L'ultimo atto di Magico Vento

Creato il 26 settembre 2010 da Chemako @chemako71
Magico Vento ha raggiunto la fine della pista. E' uscito in edicola da pochi giorni il numero 130, ultimo della serie regolare, in cui si concludono le avventure del nostro. In realtà ci sarà spazio ancora per uno speciale: il sempre promesso da Gianfranco Manfredi vedrà finalmente la luce nel mese di novembre. L'albo, come racconta lo stesso autore in questa intervista, sarà strutturato in tre episodi, l'ultimo dei quali proporrà "un extra-finale, cioè un secondo finale... dopo il finale". Staremo a vedere....
Per il momento devo dire che ho letto con molto dispiacere l'ultima avventura di Magico Vento. Mano a mano che sfogliavo le pagine avvicinandomi alla numero 128, sentivo che si sarebbe conclusa una lettura spesso molto appassionante che mi ha accompagnato per diversi anni della ma vita. Dei motivi per cui Magico Vento ha riscosso il mio plauso ne ho già parlato qui, e li esprime molto bene Sergio Bonelli nel saluto che porge a noi lettori in seconda di copertina: "Una serie, questa, che, nel corso dei suoi tredici anni di presenza in edicola, è riuscita a fondere percorsi letterari e immaginifici apparentemente tra loro inconciliabili come il western - talvolta fantasioso, talaltra puntualmente storico - il mondo arcano e poetico delle leggende indiane e una sapiente alchimia tra l'horror ottocentesco e quello contemporaneo".
Dei tre elementi che, secondo Bonelli, si son fusi in un'amalgama di alto valore narrativo, i primi due, ovvero il western, soprattutto quello storico, e le leggende indiane costituiscono, secondo me, il cuore per cui questa serie si distnguerà da tutte le altre serie western.
E qui spunta il secondo motivo di tristezza personale, condivisa da Sergio Bonelli nel suo saluto: la scomparsa inarrestabile dei fumetti, oltre che die film e libri, western. Nel mondo delle nuvole parlanti, con l'eccezione di Blueberry, Comanche e Jonah Hex, restano i bonelliani Tex e Zagor a difendere la bandiera di questo genere che sembra non interessare più a nessuno. La considero una grave perdita, perchè penso che la Frontiera americana sia uno scenario in cui ambientare storie di ogni tipo e con qualsiasi stile. Nei comics Ken Parker ha dimostrato come sia possibile parlare di tutto, anche di temi che di primo acchito uno associerebbe a sfondi diversi (come il femminismo, l'omosessualità, i diritti dei lavoratori), e di farlo con grande efficacia, o per meglio dire, con arte. Mi auguro che questa tendenza inverta la sua rotta.
C'è infine un terzo motivo di lamento, e lo esprime Manfredi, nella lunga rubrica della posta dedicata ai saluti dei lettori. Questi manifestano quanto scrtto da me qualche riga più in su, ovvero sottolineano cone Magico Vento sia diventato un compagno di vita, li abbia accompagnati nella loro crescita, sia stato quasi la colonna sonora degli avvenimenti della loro vita. E' lo stesso vale anche per me: negli ultimi tredici anni mi sono laureato, ho fatto l'obiettore di coscienza, ho iniziato a lavorare, mi sono sposato. Posso ricondurre ciascuno di questi periodi a qualche numero di Magico Vento (ma anche di Julia, Tex e via dicendo).
Manfredi scrive: "Queste lettere mi hanno fatto capire, al di là della conclusione di questo specifico percorso, che una serie lunga intrattiene un raporto così intimo coi lettori e così intrecciato alla loro vita, da essere insostituibile. Oggi è difficile produrne e le mini-serie corrispondono di più alle esigenze attuali, però con esse e con le graphic novel da libreria, questo rapporto pluriennale di complicità affettiva non potrà più esistere, il che sarà una perdita per il fumetto in generale".
Sottoscrivo ogni parola. Mi rammarico del fatto che il mercato oggi chieda mini-serie. Non è che non mi piacciano, anzi! Bonelli ne ha sfornate di notevoli, come Caravan, Greystorm, Cassidy e Volto Nascosto (per citare un'altra opera di Manfredi) e ne pubblicherà altre in futuro: lo stesso Manfredi annuncia la sua prossima Shanghai Devil. Il punto è che mi dispiace che i nuovi lettori siano spaventati dalle opere lunghe: sarà forse perché viviamo in un mondo in cui tutto è veloce, l'informazione, l'intrattenimento, l'approfondimento, il divertimento. Si passa di fiore in fiore senza gustare a fondo il nettare.
Non ho neanche 40 anni ma appartengo a quella generazione che leggeva una storia di Tex o Mister No senza paura di attenderne la fine nel prossimo albo dopo un mese di attesa: anzi, la pausa di 30 giorni rendeva più bello il momento dell'acquisto del numero successivo. Gli albi autoconclusivi e le mini-serie sono il segno di come i lettori siano cambiati. Bonelli fa bene ad adeguarsi, pena l'estinzione, o per lo meno, la drastica riduzione delle sue testate. Ma quanto mi piacerebbe che Bonelli iniziasse una nuova serie western.... Chiedo troppo?

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :