L’Ultimo Harem: la Seduzione del Raccontare

Creato il 21 marzo 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Federica Zingarino 

«Ciò che è destino che avvenga, avviene; e ciò che non deve avvenire, non avverrà».

Dieci anni e non sentirli. Quello de L’ultimo harem, pièce che potrete ammirare ancora fino al prossimo 30 marzo al Teatro di Rifredi di Firenze, è difatti un successo che non conosce pause (non per niente al botteghino del teatro scopriamo che molte repliche dello spettacolo sono sold out). Un successo dettato anche dalla particolarità della rappresentazione. L’entrata in sala non avviene in modo tradizionale, ma attraverso delle scale che ci conducono nel cuore della struttura. Passiamo dai camerini, già vuoti, dei tre protagonisti dello spettacolo: Serra Yilmaz, Valentina Chico e Riccardo Naldini. Poi, saliamo altre scale ed eccoci al cospetto del regista Angelo Savelli pronto ad accoglierci e a darci la buona serata. La parte posteriore del palco è stata trasformata in un hammām, impossibile non respirarne l’atmosfera: è come se non ci trovassimo più in teatro ma in un luogo magico sospeso nello spazio e nel tempo. Tra odori e sensazioni intravediamo Serra Yilmaz che, seduta già in scena, legge un libro in turco alla bella Valentina Chico che interpreta i panni di una fanciulla dell’harem. Noi veniamo fatti accomodare su scalinate sfarzosamente rivestite con drappi e cuscini. Siamo sul palco, siamo parte della rappresentazione. Si inizia. L’orologio corre all’indietro. Siamo a Istanbul, nel 1909, alla vigilia della chiusura degli harem.

L’ultimo harem è uno spettacolo seducente che porta i suoi spettatori in una realtà che trae linfa dai racconti de Le mille e una notte. Assistiamo ad una rappresentazione che vuole sfatare le origini del fascino dell’harem. Sicuramente un luogo che a noi occidentali pare assurdo, ma che veniva percepito da chi allora ci viveva come un privilegio. La bravissima Serra Yilmaz cerca di spiegare proprio il perché: «Gli uomini si innamorano profondamente delle donne libere, ma la loro paura è di essere lasciati. Per questo motivo creano gli harem, un carcere mascherato da palazzo, dove racchiudere le proprie donne, ma anche le proprie paure». Ma per quanto sia questa la motivazione degli uomini, le donne, al contrario di quanto si possa pensare, hanno un grosso potere in questo luogo, il potere di sedurre grazie alla loro vera arma nella lotta dei sessi: il racconto. Niente c’è di più erotico di due amanti che parlano e si raccontano storie nelle notti di luna. E così prende vita sul palco la bellissima avventura dell’orafo Hasan e della donna con le ali, narrata dalla guardiana, Serra Yilmaz, alla giovane Humeyra. È la storia di un uomo che si innamora follemente di una donna uccello e, per farla sua, la priva delle ali. La donna sembra sottomettersi ma, alla prima occasione, riavute le ali, fugge via per non tornare mai più.

Termina il racconto, l’harem viene chiuso, tutti sono liberi. Niente più schiavitù né sottomissione. Sullo schermo passano immagini di una Turchia che dal 1909 arriva ad oggi. E così ci troviamo nell’odierna Istanbul, ma potrebbe essere un qualsiasi altro posto del mondo. Serra Yilmaz, in questa seconda parte dello spettacolo, veste i panni di Nebilè. Ci parla della donna moderna e della sua ricerca di evasione. Il pianeta è pieno di donne deluse, di casalinghe prigioniere nella propria abitazione tra grandi silenzi ed insalate di cavolo. Poi arriva la sua amica a farle compagnia ed insieme iniziano a leggere i fondi del caffè e, sulla “via dei sogni”, immaginano di farsi piccole. E così che Mina canta in turco Parole parole, ma poi nella realtà a dominare è la mancanza di comunicazione. Nebilè scava con una forchetta un tunnel nello stanzino per scappare dalla sua monotonia e si ritrova nell’appartamento dei vicini, anche questa una coppia che non comunica più. La trova il marito, che usa la stanza come camera oscura. La tiene al sicuro, la coccola, le regala abiti e oggetti preziosi, le porta da mangiare e passa lunghe serate in sua compagnia. Nebilè ogni sera si prepara per lui, indossa la sua vestaglia più bella, si stende sulla trapunta, tra i cuscini, e aspetta il suo arrivo. Nebilè racconta all’uomo episodi della sua vita: la camera oscura come il gran palazzo del sultano, la donna di oggi come quella dell’harem, i racconti di oggi come quelli de Le mille e una notte.

Per ricordare questi dieci anni di successi, L’ultimo harem è infine diventato anche un libro – edito da Titivillus – che, oltre al testo di Angelo Savelli illustrato da una selezione delle più belle fotografie dello spettacolo, comprende in contrappunto i ricordi e le testimonianze dei protagonisti di questa singolare avventura, produttori, attori e tecnici, oltre a un mosaico di impressioni dei tanti critici che hanno avuto la fortuna di assistervi.

Fotografie di Paolo Lamuraglia


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