L'ultimo incontro

Da Silvia


Lei non era stata affatto originale.
Come tanti prima e dopo di lei, gli aveva chiesto un altro incontro.
Un ultimo incontro.
Voglio rivederti.Gli aveva detto.
Voglio piantarti gli occhi addosso.
Voglio guardare la vena battere sul tuo collo.
Voglio sentire ancora il tuo profumo.
Così gli aveva detto.
Voglio vederti accanto a me, allungare la mano e trovarti.
Voglio agganciarti con la mia coscia e tenerti fermo un'ultima volta.
Voglio riconoscere i tuoi gesti, i movimenti che iniziavo a conoscere bene, a volte addirittura a prevedere.
Lei era stata capace di chiederglielo persino stando zitta per mesi.
Voglio guardare dentro ai tuoi occhi, fissare il bordo della tua camicia mentre ordini il caffè.
Voglio vedere se è vero che sei bravo a stare senza di me, oppure hai finto finora.
Voglio sedermi vicino alle tue mani, stringerle un attimo, poi più a lungo.
Poi voglio starti davanti alla faccia ad annusare il tuo respiro,chissà se è cambiato.
Voglio un tuo ultimo abbraccio, sapere che sarà l'ultimo e da lì potrò capire se sarò in grado di ripartire, senza.
Lei gli aveva chiesto un'ultima volta insieme, con lo sguardo, con una lettera, con un messaggio più divertente o brillante del solito.
Voglio sentire se bruci ancora per me da qualche parte, se è sparito tutto o lo hai solo soffocato.
Voglio che sbirci ancora una volta se deglutisco davanti a qualcosa di buono.
Voglio vedere se stando vicini ci viene di nuovo voglia di fare l'amore e se ne siamo ancora capaci.
Ti chiedo un ultimo incontro perchè spero potremmo accorgerci che non è possibile sia l'ultimo.
Lei aveva fatto tanta fatica, una fatica bestia per farsi dire di sì da lui che aveva continuato a stare zitto e distante per un tempo lunghissimo.
Lei lo aveva osservato, provato a risolvere, a lasciarlo andare, a riprenderselo, a sedurlo, a farlo ridere.
Ad un certo punto lui le aveva detto di si, si sarebbero rivisti.
Lui le aveva concesso un altro incontro.
A lei era sembrato di scoppiare di gioia, le tremavano le ginocchia, pensava a cosa avrebbe indossato, a quali passi la avrebbero condotta da lui, a come lo avrebbe potuto guardare fino a dentro.
Poi di colpo si era sentita stanchissima e sgonfia, quasi nauseata dalla stanchezza.
Aveva finalmente trascinato il cadavere di un uomo, fin sull'uscio della sua casa, poi lo aveva guardato bene, morto ed arido, zitto ed inerme, incapace di un qualsiasi slancio verso di lei, ed allora si era domandata sfinita:" ed ora che ci faccio?"