L’ultimo giorno

Creato il 13 luglio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

di Iannozzi Giuseppe

Con l’autostop aveva girato mezzo mondo… ormai era vecchio e non se lo caricava più nessuno, solo qualche camionista. Era stanco di camminare lungo il ciglio della strada: il volto gli rimaneva in ombra, forse a causa del cappellaccio nero che ormai da una vita non smetteva di tenere calcato sulla testa. Le falde s’erano consumate, il tessuto però resisteva come la pellaccia del suo padrone. Poteva ricordare, con non troppa difficoltà, un tempo che l’aveva visto giovane: il suo volto lo conosceva, era smunto e rasato, quasi glabro, gli occhi azzurri troppo azzurri, il naso affilato come quello d’un ebreo, solo la bocca era un po’ una stonatura perché larga, ma in compenso la mascella era volitiva e ben disegnata. Gli anni non gli avevano cancellato il volto che amava ricordare, in compenso l’avevano reso ombroso. E forse era peggio d’una vecchiaia fatta di rughe e pelle incartapecorita. Un refolo freddo sfiorò le falde del cappello nero facendole tremare come ali di farfalle, ma non riuscì a strapparlo via. L’uomo sorrise: peccato che nessuno potesse vederlo. Le macchine continuavano a sfrecciargli accanto, ma lui aveva deciso che era meglio lasciar perdere: tanto nessuno se lo sarebbe caricato. Adesso camminava rasentando il ciglio della strada con passo calmo. Vestito completamente in nero, reggeva quella che poteva essere una ventiquattrore, nera. Erano almeno quaranta anni che non l’apriva. L’ultima volta che aveva allentato solo le sue cerniere, era venuto sù un pandemonio: milioni di corpi caddero come fuscelli a terra e in essa trovarono la tomba, ma non la pace. E questa volta sarebbe stato costretto ad aprirla completamente.
Finalmente un camionista si fermò: gli fece solo segno di salire a bordo. Era un tipo sulla cinquantina, rubizzo, di poche parole. “Meglio!”, pensò e subito s’accomodò rimanendo in silenzio. Sembrava che per entrambi non fosse importante la meta: contava solo continuare a spingere sull’acceleratore. Il vecchio uomo sorrise, ma il camionista non vide o non se ne accorse. Trascorsero un’ora così, condividendo la stessa aria e un uguale mutismo. Ad un certo punto il camionista si fermò, e l’autostoppista scese. Fece solo un cenno vago di commiato, e si allontanò sepolto dai gas di scarico del camion. L’aveva lasciato vicino a delle pompe di benzina abbandonate: tutto intorno era il deserto e qualche raro arbusto secco. Non c’era posto migliore per aprire la valigetta. Era stata una vita affascinante, nonostante tutto. Ma non c’era tempo per pensare: non desiderava ricordare il tempo passato. Era passato, quindi quale la sua importanza? Si levò il cappello e lo lasciò finalmente libero, libero d’esser raccolto dal vento. Anche l’ombra che gli mascherava il volto scomparve. Si passò una mano sul volto: era invecchiato, come tutti. Sorrise. Né amore né odio. Niente provava. Ed aprì la valigetta, perché così doveva essere. La notte calò sulla terra e l’avvolse nel suo sudario.


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