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L’ultima trovata dei Sindacati in tempo di crisi. Domenica tutti i negozi chiusi!

Creato il 09 luglio 2012 da Iljester

L’ultima trovata dei Sindacati in tempo di crisi. Domenica tutti i negozi chiusi!È stata aperta su Facebook da circa 4 mesi una pagina dai toni lugubri, drammatici e nel contempo minacciosi che – inutile dirlo – porta la benedizione delle organizzazioni sindacali cioè le solite CGIL, CISL e UIL note per “sparate” del genere al limite del ridicolo. Queste sigle che – ricordo – non vanno mai d’accordo tra loro, prima si lamentano degli stipendi bassi e della scarsità di lavoro,  poi quando si cerca di estendere ed incentivare il lavoro, dichiarano che i lavoratori, che fino al giorno prima erano sotto pagati e sotto impiegati, di colpo passano al ruolo di “sfruttati”.

I contenuti della trovata – ovviamente tutti molto pretestuosi, tanto da rilevare solo per faziosità, demagogia e, quel che è peggio, per disinformazione allo stato puro - sono riassunti nel volantino demenziale allegato all’articolo (v. foto, clicca per ingrandire), che ora andremo ad analizzare attentamente, anche perché – C.C.N.L. alla mano – è davvero facile smontare una tesi costruita sulle menzogna.

L’ultima trovata dei Sindacati in tempo di crisi. Domenica tutti i negozi chiusi!

  1. Domeniche sempre aperte = più costi. Più costi = spesa più cara.

Chi l’ha detto questo? Dove sta scritto? Che la spesa ultimamente sia più cara è un dato incontestabile fosse solo anche per l’ aumento dell’ IVA al 23%. Ma sarebbe bello sapere da dove nasce questa teoria bislacca per la quale, le aperture domenicali, farebbero lievitare i costi della spesa. Anche perché, guarda caso, la gente va a fare la spesa la domenica (che strano!) e a nessuno di questi signori è venuto in mente che il costo dell’apertura domenicale diventa anche un maggior guadagno e profitto per l’esercente. Dove si trovi quindi l’aumento dei costi rimane un mistero.

  1. Più giorni di aperture ma nessuna nuova assunzione. Stesso personale = meno servizi per il cliente

Il punto 2 è decisamente il più bislacco di tutti e dimostra che chi l’ha scritto non ha la benché minima conoscenza di come sia articolato il CCNL per il settore commercio e nemmeno le nuove forme di lavoro ed assunzione.

Tanto per cominciare, il sopra menzionato CCNL prevede una maggiorazione della paga base giornaliera per il lavoro festivo del 20%. Denaro contante in più nella busta paga insomma che, in questo periodo, credo non sia poi così dannoso per le tasche dei lavoratori, anzi…

Ad ogni modo, prendiamo pure per vero quanto asserito, cioè “nessuna nuova assunzione”. Come facciano i Sindacati a saperlo ci è ignoto, dal momento che la decisione è una libera scelta del gestore del supermercato, iper, centro commerciale et similia, e quindi estremamente variabile. Ma supponiamo sia così, la domanda sorge spontanea: mai sentito parlare di lavoro a turni? Ovvero se io lavoro una domenica, questo giorno di riposo “mancato” viene spostato in un altro giorno della settimana. Sì o no? Possibile che nessuno capisca che la parola “turno” significa per l’appunto TURNO? Cioè che questa domenica lavora Tizio, la prossima Caio e la prossima ancora Sempronio? Mai sentito parlare di giornate di riposo (che non per forza devono coincidere con la domenica)? Pare di no. Forse dovremmo fornire ai Sindacati, oltre ad una copia aggiornata dei CCNL, anche un piccolo “bigino” redatto dall’Accademia della Crusca per una migliore comprensione della lingua italiana. Forse che gli autisti degli autobus, treni, tram, metropolitane, non lavorano a turni, quindi anche la domenica? E che dire dei bar e dei ristoranti che allietano i nostri ozi domenicali? Che i camerieri e i baristi sono meno importanti di un commesso o una cassiera?

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Un altro punto che pare essere “distrattamente” sfuggito alla morale sindacale riguarda le nuove forme di lavoro, cioè quei contratti di lavoro “atipico” che sicuramente non danno la certezza del posto fisso tanto caro all’italico popolo, ma che senz’altro danno un reddito. Da qualche anno è stato introdotto sul modello anglosassone il Job On Call (lavoro a chiamata). Trattasi, come dice la parola stessa, di una serie di lavoratori disponibili a lavorare previa chiamata – per l’appunto – del datore di lavoro; sistema che molti centri commerciali e supermercati stanno adottando con successo.

Il punto finale “stesso personale = meno servizi per il cliente” oltre a non avere senso, si commenta da solo. Negli orari di apertura domenicale sicuramente i servizi resi dal personale sono direttamente proporzionali all’afflusso della clientela e garantito non vi è alcun servizio reso in maniera diversa e/o minore, rispetto ai giorni feriali. Anzi, caso mai è vero l’esatto contrario.

Ma la protesta sindacale non si è fermata qui ovviamente, cioè non si è limitata al solo volantino. I signori Sindacati dicono pure che gli esercizi minori rimarranno danneggiati dalle aperture domenicali dei grandi centri.

Ora, a parte la palese contraddizione (che novità!) della rivelazione, in quanto prima viene asserito che i grandi centri commerciali non trarranno alcun beneficio dalle domeniche, salvo poi parlare del danno ai piccoli negozi (a proposito: da quando in qua i sindacati hanno così a cuore anche i negozietti artigianali?), se i grandi non avranno vantaggi, come è possibile allora che i piccoli avranno degli svantaggi? E anche supponendo che questa sia una verità concreta, se il piccolo negozio di quartiere è stato soppiantato dall’iper per maggior scelta, prezzi concorrenziali, reperibilità dei prodotti, ecc., non è pensabile che siano le aperture domenicale a decretarne il fallimento: i limiti del negozio di quartiere rimarranno tali anche il lunedì, il martedì, il mercoledì, il giovedì ed il sabato. E anche la domenica, se questo volesse stare comunque aperto.

  1. Centri commerciali e negozi aperti la domenica rovinano le famiglie di chi lavora nel commercio

A parte quanto già specificato al punto 2, gli occupati nel settore commercio rappresentano il 16,3 % della forza lavoro in Italia. Prendiamo quindi il restante 83,7 % degli altri settori (industria, artigianato, sanità, turismo, trasporti, libera professione, ecc.) dove nella maggioranza dei casi troviamo dei singles e/o madri di famiglia che lavorano, oltre ai mariti, dal lunedì al venerdì. Queste persone, il più delle volte, strette nella morsa di mille altri impegni extra lavorativi, oltre ad essere costrette ad orari che lasciano spesso pochissimi margini al tempo libero, non avrebbero forse anche loro il diritto al riposo? Non possono avere anche loro l’opzione di gestirsi il sabato come meglio credono, magari facendo la spesa con tranquillità la domenica mattina? Oppure questo è solo il diritto dei lavoratori del commercio?

Infine va chiarito a lettere cubitali che le aperture domenicali NON SONO UN OBBLIGO MA UNA LIBERA SCELTA. Ergo, se molti esercizi commerciali applicano questa opzione ormai da mesi, un motivo ci sarà.

Concludono le proteste con una nota sindacale da brivido letta sul Corriere della Sera: «Per far spesa c’è il sabato, 12 ore (dalle 8 alle 20) bastano e avanzano…». Indubbiamente. Se lo ha deciso il sindacato, sarà sicuramente vero: vedremo di farci bastare il sabato, prendendo pure atto che esso, oltre a tutelarci il posto di lavoro, da oggi serve anche ad organizzarci la vita familiare, i weekend e gli orari per andare a fare la spesa. Un servizio, quello sindacale, “prêt-à-porter”…


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