivi. Nonostante ciò, a me questa faccenda che il lavoro sporco me lo devo fare io per tutti e sette fa girare un poco i coglioni anche se, va ammesso, il bello sta per arrivare ‘qui ed ora’ e non ‘lassù chissà quando’. Da qui sarà molto più realistico.

“Perché non venite quaggiù pure voi, fratellini? Paura di prendere la scossa?”

Si sarà notato che la sfera della mente è propriamente ego-ista. E’ la sua ragion d’essere che si sublima nel saper essere egoisti – o, per meglio dire, individualisti ed irriverenti – persino nei confronti degli altri sé. Il lettore mi perdoni quindi se, in conclusione, mi abbandono ad uno sfogo veniale rivolgendomi agli altri me spaparanzati sul sofà a guardarmi zampettare sulla graticola.

“Massa di guardoni smidollati che non siete altro. Se ne esco vivo, vi faccio un culo così!”

E che non ci provino nemmeno a raccontar frottole, i ruffiani.

Lo so che non abbiamo tirato a sorte.

Corpo, spirito, mente e anima. Terra, fuoco, acqua e aria. Bastoni, denari, coppe e spade.

Ci dicono che la nostra Era è dominio dell’acqua e che sta per finire.

E’ adesso che il gioco si fa duro, è l’ultima mano e briscola è coppe.

Ed io, senza denari, che fino a ieri mi credevo spacciato, oggi so di essere carico fino ai denti.


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